Vi consiglio di ascoltare Mirrors di Justin Timberlake mentre leggete questo capitolo
"Sono pronta, adesso arrivo".
Sono le 7 del mattino di un giorno come l'altro, di un'alba come l'altra ma comincia a fare freddo. La distanza di papà si fa sentire sempre di più, diventando insopportabile giorno dopo giorno. Presi una mela dal cesto della frutta e facendo cenno a mia mamma discostante da lontano la salutai. Incamminandomi verso scuola, attraversai qualche giardinetto poi decisi di accomodarmi su una panchina poco distante dalla scuola. C'era ancora del tempo e mi andava di stare un po' all'aria aperta. Canticchiavo aspettando che arrivasse qualcuno, non sapevo nemmeno io chi sarebbe dovuto arrivare ma attesi per un po'. Me lo diceva il cuore di aspettare, perché il destino riserva grandi sorprese per chi ha pazienza, per chi è capace di attendere la felicità, sedendosi in un parco, semplicemente perdendo lo sguardo nel vuoto.
"I light your heart for you" intonai dolcemente rendendo della mia canzone preferita una versione acustica completamente modificata per una voce femminile. Un semplice arrangiamento che divenne motivo di applausi. Mi voltai, da una parte c'era Daniel e dall'altro lato Christian. Ero imbarazzata e indecisa: "Ehy ragazzi, come state?"
"Hai una voce fantastica" si complimentò Christian con la sottoscritta mentre si accingeva a sedersi accanto a me. Osservava il posto vuoto di fianco alla mia destra e decise ben presto di occuparlo. Daniel non lo vide ma intuì la sua fastidiosa presenza e chinando il capo si rigirò ritornando da dov'era venuto. Mi chiedevo se avrei dovuto raggiungerlo ma non ce ne fu bisogno. Si voltò nuovamente verso di noi e disse: "Sai che c'è Christian... Ho voglia di restare anch'io"
"Io invece per niente... tra 5 minuti suona e non voglio fare tardi, non so voi ma io vado" dissi irritata, ero rimasta fin troppo ad aspettare quella che decisamente non era la mia felicità diversamente da come mi aspettavo.
Presi lo zaino e a passo deciso mi diressi verso la scuola. Una volta nell'atrio mi accorsi che i due erano proprio dietro di me. Mi avvicinai a Daniel, lo abbracciai e lo salutai, volentieri ricambiò l'abbraccio e Christian gli lanciò un'occhiataccia. Fra i due c'era un'alchimia pazzesca credetemi. Mai visto tanto odio prima.
Abbassai la maniglia della porta della mia classe e chiedendo scusa del ritardo andai al mio posto notando ancora una volta l'assenza di Eleonora. Ieri non ha risposto ai messaggi e adesso non viene nemmeno a scuola; non capisco proprio cosa le stia accadendo. Christian non cercò in alcun modo di seguire la lezione, continuava a fissarmi, non si arrende proprio mai il ragazzo, e nemmeno provo a capire le sue intenzioni. Per non parlare del suo carattere lunatico, un giorno sembra essere un ragazzo solo e depresso, altre volte un drogato della strada, non che la differenza sia abissale.
"Quindi lo Statuto Albertino fu concesso dallo Sovrano nell'anno..." disse la professoressa fissandomi.
"Dice a me prof?" Chiesi con una faccia dubbiosa e le sopracciglia inarcate arricciando il naso. Riflettevo, sforzando più di quanto potessi, ma non avevo la minima idea di cosa stesse parlando.
"1848" suggerì il mio caro compagno di banco. Gli diedi retta e pronunciai la data ad alta voce.
"Non ce n'era bisogno" annuii assottigliando sempre di più il tono di voce. Non lo guardai dritto negli occhi, giocherellavo con la matita, impaziente del suono della campanella. Qualcosa cominciava a stonare in quella frase, la frase che avevo ripetuto migliaia di volte come se immedesimassi in quelle parole, era inadatta.
Le lezioni terminarono alle 13.30, non appena udii il suono della campanella corsi via frettolosamente, ma proprio accanto all'uscita Christian mi bloccò per un braccio ed insolente come sempre mi avvisò:" Sai vero che dovremmo vederci anche domani?"
"Non capisco il senso di quello che dici" affermai, era vero che volevo sbarazzarmi di lui il prima possibile però allo stesso tempo volevo avere chiare le tue intenzioni.
"Non c'è niente da capire, sappi solo che io domani sarò qui a scuola, seduto accanto a te che tu lo voglia o no"
"Domani torna Eleonora, il posto accanto al mio è il suo quindi dovrai fartene una ragione" gli risposi decisa. Avevo ragione e dovevo difendermi in qualche modo, rare volte mi capita di dire cose esatte per una volta che lo faccio pretendo che me lo si riconosca.
"Sai dubito che accadrà" disse indicando la porta della presidenza... Il preside discuteva con i genitori di Eleonora e lei se ne stava muta attendendo la fine dell'animata conversazione. Feci qualche passo verso di loro ed udii poche parole sconnesse:" Partire", "Occasione", "Inghilterra". Compresi cosa stesse accadendo ma mi ostinai a non volerlo accettare. Lei sarebbe partita, questo era chiaro. Le corsi incontro e con gli occhi lucidi la abbracciai forte. Incastrai la mia testa nella sua clavicola.
"Mi dispiace: avrei dovuto dirtelo" sussurò con la voce rotta. Eravamo ridotte una peggio dell'altra eppure la forza di quell'abbraccio ci faceva rimanere all'inpiedi. Si stavano infraggendo mille sogni ma noi avevamo la forza di sorridere. Ci staccammo l'una dall'altra e lei con i suoi occhi gonfi di lacrime soffocò la sua risata passandosi l'indice sulla guancia per asciugarla. Intuii la sua oppressione nel dover ricominciare tutto daccapo. L'avrebbe rifatto altre migliaia di volte ma sta volta era differente. Nessuno si rese conto di quanto stesse accadendo: nessuno tranne Christian. Lui se ne stava immobile distante qualche metro. Non saprei definire la sua espressione ma credo fosse un misto di stupore, ammirazione e stupore.
Mi mancherà molto Eleonora. Fin dall'inizio avevo creduto che avvicinarmi a lei sarebbe stato il peggior errore della mia vita. Mi ci ero affezionata, consapevole che avrei sofferto. Per questo è dovuto passare tempo prima che io mi potessi completamente fidare di lei. Mi aveva promesso che non se ne sarebbe mai andata ma le cose non vanno mai come vorresti e i suoi genitori hanno deciso per lei ancora una volta. Nuovamente il suo destino dipende da qualcun'altro. Non cambierà mai niente. È tutto uguale a prima. Adesso sarà più monotona e normale la mia vita, sarà un po' di me meno la MIA vita.
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Storm
Teen FictionDesy, originaria dell' Estonia, all'età di cinque anni si trasferisce in Canada con i genitori e il fratello maggiore Diego. Da quel maledetto trasferimento non ce'è niente la possa rendesse felice perché forse proprio sotto quella corazza, quell'od...