Capitolo 10 - Storie

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CAPITOLO 10 - Storie

Mi svegliai, seduta a terra con la schiena appoggiata al muro, irrigidita e dolorante in ogni parte del corpo. Di certo dormire per ore appoggiata ad una parete non poteva essere salutare per la mia schiena, già stancata dalle ore di lavoro. Alzai le braccia in alto e mi stirai un poco, solo in quel momento ricordai cosa fosse successo la notte precedente. Arrossii di colpo, al pensiero che avevo passato una notte intera insieme a Fabrizio. Per la precisione, avevo riposato con la testa appoggiata alla sua spalla: potevo ricordarlo bene soprattutto a causa del leggero dolore che provavo alla guancia sinistra. In quel momento, tuttavia, non c'era traccia ne di lui ne del suo cavallo nero, Atlas, e dedussi che mi aveva lasciata sola poiché doveva svolgere delle commissioni importanti. Pensai che non avrei più potuto guardare in faccia il Generale, dopo ciò che era accaduto... cosa avrebbe detto mia madre, se fosse stata ancora in vita, se avesse saputo che avevo dormito una notte intera con un romano, sebbene non fossimo ancora sposati?

Esco dalla mia camera da letto, in punta di piedi. Le ancelle mi hanno lavato e ripulito, i miei capelli splendono di un nero lucente e la mia pelle odora di oli profumati. Stiamo aspettando ospiti e la mamma ha voluto che sia io che le mie sorelle apparissimo belle ed eleganti, come si addice a delle principesse. Chiudo piano piano la porta alle mie spalle e cammino scalza lungo i corridoi dell'immenso palazzo. È passato mezzogiorno e ho molta fame, ma gli ospiti tardano ad arrivare. Sono piccola, nessuno mi vede, così arrivo senza essere fermata alle cucine, dove i cuochi stanno allestendo un pasto ricco e succulento. Carne, pane bianco, frutta e verdura ornano i tavoli di legno delle cucine. Devo infilarmi sotto un tavolo, così che le tovaglie lunghe possano coprire la mia piccola figura, ma la distanza con la porta è quasi incolmabile: mi vedranno tutti mentre attraverso la stanza e mi cacceranno via. Non potrò più placare la mia fame. Ad un tratto passa un'ancella e mi nascondo dietro la sua veste: sono tutti affaccendati e preoccupati di fare bella figura con la regina, che altrimenti li farà frustare, tanto che nessuno si accorge di me. Riesco a rifugiarmi sotto un tavolo e allungo una mano per prendere qualche vivanda e mangiarla tranquillamente: non faccio molto caso a ciò che hanno afferrato le mie piccole mani di bambina e porto tutto sotto il tavolo. Ho preso un grosso, succulento pezzo di carne. Lo finisco in men che non si dica e ne prendo subito un altro, ma non penso che i cuochi se ne possano accorgere. Mi sto leccando le dita molto soddisfatta quando un'ancella alza la tovaglia e urla:

-A ladro! La principessina ha rubato dei pezzi di carne destinati al pranzo!- e mi prende per una gamba trascinandomi in mezzo alla stanza, davanti a tutti. Mi guardo intorno con sguardo colpevole, la bocca, le mani e il vestito pulito, unti

-Chiamate subito la regina! Potrebbe adirarsi con qualcuno di noi se non venisse a conoscenza della verità!- urla di nuovo quella stessa ancella che mi ha visto, in maniera quai isterica, muovendo le braccia in irrazionalmente. Mia madre arriva velocemente e mi guarda in maniera severa, mi prende per un orecchio e mi fa alzare in piedi, trascinandomi.

Inizio a piangere per il dolore, ma riluttante la seguo. Mi porta nei suoi alloggi e appena siamo sole mi da uno schiaffo. Continuo a piangere disperatamente e mia madre si abbassa alla mia altezza e mi scuote le spalle.

-Le principesse non piangono per ogni cosa!- esclama indignata. Mi guarda truce, poi continua -Il decoro, Penelope, deve essere la prima cosa a cui pensi, in ogni istante della tua vita. Prima di compiere qualsiasi azione, devi riflettere su come questa influirà sul giudizio che hanno le persone di te e sulla tua dignità. Per punizione oggi non mangerai per tutto il giorno. Guarda, ti sei anche sporcata il vestito pulito...-

Quella era stata la prima volta che mia madre mi aveva impartito quell'insegnamento e da allora non l'avevo più scordato. Quel giorno si era adirata moltissimo e ciò si notava dal fatto che mi aveva chiamata con il mio vero nome: Penelope. "Aurora" era soltanto un soprannome che mio fratello mi aveva dato poco dopo che fossi nata.

Ex scintilla incendium oriri potestDove le storie prendono vita. Scoprilo ora