É difficile conoscere il confine di ogni possibilità, un chiaro limite che chiuda la porta da cui esci. Ti perdi così in centimetri di vita che segnano il passaggio, quell'oblio che tendi a ingigantire chiudendoti in te stesso senza mai sapere cosa sia giusto fare: tornare indietro, proseguire o accontentarti della monotona stabilità.
Non é questione di punti di vista: perchè non puoi azzardare, schierarti laddove sceglie la ragione. La vita è equilibro tra cuore e mente, uno stabile piedistallo al di sopra dell'esistenza stessa.
Peccato che io sappia ascoltare soltanto quei pensieri che mi dicono di stargli alla larga, quando non si tratta di scegliere ma di dimenticare. Eccola la parola d'ordine: DIMENTICARE."Ehm io in realtà dovrei andare da... Sì insomma c'è Eleonora che mi aspetta."
"Tu non vai da nessuna parte se prima non mi spieghi!" Christian alzò la voce di un tono.
"Senti non posso stare qui a perdere tempo chiaro?!"
Il ragazzo grignò attirando su di noi l'attenzione di tutti gli invitati poco distanti che origliavano la nostra conversazione privata con molto interesse.
"Sei sempre così strafottente?" domandò serrando la mascella.
"Qualche problema?"
Christian esitò. Sembrò più volte sul punto di dire qualcosa mentre prendeva fiato. Si avvicinò persino di qualche passo trafugando nei miei occhi per cercare un minimo di interesse. Io però mi ero arresa, a stare sola, a ferire gli altri, a farmi terra rasa attorno. Il suo sguardo intenso mi fece pentire di tutto ormai troppo tardi. Avrei voluto che lui ci fosse stato sempre, in ogni occasione, eppure ero paralizzata all'idea di sentirmi in qualche modo amata. Io ero diversa. Insensibile. Strafottente. Maledettamente me stessa.
"Ho semplicemente sbagliato persona: ecco tutto" mi lanciò un'ultima occhiata per niente amichevole e sparì tra la gente tirando a strascino il cuore.
Mi girai sentendomi fuori posto, i ragazzi della scuola che mi osservavano con lo sguardo glaciale, tutte quelle occhiatine, e le battute fuori posto, i commenti di chi non sapeva niente del resto. Per un attimo avvertii delle leggere scosse al cranio che mi stordivano, inondando la mia mente di immagini confuse come se quel momento non fosse stato unico nel suo genere. Erano scene sbiadite di ciò che non sapevo e ci misi un po' per riprendermi e per capire che tra quella folla di gente, fra volti sconosciuti si nascondeva qualcuno a me familiare.Diego e Amanda discutevano poco distanti.
Mi affrettai verso la loro direzione. Prima però che potessi raggiungere il traguardo inciampai per colpa di Mike finendo su Greta che mi rovesciò il drink sui capelli. Era molto più alta di me per questo non le risultò affatto difficile rendermi ridicola. Intravidi ancora Diego e Amanda poco lontano che discutevano animatamente ma lasciai perdere per il momento."Oddio scusa che sbadata" si scusò ironica Greta. La ammonii con un solo sguardo e il suo disprezzo si pronunciò in un'odiosa smorfia che mi fece rivoltare lo stomaco.
"Che peccato, erano così incredibilmente decenti i tuoi capelli oggi"
"Non ho chiesto affatto la tua opinione"
Mi avventati su di lei districandomi i capelli con le dita per quel che riuscivo a fare.
"Libertà d'espressione, mai sentito parlarne?"
Le labbra rosse fuoco contorte in un mezzo sorriso strafottente mi fecero perdere la calma più del solito.
"E il rispetto? Te l'ha mai insegnato qualcuno?!"Notai che in meno di mezz'ora ero diventata nuovamente lo spettacolo più eccitante a cui assistere. Gli stessi sguardi attorno, le stesse risatine e il vocio di sottofondo indistinguibile.
"Sei solo invidiosa della vita degli altri, tu che nello schifo non hai niente. Guarda: hai fatto fuggire anche Christian per colpa dei tuoi capricci da bamb.."
In pochi istanti la mia mano si ritrovó catapultata sulla sua guancia lasciando un pallido rossore in cui potevo distinguere le mie dita anche da lontano.
Imbarazzata, arrabbiata, a disagio ma decisa. Ero sicura di essere stata fin troppo tollerante con quella vipera.
