Capitolo 4

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Le ore di lezione passarono in fretta e io non ebbi il tempo di riflettere neanche un secondo, assorta com'ero nel foglio bianco poggiato sull'unico libro che quel giorno mi ero degnata di portare, avevo immaginato tutta un'altra vita. Disegnando mentalmente un perfetto schema della mia vita, vagavo in una dimensione fin troppo distante dalla realtà.
La campanella suonò solita e io mi incamminai verso casa. Strano a dirsi quel giorno splendeva il sole sulla Terra intera e il viale alberato che conduceva alla scuola era più magico che mai. Avrei solo desiderato sorpassare tutti coloro che intralciavano il mio cammino ma nessuno badava a me, mi spintonavano come fossi una piuma ed io protestando con lo sguardo non ottenevo alcun risultato. Avevo sopportato tutto: urla alle mie spalle, pestate di piedi, spallate ma questo era davvero troppo. Sbattere contro tutta me stessa, si dev'essere proprio stupidi e imbranati.
" Almeno si chiede scusa.. ! " urlai a vuoto, proseguii di qualche passo dopodiché mi accorsi che quello era il ragazzo non vedente della classe di fianco alla mia. Non avrei mai immaginato di sentirmi da schifo, avevo probabilmente scagliato l'ennesimo sasso sulla sua sensibilità e l'anima sua forse era più una corazza che forza naturale. Ad un tratto udii urla pesanti e forti minacce, mi voltai e riconobbi all'istante il ragazzo che con la testa china piangeva rattristito. Mi avvicinai alla banda di adolescenti che lo stavano deridendo e non appena mi accorsi che tra di loro vi era anche Christian mi scagliai contro di loro come una bestia inferocita.
" Siete patetici " urlai sforzando la voce per trattenere le lacrime che mi salivano agli occhi per la troppa rabbia.
"Vi sembra che lui sia debole?...Siete voi gli unici imbecilli che non riescono a reggersi senza prendersela con qualcuno." aggiunsi poco dopo. Loro tacquero e posarono i loro occhi sulle mie labbra. Come se volessero riuscire a farmi trattenere tutte le parole. A cosa servirá loro questo discorso, è solo una perdita di tempo. Afferrai la mano del ragazzo non vedente e lo trascinai con me per paura che potessero schernirlo ancora.
" Perché lo hai fatto ?" chiese sottovoce.
"Perché non sopporto che qualcuno commetta l'errore che ho commesso io prima" ammisi dispiaciuta per il mio comportamento da immatura.
"Tu... l'unica che mi abbia difeso dopo anni" rispose malinconico mentre un ricordo gli assaliva alla mente e io avevo risvegliato in lui la sensazione di sentirsi protetto.

Attraversammo il lungo viale e quando io dovetti procedere a destra lui mi diede una stretta più forte alla mano, la lasciò e si diresse in direzione opposta. Strano a dirsi ma sentivo già la sua mancanza così indietreggiai e quando lo raggiunsi lo affiancai stringendogli nuovamente la mano.
"Oh sei tu..." disse dolcemente come un cucciolo indifeso. Ma quel tono sospeso mi lasciava intuire che nessuno sapeva niente dell'altro.
"...Desy... è il mio nome" aggiunsi mentre lui esitava a dare cenni di vita.
" Non ti va di parlare con me vero?" chiesi dubbiosa. Lo stringevo ancora per la mano e ci incamminavamo verso non so dove ma non voletti arrendermi, era già parte della mia vita... si l'avevo intuito. Doveva essere protetto e io non esitai nel convincermi che fossi una sorta di angelo custode di questo ragazzo.
"No, affatto, è che... ho paura"
"Di cosa?"
"Che domani tu non sia qui con me" immaginavo quanto paure potesse custodire la sua anima ma non pensavo che io fossi fra queste. Non avrei mai immaginato di quanto in questo mondo fosse possibile, ma sapevo che lui era l'ennesima sorpresa nella mia vita e io avrei voluto accettarla a braccia aperte con il cuore in mano.
"Io ci sarò a patto che tu mi dica il tuo nome"dissi cercando di alleggerire il tema della conversazione.
"Oh certo io sono Daniel"
Non disse altro e io non mi affrettai a fargli domande. Lasciai solo che ci godessimo il momento, così come una magia distorta del tutto dalla realtà. Quando le nostre strade si separano lo strinsi forte e gli sussurai all'orecchio:" Ci sarò domani e anche dopo e dopo, devi solo avere fiducia in me"
Diversamente da come avevo supposto, la frase non lo rese perplesso, era solo meravigliato ed estasiato all'idea che la sua vita d'ora in poi, con me accanto, sarebbe stata migliore.


Rientrai a casa verso le 4 e mia madre che attendeva in salone mi lasciò del tutto indifferente, sapevo cosa  le stava frullando in mente ma non avevo la minima voglia di sentir pronunciare ad alta voce quelle patetiche parole.
"Ti sei divertita oggi a scuola, tesoro?"domandò euforica cullando il mio viso tra le sue mani e baciandomi in fronte.

"Certo.." risposi interrompendo la frase mentre stavo per raccontarle tutto. Era diversa, ma io ne volevo la prova concreta prima di gettarmi nell'oceano per una falsa che sarebbe durata solo oggi.
"Perfetto..." disse mentre mi incamminavo per andare in camera mia.
"... di sopra c'è Maddalena che ti aspetta"
Spero che questo non sia uno scherzo. La aspettavo da così tanto. Lei è la sorella della ragazza di mio fratello, è sempre premurosa con me e non mi farebbe mai del male. E' una delle persone di cui mi fido ed è un sollievo sapere che è qui. Corro verso la stanza, apro la porta e le salto addosso stringendola forte come non facevo da tanto... prima dell'abbraccio di Daniel. Lei sorrise con gli occhi, aveva quella magia nelle perle di nutella che mi lasciava incantata ogni volta. Era minuta, nonostante fosse più grande di me di un anno, ma era la sorella che avevo sempre desiderato, ed il mio sogno sarebbe diventato realtà ben presto quando lei e la sua famiglia si sarebbero trasferite qui a Toronto subito dopo il matrimonio di Diego e Michelle, la sorella di Maddalena.
" Sei sempre stupenda eh?!" affermò con un bel po' di soddisfazione.

"Non posso lasciarti andare via. Ti voglio troppo bene" mi scapparono di bocca quelle parole. Ero diventata una Desy troppo sentimentale. Cavolo questo mi allarmava, strano a dirsi io la pensavo diversamente da tutti. Per me essere dolce era un po' dire che eri fragile, un brutto difetto che accomunava Daniel e mia madre. 
Ci accomodammo sul letto e lei mi mostrò le foto dei nostri abiti del matrimonio, eravamo le damigelle, provavo vergogna solo a pensarlo. Erano unici, semplici, adatti ai nostri impeccabili caratteri che crollavano ad ogni delusione. L'avevo conosciuta troppo bene e quella poco allegria era a dir poco strana. Per altro non che io fossi al settimo cielo ma il suo viso radioso di sempre non era paragonabile al sorriso cupo di adesso.
Qualcuno bussò alla porta e lei fu fiera di aprire alla svelta.
"Desy... dovrei parlarti" disse Christian con lo sguardo di chi era pentito, mentre il suo viso sbucava da dietro  Maddalena che si accingeva a sorridermi maliziosamente.

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