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"E sai che non mi piace e sai che non ci tengo ma sai anche che io non mollo. Non cambio ora."

Christian aveva scritto questa frase esattamente un mese prima. Stringendola nel pugno della mia mano. La sera in cui si era presentato sotto il mio balcone.
Un mese. Ci conoscevamo da trenta giorni eppure lui era lí ad aspettarmi, immobile, bloccato nel corso degli eventi per starmi vicino, pronto ad attendere tutto il tempo necessario. Finché io non fossi stata pronta. Mi chiedevo se quel ragazzo non meritasse uan persona migliore di me seriamente . Insomma lui c'era sempre stato per me, ma io? Eppure ogni volta che lo sentivo cosí vicino, a un battito dal mio cuore, avrei voluto soltanto lasciarmi trasportare.

"Desy, vuoi perderti la festa seriamente?"
Increspai un sorriso ricordando che lo avevo fatto accomodare nella cucina affinché non arrivasse in camera mia.
Tirai su i jeans attilati che avevo indossato abbinandoci sopra un'elegante maglietta nera. Mi assicurai di aver preso nuovamente tutto e scesi il vestito viola nella lavanderia sapendo benissimo che al ritorno avrei dovuto lavarlo io, non volendo sentire rimproveri. Infondo non ero piú una bambina incapace come forse tuti credevano e sinceramente per mostrarmi realmente cresciuta avrei dovuto cominciare dalle cose base. Rimbocandomi le maniche nel vero senso della frase.

Raggiunsi Christian in cucina, le luci erano sistematicamente tutte accese, persino il lampadario della cucina illuminava la stanza, ricordo di averlo visto acceso pochissime volte, cosí raramente che pensavo fosse fuori-uso.
Il ragazzo biondo sedeva su un alto sgabello accanto al bancone della colazione e tamburellava le dita nervoso.
Le spalle larghe da dietro erano quel genere di rifugio dove mi sarei sentita a casa.
Mi diressi cauta verso di lui, quasi in punta di piedi affinché non si accorgesse della mia presenza. Notai il collo teso, come se avesse i nervi a fior di pelle. Sedeva dritto sulla sedia, colpito da un fulmine di preoccupaziome che lo reggeva instabile sullo sgabbello.
E mentre le dita tamburellavano sull'asse di legno senza un ritmo preciso se non quello dei pensieri caotici e disordinati, mi avvicinai e circondandolo da dietro strinsi le sue mani in due pugni che si incastravano perfettamente nei miei palmi. Sentii la sua pelle calda, che ora emanava semplicemente tranquillitá. Distese tutti i suoi muscoli e il respiro divenne nuovamente regolare. Si era tranquillizato all'istante, al mio tocco. E probabilmente lo avevo ripagato di tutte le volte che aveva placato la tempesta in me.
C'era una specie di energia, un flusso che oltrepassava i confini reali, quasi a dire che le nostre mani fossero sempre state tutt'uno.
Christian si voltó poi, scostandomi con gentilezza i miei palmi, e si alzó dalla sedia. I miei occhi incrociarono i suoi per un breve istante il che mi fece dubitare del suo stato d'animo, solitamente reggeva il mio sguardo da permettermi di rimanere intrappolata nel suo, perché amavo quei momenti in cui non esisteva altro se non lui.

"Perché hai acceso tutte le luci?" domandai a bruciapelo anche per distrarlo dal resto.
In rassegna di una risposta si rigiró un po' ovunque e bevve un sorso d'acqua.
"Cosí volevo provarle, sai mio padre fa l'elettricista e quindi..."
"Christian smettila: dí la veritá. Non sono qui per giudicare" dissi convinta.
Ciononostante il ragazzo tempesta fece finta di niente lasciando quella domanda sospesa. In un vuoto indefinito che viaggiava tra di noi inevitambilmente. Più segreti ci sarebbero stati tra di noi, meno avrei potuto scherarmi dalla sua parte.
"La veritá é stupida"
"Hai mai visto una persona piú stupida di me?" controbattei in modo diretto.
"Senza i suoi occhi mi sento perso. E la luce mi aiuta."
Rimasi delusa dalla risposta. Dopotutto non avevo mai valutato un'alternativa per lui, ed evidentemente avevo fatto male.
Deglutii in fretta, afferai il cellulare e mi diressi verso la porta per uscire il prima possibile ed allontanarmi definitivamente da lui. E lo vedi? Mi illudo sempre da sola, perchè rimango sempre spiazzata da tutti? Cosa c'é in me che non va?
"Mia madre é morta in un incidente quest'estate. E adesso mi é rimasto soltanto un vuoto. Ha portato con sé tutto me stesso, la sua mancanza mi ha svuotato e ora non sono piú niente. I suoi occhi erano cosí luminosi, pieni di gioia, tutto ció che ora non ho."
Realizzai all'istante che parlava della madre e mi sentii sprofondare quando capii che si era confidato con me quando stavo per andarmene. Anche con tutta la storia del bacio e di Daniel, lui era rimasto, seppure come amico stava in piedi accanto a me con tutte le sue forze. Quelle poche che gli rimanevano a quanto pareva.