Allo schiaffo si era alzato un generale "Oh" che mi aveva semplicemente reso un animale da circo da tenere a bada. Di conseguenza però nessuno aveva osato fare un passo avanti, la tensione era palpabile e non me la sentii di chiedere scusa, infondo quel tocco concreto e umano non era stato minimamente paragonabile alle sue parole, all'insensibilitá verbiale. Feci semplicemente un passo indietro, poi due ed arretrai uscendo dal locale in silenzio. Nessuna risata, alcun insulto e nemmeno rissa o imitazioni stupide che mi sarei aspettata, silenzio, stupore e inquietudine. E tutto questo perchè io e Greta avevamo dato spettacolo, per di più alla festa d'addio della mia migliore amica. O quella che sarebbe dovuta esserlo. Ma non si era comportata da tale, non aveva preso le mie difese durante lo scontro, nè mi aveva fermato. Prima di uscire avevo intravisto da una certa distanza la sua espressione e non si avvicinava neanche lontanamente alla comprensione o alla rabbia, aveva più di ogni altra cosa stampata in faccia il disprezzo e la vergogna.Diretta verso casa, fui invasa da una corrente d'aria fredda che mi raggelava, ovunque fino alle punte dei piedi, mi strinsi quindi nel giubbotto di pelle nero volgendo lo sguaedo verso un bar poco distante. Un piccolo edificio bordeaux di cui l'insegna a led illuminava la via del quartiere desolato. Mi indirizzai per raggiungerlo nonostante sembrassi fissa sul tombino su cui poggiavo entrambi i piedi, instabile nel bel mezzo del corso della mia vita. Sentivo le tempie scoppiare mentre una forza più potente spingeva dall'esterno: il freddo che irrigidiva l'aria sempre piú pesante racchiudendo le ultime parole al suo interno.
Tu che nello schifo non hai niente
Impressa nella mia mente, quella frase sembrava voler trovare tutte le motivazioni per raggiungere la perfetta credibilità di una verità concreta.Aprii con molta cautela la porta di vetro del bar. La mia pelle si addattò quasi subito all'umidiccio caldo che chiudeva fuori la gelida notte. Mi accomodai ad un tavolo libero nell'angolo sinistro della stanza. Perchè io vivevo nell'angolo della mia esistenza, senza riuscire mai a tirare le redini della mia vita, sempre all'oscuro di ciò che fosse mio: dei miei gesti, dei miei sentimenti, delle mie parole e dei miei affetti. Pensando di quindi di poter saldare almeno uno dei miei rapporti sociali umanamente descrivibili decisi di mandare un SMS a mia mamma per rassicurarla mentendo spudoratamente.
"La festa è un successo. Torno verso la mezza circa. Baci D."
Ordinai una cioccolata calda aprendo la cerniera del giubbotto.E se domani fossi partita per Londra e non sarebbe cambiato niente al mio ritorno? E se questo viaggio fosse semplicemente una fuga?
Il mio subconscion andava ormai a ruota libera sfogliando le pagine del libro della mia vita a caso, divertendosi a mettere in disordine le certezze, inondando di dubbi tutte le possibilità di poter essere felice ogni giorno.
"Mm grazie" mormorai sovrappensiero al cameriere che mi aveva servito l'ordinazione.
Strinsi le mani attorno alla tazza riscaldandomi con la bevanda ancora fumante.
Sommersa dai troppi pensieri mi ero limitata ad occupare un tavolo vuoto senza notare che tutto intorno a me sulle pareti color pesca c'erano scritte riflessioni, banali aforismi che ocultavano significati profondi. Tastai il muro facendo scorrere le dita sulla frase accanto alla mia spalla.·Catapultata in una vita che non è la mia· Sabrina
Non era la sola credo. Girai il mio sguardo un po' ovunque soffermandomi su una calligrafia familiare.
·Ma io e te cosa siamo?D· Christian
Avrei ancora potuto SALVARMI dagli abissi del mio masochismo, egocentrica presunzione, strafottente immaginazione?
Mi avrebbe permesso di allontanarmi da lui senza fargli del male SALVANDOLO in un modo o nell'altro?
Perchè in fondo speravo anche di SALVARCI, di rimediare ai disastri, alle parole fuori posto per tenerlo stretto tra le mie braccia tutti i giorni. Quell'infrenabile voglia che ora avevo di poggiare le mie labbra sulle sue fino a far intrecciare le nostre lingue.
C'era ancora una possibilità di vivere per noi?
No.Alzai la mano attirando l'attenzione del cameriere e domandai: "Come funziona?"
"Cerchi un buco libero e dedichi un tuo pensiero a qualcuno"
Mi guardai attorno trovando più spazi bianchi e notai il giovane cameriere osservarmi fiducioso con teneri occhi nocciola spalancati.
"Non credo di essere pronta" confessai confusa.
James, il suo nome riportato sull'etichetta del camice nero, accennò un timido sorriso imbarazzato.
"Allora ritornerai un giorno"
Pose molta speranza in quella frase facendomi ricredere. Forse in fondo una possibiltà per noi esisteva.
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Storm
Teen FictionDesy, originaria dell' Estonia, all'età di cinque anni si trasferisce in Canada con i genitori e il fratello maggiore Diego. Da quel maledetto trasferimento non ce'è niente la possa rendesse felice perché forse proprio sotto quella corazza, quell'od...