Sostenevo di aver vinto, di aver varcato quel confine tra maturità e infanzia. Sostenevo di valere, ma che le mie parole fossero state un macigno da digerire per mia madre, quello era stato soltanto uno stupido sogno infranto. Ogni parola pronunciata si era volatilizzata, dispersa in qualche strato dell'atmosfera più rarefatta.
La sua noncuranza espressa in un mezzo sorriso e qualche frase fatta non facevano che rendermi più iraconda.
La donna mi versò amabilmente del the fumante nella tazza prima di accomodarsi di fronte alla sottoscritta sul divano in pelle.
L'hotel era molto ospitale e particolarmente accogliente. Pareti color pesca si abbinavano perfettamente al parquet ciliegio facendo da background ai meravogliosi dipinti rappresentanti distinte varietà floreali. Mentre tutto intorno soffuse ed eleganti luci illuminavano i corridoi piú bui separando due stanze, due vite, due metri l'una dall'altra.
Mi accigliai ad interpretare l'atteggiamento di una ragazzina poco distante, dalle lunghe trecce scure, e da uno strano aspetto pacato ma allo stesso tempo inquietante.
Immaginai di essermi soffermata ad averla osservarla troppo a lungo perchè quando si voltò nella mia direzione mi rivolse il dito medio mimando con le labbra 'Cosa cazzo guardi?'.
Mi girai quindi di scatto verso Maddy credendo di poter evitare di dar retta a tutte le offese ricevute. D'altronde c'era chi, come mia mamma, le parole se le faceva scivolare addosso come acqua.
"A te piace questo the!?" domandò Maddy sussurando nel momento in cui la donna si alzò dal tavolo per pagare il conto.
"Fa schifo" commentai soffocando una risata.
"Altro che the inglese. Questa sembra acqua e petrolio."
I capelli mossi leggermente dorati le incorniciavano il viso come quello di una principessa mentre sorseggiava la bevanda a tratti come avvelenata da un'orrenda miscela.
"Ehy ti va se ci liberiamo di lei e andiamo a farci un giro da sole?" proposi alludendo a mia madre.
"Per me va bene..." portò di nuovo la tazza alle labbra disgustata.
"... Ma non dovresti scappare da lei senza chiarire una volta per tutte." continuò deglutendo il liquido amaro.
"E tu non dovresti bere ciò che fa schifo"
Maddy tossì forte notando mia madre avvicinarsi per sopraffare il suono dell'ultima parola.
"Avete gradito la colazione principesse?" domandò incuriosista rivolgendosi a me e alla mia fedele compagna di viaggio se non unica persona da poter ritenere mia amica.
"Direi ottima" rispose pronta lei.
Sorrisi alzando leggermente la fronte per incrociare i suoi occhi nocciola imbarazzati.
"E tu Desy?" questa volta mia madre pronunció quelle parole come sangue avvelenato volendo scambiarle per dolce zucchero.
"Io vado a darmi una sistemata" chiusi la conversazione incamminandomi per raggiungere il piano superiore diretta alla stanza 310.
Dopodichè mandai un veloce messaggio a Maddy chiedendole di raggiungermi in fretta.Trenta minuti dopo ci ritrovammo perse tra le strade di Londra, in un quartiere ingannevole, dalle mille sfaccettature. Tutto intorno si disperdevano piccoli negozietti gestiti da donne aggraziate e luridi locali sotterranei, affiancati da capannoni abbandonati, di cui la struttura simile al mio rifugio e un'atmosfera che avrei facilmente definito ridicola e spaventosa rispetto a quello che era l'alone sprigionante dalle pareti metalliche del mio posto.
Fu Maddy a interrompere il gelido silenzio londinese sparandone, ovviamente, una delle sue.
"Desy, senti ma con Christian come va?"
Aggrottai la fronte stringendo i pugni. Il solo sentire pronunciare il suo nome mi metteva i brividi, rallentando il flusso del sangue.
Mi limitai ad alzare le spalle con la testa china mentre tentavo di riscaldare i palmi nelle tasche del giubbotto. Scalciai qualche fastidioso sassolino.
"E tu.. Insomma ti senti con qualcuno?" proposi una sciocca domanda. Sembrava strano dover domandare qualcosa a qualcuno che prima sentivi una calamita. Davo per scontato di saper tutto, perchè prima era stato così. E non c'era bisogno dei giri di parole e dei vuoti discorsi per sciogliere il ghiaccio e farsi avanti. Era tutto un dico le cose come vengono.
Ma le prospettive stavano cambiando evidentemente, o la barriera tra di noi si stava alzando o era già divenuta invalicabile. Non ci guardavamo piú negli occhi e le frasi meccaniche erano la parte che rendeva priva di senso tutto il discorso. Fin quando si scherzava su qualcosa i problemi tra me e Maddy non esistevano affatto ma se si trattava di rendere seria la conversazione, la tensione era a mille."Non so forse..." esordì evasiva.
"Ciò significa che ti piace qualcuno"
"Dio ma perchè non capisci mai niente?!"
Arrossii per il pensiero spropositato e mi sentii a disagio con me stessa ma soprattutto con lei.
"Scusa, non volevo" sussurrò con un filo di voce.
La gioia del viaggio d'un tratto era soltanto un vago ricordo del recente passato.
Quella giostra della mia vita, non faceva mai pace con se stessa, svoltava a destra e a sinistra, pretendendo di seguire i binari consapevole che un semplice guasto avrebbe distrutto tutto. Frantumato ogni certezza in mille pezzi. E allora perchè non rallentare? Perchè non tirare le redini della mia vita? Tanto vale dirsi perchè combattere contro il corso degli eventi. Ero impotente e fragile quando si trattava di aggiustare gli ingranaggi. Meglio lasciar sfuggire ogni cosa senza farsi troppo male."Meglio che io vada" concluse delusa di quanto appena accaduto. La sintonia spezzata era a terra sotto i nostri occhi, sparpagliata in mille pezzi sul lurido marciapiede.
E cosí Maddy si incamminò nel verso opposto lasciandomi sola.
Trassi dalla tasca il cellulare strabiliata dai tanti messaggi di Mike e delle chiamate perse. Il buffo ragazzo dagli occhiali che lo rendevano affascinante e dolce, il tipo pronto alla battuta. L'infinita eleganza e decisione che mostrava verso le donne facevano sì che buona parte del settore femminile della scuola gli sbavassero dietro anche se, per quanto ne sapevo io, non aveva ancora trovato davvero quella giusta. Quella di cui si sarebbe innamorato alla follia. Rimaneva così di tutte ma mai veramente di una.
Tutti i messaggi chiedevano di richiamarlo con urgenza quindi leggermente allarmata feci partire la chiamata proseguendo per la retta via.
"Mike sono Desy"
"Sì, so chi sei" disse frettoloso senza un pizzico di divertimento.
"Devi aiutarmi"
"Di cosa si tratta?"
"Christian..."
Finii per sbattere contro un uomo sulla trentina che mi fece cascare per terra il cellulare interrompendo bruscamente la conversazione con Mike.
Christian.
Cosa gli era mai successo?
"Cazzo ma capitano tutte a me"
imprecai raccogliendo il cellulare a pezzi.
Alzai poi lo sguardo per guardare in faccia il maleducato.
Incrociai teneri occhi scuri.
"Thomas"
"Desy"
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Storm
Teen FictionDesy, originaria dell' Estonia, all'età di cinque anni si trasferisce in Canada con i genitori e il fratello maggiore Diego. Da quel maledetto trasferimento non ce'è niente la possa rendesse felice perché forse proprio sotto quella corazza, quell'od...