CAPITOLO 3 - Targata a fuoco
Appena la porta della camera sbatté sprofondai tra i cuscini. Strizzai gli occhi due o tre volte, per realizzare ciò che Fabrizio mi aveva appena detto. Da quel momento ero un'ancella e dovevo lavorare nella casa del mio padrone. Se non fossi riuscita a svolgere bene il mio compito, o se loro avessero sospettato qualcosa sul mio conto, mi avrebbero uccisa. E non per finta, perchè questa volta mi trovavo nella tana del lupo. Decisi di godermi quei giorni di riposo, perchè sapevo che da ora in poi avrei dovuto dire addio a tutti gli agi di cui avevo potuto disporre fino a poco tempo prima. La mia vita era cambiata e ne iniziavo una di lavoro, soltanto lavoro.
Avrei dovuto imparare molte cose, non ero quasi buona a fare nulla: non sapevo cucinare, lavare i vestiti... e che altro? Non lo sapevo, e francamente non volevo saperlo. Io ero una principessa greca, il mio compito non era stato quello di apprendere i lavori manuali, ma di studiare e imparare l'etichetta. Inoltre, mia madre, di origine macedone, era convinta che, sebbene la cultura greca fosse superiore alle altre, una principessa doveva conoscere anche le lingue di altri popoli e saperle parlare. Mi misi un braccio davanti agli occhi, che mi si velarono di lacrime ma ad un tratto me le detersi dagli occhi con furia: mi sarei adattata, qualcosa per rimanere in vita l'avrei fatto. Non volevo morire, forse per codardia o forse no, ma ci tenevo alla mia vita e avrei combattuto. Oh, se l'avrei fatto e un giorno sarei riuscita ad avere di nuovo una vita normale. Non sarebbe stato facile, ma non mi sarei mai data per vinta. Magari non da principessa, non immersa nel lusso, ma una vita da persona libera, che ora mi era stata preclusa, l'avrei ottenuta di nuovo
Nel tardo pomeriggio, chiusa nella stanza di Fabrizio, non riuscivo a non chiedermi il motivo del suo gesto. Mi aveva aiutata senza esitare, io, che ormai ero solo una serva. Mi aveva portata nella sua stanza, invece di farmi andare negli alloggi della servitù, solo per assicurarsi che mi rimettessi in sesto al più presto e al meglio. Mi restava oscura la ragione per la quale lui aveva fatto tutto questo per me, se non il fatto che riteneva davvero importanti le informazioni che possedevo. Ma in realtà, quanto poteva essere importante ciò che sapeva una così detta schiava?
Mi venne un dubbio: forse lui aveva scoperto la mia vera identità? Non poteva essere possibile, a quel punto cosa l'avrebbe trattenuto dal... torturarmi per estorcermi informazioni? O dall'uccidermi? No, Fabrizio non poteva e nondoveva conoscere la mia vera identità, altrimenti sarebbe stato un disastro.
Il poco che restava del pomeriggio lo trascorsi ad escogitare piani: ormai che ero nella casa di un Senatore, non avrei più avuto alcuna possibilità di fuga, me lo sentivo. In più mi trovavo a Roma, una delle più grandi città del mondo conosciuto e non sapevo nemmeno come fosse fatta. L'unica soluzione era quella di essere una brava schiava, di servire il mio padrone con devozione e solo allora forse sarei riuscita ad ottenere la libertà. Avrei dovuto mentire fingendomi ignorante, avrei sempre dovuto chinare la testa ed ubbidire agli ordini. Questo era il contrario di come ero: ribelle, combattiva, orgogliosa, intelligente arguta ed istruita.
Non sarebbe stato facile, non con l'indole che avevo...
Non riuscii a concludere il pensiero che Fabrizio entrò nella stanza. Sussultai, perchè non bussò ma aprì la porta all'improvviso, proprio mentre ero assorta nei miei pensieri.
-Buona sera- mi disse, in tono neutro.
Risposi con un sorriso appena accennato. Cosa altro avrei dovuto dire?
-Come ti senti questa sera?- mi chiese, questa volta con un tono più interessato.
Evitai accuratamente il suo sguardo e poi risposi, titubante
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Ex scintilla incendium oriri potest
Romance210 a.C, Aurora, principessa Greca, dopo che la sua città è stata saccheggiata dai Romani, viene rapita da questi e scambiata per una ancella. Tra i Romani c'è Fabrizio, un generale che mostra da subito un certo interesse per Aurora. La ragazza deci...