Capitolo 3

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Provando a ripensare a quanto accaduto ieri, mi sono soffermata a rimuginare sul fatto che lui fosse venuto a casa mia. Insomma non credo accada tutti i giorni che una persona che non conosci si presenti sotto il tuo balcone. Potrei chiederglielo, giusto? O forse non lo rivedrò più. Ah basta, ma che importa, ormai è tutto passato.

" Diego, puoi lasciarmi anche qui. Non c'è bisogno che mi porti addirittura nel cortile della scuola"
" Siete tutte così complicate voi donne?! " disse con un sospiro frenando qualche metro lontano dalla scuola. Lo ringraziai e gli ricordai di non passare il pomeriggio. Avevo intenzione di tornare a piedi, una lunga passeggiata per schiarirmi le idee senza nessuno con il fiato sul collo. Solo io, la musica e la strada.
La campanella suona e senza far troppo caso a tutti quelli in cui mi imbatto mi dirigo verso la mia aula. Questa scuola non è niente male, certo, poche persone la giudicano all'altezza di tutti gli studenti ma per me è ottima. Insomma non è sicuramente una scuola prestigiosa ma è l'ideale per me. 
E' praticamente terminato il trimestre, il primo in questa scuola, e a dire il vero non è andata poi così male. Sono fortunata, anzi per meglio dire sono stata premiata a sufficienza: tutti sette, un paio di sei e un nove in italiano. E' che amo scrivere e questo mi da un grande vantaggio, insomma ci si deve saper esprimere nella vita. Più che altro compongo testi per canzoni, scrivo la musica e tutto il resto, l'adattamento, le tonalità, gli accordi e le varianti. Non ho mai pensato di presentarli a qualcuno nemmeno a mio padre. Distante quant'è non credo possa importargli di cosa io faccia nel mio tempo libero.
Mi accomodo al mio posto, e ovviamente come il primo giorno di scuola, Eleonora, la mia compagna di banco non si presenta, non che mi stupisca, teme di dover raccontare delle sue vacanza natalizie a qualcuno e non è proprio l'ottimale per una ragazza che ha passato questi giorni in giro per il mondo senza saperne il motivo. Viaggia molto spesso per via dei suoi genitori. Entrambi ingegneri. E' molto timida e non ama essere al centro dell'attenzione ma se provi a conoscerla, se comprendi quali emozioni attraversano i suoi occhi anche quando resta in silenzio, non puoi che volergli bene come una sorella. Io ho imparato a farlo, è adesso lei è per così dire il mio angelo custode. Da quando sono in questa scuola non è mai esistita nessuna "Desy" senza un' "Eleonora". Siamo sempre assieme, ovunque e il fatto che questo tizio con il cappuccio in testa adesso provi a occupare il  suo posto mentre entra in classe, provoca una leggera tensione, rabbia che avverto nei miei gesti mentre mi scosto allontanandomi da lui. E' nuovo, avrà sicuramente bisogno d'aiuto e chi dovrà dargli una mano ad ambientarsi se non la sua nuova compagna di banco? Beh io ovviamente, nuovi arrivati, sempre lo stesso maledetto incubo. A dir la verità mi fanno tenerezza, viaggi da un capo del mondo senza poter mai rimanere nello stesso posto per poco più di un'amicizia; sentirsi sempre fuori luogo, come a essere costantemente sbagliati in ambienti che non ti appartengono con persone che vorresti conoscere ma sai di non poterlo fare. Perché per loro tutto finisce troppo in fretta.
Decido di quindi di accettare la sua presenza, quasi a essere orgogliosa di essere qui con lui perché potrei essergli volentieri d'aiuto.
"Piacere sono Desy" mi presento porgendo la mano verso di lui. Attendo di essere ricambiata, passano secondo così lunghi ma non si smuove minimamente il ragazzo. Per un attimo penso di aver urtato la sua sensibilità, immagino che sia autistico o abbia qualche problema simile, o magari ha perso l'udito. Così ci riprovo, mi alzo e mi poso esattamente davanti al suo sguardo, ma lui volta la testa. In quel momento comprendo che non ha alcun che, tutto ciò che gli crea fastidio è la mia presenza, nient'altro.

Entra quindi l'insegnante, la nostra amata professoressa di italiano, fa accomodare tutti i presenti e ci da il benvenuto dopo le nostre strazianti vacanze di Natale. Potrò sembrare una persona fuori dal comune ma è una festività che personalmente odio. Mi ricorda quel momento, quel giorno che vorrei dimenticare definitivamente invece questo calendario non me lo permette.
" Ecco, oggi abbiamo l'onore di accogliere questo ragazzo, che entrerà a far parte di questa famiglia e dovete promettere tutti voi che verrà trattato come parte di questa, bene detto questo lui..."

Allungò il braccio e lo invitò ad affiancarla, si alzò dandomi le spalle mentre tutto il cappuccio gli copriva ancora il viso.

" Lui è Christian Roy"
Cosa? Rimasi sbalordita per più del previsto e con fare arrogante chiesi alla prof di uscire dalla classe senza neanche attendere il suo permesso. Mi ero fatta ingannare di nuovo. Uno di quei ragazzi dolci e  come il miele che al primo istante in cui ti si trovano veramente accanto non trovano una sola ragione per rivolgerti la parola. Menti contorte, ecco tutto, sono insopportabilmente loro stessi e forse è proprio questo che li rende odiosi e irresistibili allo stesso. Camminavo svelta con un'atleta poi d'improvviso mi fermai. Stanziai i piedi per terra, inchiodata e riflettei su quello che involontariamente aveva appena detto la mia mente. Irresistibili. Ma nemmeno se dovesse venirmi un infarto  avrei chiamato un ragazzo per aiutarmi. Entrai in bagno e mi precipitai al lavandino per sciacquarmi il viso, attesi qualche minuto e poi decisi di rientrare per la lezione, una delle poche che preferivo seguire piuttosto che  rimanere a comporre per l'intera durata. Aprii la porta e mi si ripresentò Christian a dieci centimetri di distanza.
"Come stai? " domandò cercando di stare al mio passo mentre camminavo furiosa con il cuore infuocato
"Mai stata meglio"
"Dalla tua espressione non si direbbe" Ma cosa vuole dalla mia vita questo tipo, finge di non conoscermi e poi di preoccuparsi per me. Non so se gli arriva alla mente che forse le due cose non viaggiano su binari paralleli, bensì opposti.
"Dice anche che non ho la minima voglia di parlarti né ora né mai?!"
"Si dice anche quello" annuì senza stare al mio passo, spalancai la porta dell'aula ed entrai all'interno sorvolando il fatto di essere tornata me stessa.

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