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Erano passati tre giorni, e la ferita gli bruciava terribilmente, quasi più di quando il ferro rovente era stato poggiato. Sedersi era impossibile, la pelle si tirava troppo, anche gli altri movimenti erano difficili, era quel tipo di dolore che faceva lacrimare involontariamente. Stavolta non c'era nessun unguento che lo avrebbe aiutato a guarire prima, ci doveva pensare solo il tempo, anche se non ne sarebbe mai passato abbastanza per cancellarlo. Non aveva avuto il coraggio neppure di toccarlo, inizialmente non si vedeva neppure dato che era tutto coperto dal sangue, ma una volta pulito riuscì a vedere bene, era un simbolo semplice ma ben riconoscibile, un quadrato con dentro una "G", sapeva proprio di Gerard, era inconfondibilmente suo. Non era grandissimo, ma visibile. Si sentiva addosso la puzza di bruciato, odore di paura, non voleva confessare questa storia, ma fu costretto a chiedere aiuto, ed Ennio era la persona giusta. L'amico lo aiutò mettendo sopra delle strane erbe che Frank non conosceva, era molto imbarazzato, quello era un punto delicato, che un amico non avrebbe mai dovuto vedere, ma si fece forza. 

In questo breve tempo passato al servizio del tribuno, aveva imparato una cosa: non stare mai tranquillo, se lo ripeteva in testa ogni giorno. Non riusciva a rilassarsi veramente, era in preda all'ansia, si mise a pensare che quelle potessero essere delle prove alle quali gli dei lo sottoponevano per testare la sua forza mentale oppure era solo Giunone che stava sfogando la sua rabbia per Giove, o magari solo il destino che lo voleva morto al più presto, non sapeva davvero cosa pensare. Per tutta la vita non aveva mai provato questo brivido, questa inquietudine, come se fosse costantemente su di un precipizio, non che fare lo schiavo fosse semplice, ma se eseguivi gli ordini, potevi vivere serenamente, sempre se il tuo padrone non era Gerard Way. 

«Oggi usciamo, schiavo» esordì il tribuno sorridente. 
Il cuore di Frank mancò di un battito e la ferita si mise a pulsare. 
«Tranquillo, voglio solo vedere uno spettacolo, niente di che» disse come se gli avesse letto nel pensiero. 
«Va be... Ne» rispose cercando di respirare. 
«Noto che il mio regalino ti ha fatto bene, mi provoca un grande piacere vederti così» sorrise vincente avvicinandosi. 
«Dovresti spogliarti più spesso» sussurrò al suo orecchio. 
Un brivido percorse la sua schiena. 
Lasciando si cominciò ad incamminare, il padrone camminava sempre un pò più avanti, quasi a voler dimostrare la sua superiorità. 
Lo schiavo non sapeva a quale spettacolo si riferisse, ma sapeva che ai romani piaceva molto vedere combattimenti, giochi o spettacoli teatrali, ma per il tribuno non valevano regole convenzionali, con "spettacolo" poteva intendere qualsiasi cosa. 

Da lontano vide un'imponente struttura, era enorme, non sembrava quasi reale, c'era un sacco di gente intorno, erano abbastanza lontani, ma quell'opera sembrava vicinissima, era suddivisa in piani e per ognuno c'erano di grandi archi, man mano che si avvicinavano i piani aumentavano sotto i loro sguardi, quello era nulla in confronto agli anfiteatri che ricordava da bambino, questo tipo di strutture erano di stampo greco, durante la sua infanzia andava spesso con sua madre, seguiva sempre con attenzione, solitamente c'erano commedie, ma a lui piacevano le tragedie, era rapito dalle storie e dai personaggi, gli piaceva come si muovevano gli attori, il fatto che stessero con le maschere, nonostante fosse bambino si sforzava sempre di capire e adorava chiedere a sua madre da dove fossero tratte quelle storie. Quelli erano alcuni dei pochi ricordi felici, sorrise amaramente guardando in basso. 
Alzò lo sguardo e si concentrò sull'alto, due lunghe aste di legno superavano l'altezza delle grandi mura. Era veramente estasiato da quella visione. 
«E' meraviglioso» disse per lo stupore. 
«E' questo l'effetto che fa il Colosseo visto per la prima volta» rise Gerard. 
Era la prima volta che lo sentiva ridere, in quel lasso di tempo non gli era mai capitato, solo risate di compiacimento o sorrisi maliziosi. La sua risata era la cosa più melodiosa che avesse mai sentito, aveva un qualcosa di dolce, di spensierato, totalmente opposta al tribuno stesso. Gli piaceva quel suono, rise anche lui, sperò di poterlo sentire ancora. Senza accorgersene arrossì, ma Gerard fortunatamente non ci fece caso. 
«Cosa sono quei pali lì?» chiese indicando verso l'alto. 
«Sono alberi, assisterai ad uno spettacolo molto speciale, non viene fatto spesso, i primi due piani sono stati chiusi e riempiti di acqua, vedrai combattere due navi» spiegò. 
«Non immaginavo...»
«Già, un'invenzione romana, stai per assistere ad una naumachia»
«Geniale» non potè trattenersi dall'elogiare quell'opera d'arte, l'antipatia che provava per i romani era svanita per un pò. 
Continuarono a camminare fino ad arrivare all'ingresso principale, Gerard entrò senza esitazione, Frank fece per seguirlo ma lo bloccò toccandogli una spalla e lo schiavo tremò. 
«Tu starai più in alto, con i plebei, io andrò più in basso, ci vedremo dopo, dovrai aspettare che tutta l'arena sia pulita, per poi scendere ed aspettarmi, devo fare delle cose» senza che Frank  potesse aggiungere qualcosa, il tribuno continuò per la sua strada. 
Frank si ritrovò con la parte di popolo che più gli apparteneva, camminare in mezzo a loro, aveva quasi un sapore di libertà. Sentire tutte quelle voci, vedere gente semplice, che viveva con poco, quelli erano i veri romani secondo lui. Non ricchi e potenti, ma contadini e artigiani che lavoravano duramente per mantenere le proprie famiglie. In fondo era stata fondata così Roma, da contadini, che come unica ricchezza avevano le loro forze e le loro anime, era questo che aveva reso la città grande, non certamente un imperatore psicopatico che voleva vedere solo sangue e oro. 

We'll go down in historyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora