Capitolo 9

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Il giorno seguente mi svegliai tardi, all'incirca alle 11. Mi precipitai in bagno, e sistemai la mia lunga bionda chioma davanti allo specchio in preda al panico per la festa di Eleonora. Avrei dovuto sistemare tutto nei minimi dettagli, organizzare location, invitati, luci, musica, regali, il tema della festa e tutto il resto entro pochi giorni. La partenza della mia best era stata programmata per giovedí e a incominciare dalla domenica di oggi avevo esattamente 4 giorni. La tensione per l'addio a Eleonora era forte, ma una doccia fredda congeló l'ansia e la preoccupazione che stringeva le mie meningi impedendomi di pensare con luciditá a qualunque altra cosa. Aprii il getto d'acqua e goccia dopo goccia la mia vita mi scivolava di dosso. Tutto si restringeva alla mia mente, alla mia maledetta voglia di programmare tutto alla perfezione. Perché dopo un po' ci si stanca delle delusioni, delle paure e delle illusioni, ci si sfoga per le troppo imperfezioni su cui abbiamo eretto la statua della nostra esistenza. E congeladomi il corpo sotto una doccia era esattamente il modo migliore per infliggere al male la sua punizione. Come spegnere l'inferno, far cadere pioggia sulla terra arida. E fu proprio cosí: la mia vita si risveglió, l'acqua tacque, la pioggia aveva ottenuto i suoi risultati. Come sempre del resto. Quindi feci scorrere l'anta della doccia e tirai un braccio fuori per afferare l'accapatoio. Lo indossai e questo si bagnó mentre il suo orlo toccava i miei piedi e talvolta anche il piatto-doccia. Lo sfilai e mi presi una grande asciugamano da avvolgere attorno al mio corpo. Esile e flessibile come quella di una modella. Insopportabilmente perfetto. La pelle del dorso lasciava peró scoprire un'indelebile cicatrice sul fondo schiena i qui estremi toccavano l'ultima costola e il tatuggio sopra il bordo degli slip. La ferita risaleva a esattamente cinque anni fa. Al 18 Settembre del 2011. Domenica. La mia vista tutta d'un tratto si annebbió e uno strano calore avvolse la mia anima trascinandomi con la mente indietro nel tempo. A quel giorno. Un fascio di colori si concretizzó dando vita a una stupenda mongolfiera. Sorvolava le case colorate di un paesino montano dell'Italia. Qunado ero andata in vacanza per un paio di giorni con Diego, mio fratello maggiore. Ed io soridevo e urlavo di gioia, e i miei occhi erano cosí luminosi su quella mongolfiera. I visi di molti altri bambini come me, mi circondavano a un'altezza per me inimmaginabile per quell'etá. Il "capitano" della imbarcazione era un signore tozzo e calvo. Era tranquillo, forse fin troppo. Si incantó come tutti noi davanti al belvedere e ,quando si accorse che stavamo per schiantarci, si allarmó. 
"Bambini rimanete calmi e sopratutto non muovetevi da dove siete"
E come potevamo ? Eravamo in venti e occupavamo tutta la mongolfiera senza lasciar libero uno spazzietto. Il resto poi non lo ricordo. Mi dissero che svenni per l'eccesivo stress accumulato in pochi minuti. Conoscendomi i motivi sarebbero stati ben altri. Un calo di zuccheri o roba del genere. Ma non stress, non puó accadere a una bambina di 10 anni. Poi una barra di acciaio mi cadde sul corpo. Ecco il perché della cicatrice. Fortunatamente riuscimmo ad atterrare sani e salvi ma il "capitano" si accorse del mio stato solo quando toccammo suolo. Fui portata in ospedale e tenuta in ricovero per 3 giorni. I medici dovevano assicurarsi che la ferita non si fosse piú aperta. Almeno credo. E in effetti è rimasta solo la cicatrice che ogni estate brucia piú del solito. Ma l'acqua le da un effetto benevolo. Come quello che ho provato adesso. Solitamente quasi non ricordo di avercela eccetto al suo anniversario. Specie oggi.

Mi sfilai l'asciugamano di dosso e dopo essermi vestita asciugai i capelli velocemente senza passare la piastra. Lasciandoli cosí: al naturale. Anche perché erano giá le 12 e l'orologio non avrebbe di certo fermato le lancette dell'intero mondo soltanto per me. Riposi il pigiama e l'accapatoio nella cesta dei panni sporchi e scesi di sotto implorando di salvarmi dalle urla di Maddalena che non avrebbe accetato, con una stupida scusa, il mio ennesimo ritardo. Non appena svoltai l'angolo del corridoio attraversai la cucina ed uscii sul retro della casa, nel giardino, dove mia mamma stava realizzando un piccolo addobbo fai-da-te per la festa. Ne combinava una delle sue tutti i giorni. L'albero di ciliegio che cresceva all'angolo oscurava il suo tavolo da lavoro, quindi mi avvicinai senza soprenderla alle spalle e osservai per qualche istante la sua creazione tentando di capire la natura dell'oggetto. Ma non ci riuscii. Era un qualcosa di vagamente indefinito e strano.
"Buongiorno principessa" mi disse voltandosi di colpo.
"Giorno regina del castello" risposi accennando un inchino, cosa che la incuriosí molto. Soffocó una risata increspando il labbro superiore e mi si avvicinó per schioccarmi un bacetto sulla guancia.
"Mamma io adesso dovrei uscire con Maddalena per alcune commissioni"
"Ah si... Sicura che non devi dirmi altro?"
"Non so di che parli"
"Desy so di avere qualche anno piú di te ma anche io ho vissuto l'adolescenza, credimi"
Ci risiamo. Sempre con la stessa storia. Ma cambi disco ogni tanto nè?
"Ok io vado" dissi perplessa lascinadole trarre le sue conclusioni sulla mia percentuale di interessamento all'argomento in questione, quale la sua lontana gioventú. Andai in salone e in un nanosecondo compresi ció che intendeva mia madre con la domanda devi dirmi altro ?
Christian sedeva sul divano del salone alla dovuta distanza da Maddalena, come se quel posto fosse occupato da qualcuno. Tipo da me.
"Ehy dormigliona, sono due ore che ti aspettiamo" disse ironica Maddalena.
Tutto questo tempo? Cosa avevano combinato nel mentre? Avevano scherzato, giocato? Avevano forse riso di me? Delle mie strane abitudini, del mio carattere lunatico?
Mi avvicinai a loro e abbracciai Maddalena per scusarmi del ritardo. Non era molto alta, per questo si teneva sulle punte dei piedi. Poi mi fermai di fronte a Christian, imbranata, indecisa sul da farsi. Ed intanto con una buona dose di imbarazzo il mio cuore prese a correre nella gabbia toracica.
"E dai.. So che muori dalla voglia di abbracciarmi" disse spavaldo.
Ma cosa si era messo in testa quello lí? Stronzo e presuntuoso come tutti gli altri pensai vagamente. Feci un passo in dietro sulla difensiva e afferrai Maddalena per una braccio tirandola fuori dalla porta di casa mentre ci lasciavamo alle spalle l'imbecille. Arrogante. Presuntuoso. Egoista. E per giunta si crede bello, il classico play-boy. Con quella camminata da spavaldo, il sorriso da scioglierti il cuore e gli occhi che ti penetrano nell'anima strappandoti via i sentimenti peggiori. Ero fottuta. Sí decisamente.

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