Arresa alle parole di mia madre, afferrai il cellulare e con un enorme coraggio decisi di seguirla all'auditorium. Lei mi squadrò dalla testa ai piedi come per dire: Pensi di venire conciata con un paio di jeans strappati e una felpa consumata?. Okay sono tutte mie supposizioni ma non credo che quello sguardo potesse dire altro. Salii in macchina con tutta la calma possibile e lei sembrò volermi rimproverarmi anche di quello. Come se non avessi già abbastanza problemi: devo imparare a muovermi al ritmo giusto. La sua canzone non rispetta i miei tempi, è tutto scandito con troppa fretta ed imprecisione, ed io devo saper velocizzare i battiti del mio cuore per seguire una scia luminosa. Vorrei abbandonare questo sentiero, imboccare una strada differente ma non ho la forza necessaria ed anche se volessi provarci non avrei il suo consenso. Non posso combattere contro chi mi tiene in trappola e anche se è difficile da comprendere io non voglio farle del male. Siamo troppo ugualmente diverse. L'odio per altro è solo un modo di dimostrare che ci tieni troppo a una persona, forse è invidia, forse ammirazione o solo amore che non riesci a controllare. Lei non vuole che io torni da mio padre in Estonia solo perché le farebbe troppo male non potermi vedere tutte le mattine, lo capisco dai suoi occhi, dalla tenerezza che ci mette nel volermi bene. Soffocandomi. Sembra che lei voglia vivere la mia vita: lei vuole che io sia perfetta. Sempre. Ma la perfezione non fa per me. Proprio no.Entrammo nell'auditorium dall'ingresso sul retro, mio fratello era pronto, stava ancora ripassando la parte un'ultima volta, ma era sicuro di potercela fare. Mi accostai sulla destra, accanto alla telecamera, sapevo che il suo sguardo avrebbe puntato lì ed io volevo sentirlo vicino in quel momento, non gli dimostro mai quanto io lo ammiri, non sono brava con le parole e forse un semplice gesto pieno di affetto potrà colmare un vuoto indefinito.
Appoggiai quindi lo sguardo sul palco imparando ad accogliere le novità dello spettacolo. Udii passi affondare sulla superficie del pavimento, Diego si schiarì la voce, inspirò il più ossigeno possibile e diede inizio al suo provino. Durava più di una semplice lezione, durava più dell'eternità stessa. Speravo con tutta me stessa nella sua vittoria. Parole profonde si perdevano nella mia mente. Era un un monologo d'amore, un'emozione, un impulso che insegnava ad amare; in quel istante mi sentivo una neonata che imparava a sorridere, per la prima volta. Erano tutti così coinvolti in qualcosa che non gli apparteneva, in un sentimento nuovo, privo di ogni bugia, sofferenza e delusione. Tutti eccetto un ragazzo che con fare prepotente stringeva tra le mani una tazza di caffè bollente, il suo passo era decisamente impressionante, portava sulla bionda chioma una corona invisibile di cristallo. Un re che come quelli della sua razza aveva uno sguardo fitto e potente.
Qualcosa in me mi diceva che aveva quasi ottenuto la mia stima, prima di rovesciarmi addosso la bibita. Il mio livello di sopportazione era sotto lo 0%, e la rabbia stava pervadendo tutte le vene del mio corpo. Okay, Desy calmati mi ripetevo nella mente. Non è una tragedia, può capitare a tutti, così mi limitai a lanciargli un'occhiataccia.
"Mi dispiace." disse tutto d'un fiato stringendo i denti, si allontanò per una frazione di secondo, prese una salvietta inumidita e cominciò a pulirmi la macchia. Non reagii male, peggio. Afferrai il suo polso e lo bloccai all'istante.
"Non ce n'è bisogno. Grazie." gli dissi per accertarmi che avesse compreso il concetto. Mi ero resa conto che il mio tono di voce era freddo e distaccato per non parlare dell'espressione del viso del tutto infastidita, ma io sono fatta così. Sono sempre stata dura con tutti, è un po' parte della mia genetica, credo, e lui non fa di certo eccezione.
"Scusami, volevo solo rimediare ma è evidente che con te non si può ragionare."
"Non ho certo combinato io questo guaio" gli comunicai mentre già si stava voltando, alzando lo sguardo la cielo e chinando la testa. Fu soltanto allora che compresi di aver esagerato. Ero stata io a far cadere la corona a un principe. Una parte di me stava cedendo al perdono ma un'altra, che richiamava odio, prevaleva.
D'un tratto mi accorsi che l'esibizione di Diego era terminata e i giudici applaudivano commossi. Ce l'aveva fatto. La sua meravigliosa interpretazione aveva conquistato i cuori di tutti e io ne ero inconsapevolmente fiera.
" Christian Roy " annunciò una voce. Ignorai per un attimo il palco e saltai fra le braccia di mio fratello facendogli le mie congratulazioni. Udii il rumore di un passo familiare, aprii gli occhi ed intravidi il ragazzo di prima. Era incredibilmente giù di morale ed era tutta colpa mia, quindi mi feci coraggio e salii i gradini del palco due per volta, poggiai una mano sulla sua spalla e lo tirai a me attirando la sua attenzione.
" Non avrei mai dovuto trattarti in quel modo. Insomma scusami per come ho reagito prima." Ma lui mi scaricò con troppo fretta.
" Perdonata" disse, mentre il suo sguardo agghiacciante mi imponeva di uscire di scena.
"Cos'hai?" Gli chiesi, delusa dalla sua reazione. Non mi sono mai comportata così con nessuno. Non ho mai avuto tanto coraggio di ammettere i miei sbagli, e adesso che ci provo va tutto male. Ditemelo voi se questa vita non è tutta una fregatura. Non serve essere buoni, né cattivi, l'importante è restare nell'angolo della tua esistenza ad osservare girare il mondo da lontano, respirando a fatica, scoprendo te stessa poco a poco.
" Non esisti solo tu, quindi fatti da parte e dimentica di avermi visto"
Il sangue smise di pulsare ovunque e i miei occhi tutto ad un tratto si chiusero volendo dimenticare questo pomeriggio, volendo cancellare ricordi indelebili troppo poco distanti dal mio presente, nonostante l'impulso del cuore era così chiaro, un ritmo scandito con precisione che sillabava il mio nome preferito. Scappai dalla felicità più grande che la mia anima avesse mai conosciuto e abbandonai il ricordo più bello. Il ricordo di averlo conosciuto, di averlo trattato male e di essermi pentita subito di tutte i gesti e di tutte le parole che in qualche modo lo avessero ferito.
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Storm
Teen FictionDesy, originaria dell' Estonia, all'età di cinque anni si trasferisce in Canada con i genitori e il fratello maggiore Diego. Da quel maledetto trasferimento non ce'è niente la possa rendesse felice perché forse proprio sotto quella corazza, quell'od...