Raggelai alle sue parole.
Istintivamente pensai se era necessario dirgli che se si sentiva vuoto avrei voluto colmarlo io, riempirlo di emozioni e sfumarlo di sentimenti, rendere il suo animo più forte di quello di tutti gli altri. Davvero, avrei acceso io quella luce che lui non riusciva neanche a intravedere. Perché era lui il mio giorno luminoso, il lampo in una frazione di secondo che rendeva chiara la notte. L'impulso di saltargli tra le braccia non mi trattenne, seguii il flusso del magico istante rendendolo indelebile.
Mi avvicinai in fretta, quasi di corsa buttandogli le braccia al collo.
Il mio petto contro il suo, i nostri battiti che seguivano lo stesso ritmo e la sua testa incastrata nell'incavo tra la spalla e il collo, mentre sentivo il suo respiro premere su di esso e una goccia bagnarmi il centimetro di pelle nuda in cui Christian teneva chiusi i suoi occhi.

"Grazie" sussurró con voce rotta.
C'era una strana sensazione che fluiva all'interno delle vene in quel momento, quella pace assurda di cui probabilmente non avevo mai avuto prova. Un'emozione troppo forte che non sapevo come gestire e che soprattutto mi faceva paura.
Mi ritrassi quindi dall'abbraccio di scatto provocando un'insolita incomprensione negli occhi di Christian.
Mi allontanai di una passo e poi di due, e intimorita dalle conseguenze delle mie azioni dopo essermi resa conto dell'imponente fascio di luce che ci illuminava, feci retromarcia uscendo di casa.

Come se nulla fosse successo.

Di corsa raggiunsi il locale nuovamente ma al contrario di prima la sala era piena. Sulla destra intravidi due ragazze della classe, Hillary e Clarissa che discutevano animatamente, evitai quindi di accostarmi a loro, superai l'enorme agglomerato di persone e mi ritrovai davanti al bancone dei drink.
Mi voltai per un'istante, come a voler controllare che Christian mi avesse seguita, che fosse rimasto comunque. Ma dietro di me seguiva solo una scia di malinconia.
Incrociai Daniel mentre cercavo di evitare di strascinarmi sugli altri, lo salutai in fretta intenta a raggiungere Eleonora.

"Desyyyyy" strilló prolungando il suono in modo un po' troppo accenuato. Eleonoresco. Mi ci ero abituata alle vocali tirate. Ma sta volta era diverso. Questa volta si trattava di inciderlo sulla pelle per ricordarlo per sempre.
Mi strinse in un abbraccio ringraziandomi con lode.
"Non sai quanto mi hai reso felice"
I capelli mori le ricadevano moribidi sulle spalle. Era bellissima. Come sempre del resto.
"E quanta gente hai invitato, vedo che ti sei data da fare"
"Diciamo che non ho fatto tutto da sola..."
"Ah no..." aggiunse in tono malizioso.
"Mi ha dato una mano Maddalena" dissi indicando con l'indice. Una brutta abitudine che mi avrebbe sicuramente rimproverato.
"E non solo, da quanto ho capito"
"Non so cosa intendi" risposi con un groppo alla gola. L'argomento andava evitato ad ogni costo.
"Non so molto di lui, peró dietro a tutta questa stranezza c'é Christian sicuramente"
"Co-cosa?"
"Solitamente non arrossisci, e adesso sta accadendo, e poi vi ho visti tornare verso casa tua assieme prima. Ero arrivata in anticipo e a quanto pare non ho fatto male. Comunque state bene assieme sai?!"
"Frena. Io e Christian siamo solo... compagni di clas"
Non finii neanche lafrase che fui interrotta da una voce familiare amplificata dal microfono.
"Desy. Ovunque tu sia, dobiamo parlare"
Okay stavo sprofondando dalla vergogna, dall'imbarazzo, dall'indecisione, dalla paura e da una nuova emozione di cui non conoscevo ancora il nome.

E sai che non mi piace e sai che non ci tengo ma sai anche che io non mollo. Non cambio ora.

Me l'aveva scritto e non sembrava voler lasciar perdere. Affatto.

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