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Decise di tenere quell'informazione per sé, non era sicuro di ciò che aveva visto, sapeva leggere da così poco tempo che non voleva rischiare di raccontare cose che magari non esistevano, e poi il tribuno era impegnato per lo stato di emergenza in cui si trovava l'impero che non avrebbe avuto certamente il tempo di pensare ad una cosa del genere che poteva essere soltanto un errore, magari si sarebbe anche irritato per la perdita di tempo. Nascose quella pergamena sotto la brandina dove dormiva, l'avrebbe tenuta al sicuro almeno.

In quei giorni si stava crogiolando nel dolore, la sua unica distrazione erano le poche parole scambiate con le ancelle, la sua tenda personale era diventata quella della famiglia Way, per cui Mikey, Donna e le ragazze dormivano e stavano lì. Ma tutti i pensieri erano ai suoi amici, era come se sentisse le loro urla straziati tra le fiamme, quel calore così forte logorare la pelle e i polmoni piano piano chiudersi completamente. Non avrebbe mai pensato che sarebbero morti così tutti insieme. Cercava di trattenere le lacrime come poteva portando una maschera di giorno e togliendola di notte, nell'oscurità non riusciva a fingere di stare bene, che tutto fosse come prima. Si sfogava piangendo in silenzio, soffocando le lacrime stringendo i denti e strizzando gli occhi consumati dal dolore, non voleva assolutamente che qualcuno lo sentisse. Gli mancavano, terribilmente, gli mancava tutta la quotidianità che si erano costruiti giorno per giorno, le chiacchiere, le lamentele per la fatica, i racconti e le battute, tutto. Si chiedeva cosa sarebbe successo dopo, quando sarebbe dovuto andare via da quella tenda dove sembrava che il mondo si fosse fermato e che fuori non ci fosse altro.
Gli mancava anche il suo Gerard, lo aveva visto pochissimo, avrebbe voluto abbracciarlo, baciarlo, sentire il suo dolce peso, sentirsi protetto, ma non potevamo stare insieme, la presenza del tribuno era molto più importante fuori, lo schiavo lo capì molto bene e con un po' di amarezza accettò di dover gestire il dolore da solo, come aveva sempre fatto.
Di positivo c'era che le sue ferite erano guarite, la mano andava molto meglio, gli avevano tolto la fasciatura, ormai c'erano solo delle crosticine superficiali che sarebbero cadute da lì a poco, ogni tanto fregava le dita su quella pelle ruvida, come per ricordarsi cosa aveva passato e quanto fosse stato fortunato a sopravvivere, tante persone erano morte in quelle maledette fiamme.
Lo sconforto lo fece alzare nel cuore della notte, per quanto non volesse ammetterlo, non riusciva a stare fermo, aveva bisogno di aria, la sua mente era ormai satura di sofferenze.
Tutti dormivano e a giudicare dal pesante russare dei Way, anche profondamente.
«Deo gratias» sussurrò a fior di labbra, pensando che fortunatamente Gerard non aveva ereditato questa cosa dalla madre, come il fratello.
Aveva le gambe intorpidite, quasi non lo ressero appena si spostò dalla branda, erano addormentate. Sentiva un fastidioso formicolio, ma subito si placò quando i suoi occhi, pochi passi dopo, furono distratti dallo spettacolo che si trovava oltre le mura fatte di stoffa.
La luna piena brillava bianca nel cielo scuro, non c'era l'ombra di una nuvola, tutto era etereo, sembrava di stare sull'Olimpo, quella luce meravigliosa gli colpì il viso e lo fece sorridere, il primo sorriso dopo la tragedia. Chiuse gli occhi godendosi l'aria pulita e fresca, aveva avuto nelle narici la puzza di fumo per giorni interi, probabilmente era la suggestione della sua mente, ma sentiva quel tanfo insopportabile attaccato alla pelle che non voleva andare via.
Guardò in basso, c'erano tante altre tende esattamente come la sua, tutte avvolte nel dolce silenzio e nella luce lunare. Per un attimo gli sembrò di ritrovarsi in Grecia, quando nel suo piccolo villaggio la notte si poteva sentire solo il rumore del vento, a Roma non c'era mai silenzio, c'era sempre qualcuno in giro pronto a fare festa e bere, non c'era posto per la tranquillità nemmeno di notte, per le strade sempre qualcuno e non sempre gente raccomandabile, ma adesso era diverso, quella quiete era di lutto, eppure era bella, piacevole da ammirare.
Gli sarebbe piaciuto fare un giro, ma aveva troppa paura di ritrovarsi a vedere la miseria della povera gente, non avrebbe retto altro dolore, le campagne erano state le più colpite, le capanne erano state inghiottite dalle fiamme lasciando solo cenere e morte. Avevano perso tutto, figli, madri, padri, fratelli, casa, risparmi, cibo, completamente tutto.
Frank sospirò triste continuando a guardare quel cerchio infinito.

Improvvisamente si sentì toccare la spalla, saltò sul posto, stava quasi per urlare.
Era così assorto che non aveva sentito il rumore di passi.
Per un attimo pensò che qualcuno volesse rimproverarlo di essere uscito.
«Shh stupido, vuoi forse svegliare tutti?» gli sussurrò Gerard tappandogli la bocca con la mano e avvicinandosi al suo viso.
Il suo cuore cominciò a battere all'impazzata, quella fantastica voce che lo insultava era la sua felicità.
Lo schiavo annuì e fece per parlare far capire al tribuno che poteva lasciarlo, ma lui non lo fece, sostituì semplicemente la mano con la sua bocca. I muscoli del piccolo si rilassarono e si abbandonarono a quella sensazione, tra uno schiocco e l'altro sospirarono, si erano decisamente mancati a vicenda. Frank portò la mano buona tra i capelli del tribuno, lasciando quella malata penzolare, mentre Gerard lo tirò a sé in modo da sentirlo più vicino, quando quel bacio si fece bisognoso si qualcosa di più, il tribuno si staccò, facendo fare all'altro un mugolio di frustrazione.
«Non fare quella faccia, non è il momento» disse a bassa voce ridendo leggermente.
«Mi sei mancato...».
«Quanto romanticismo Frankie».
Ci fu una piccola pausa, come se Gerard avesse voluto dire altro, ma fosse interdetto.
«Però... anche tu...» sussurrò riprendendolo a baciare, questa volta più dolcemente.
Rimase inizialmente male per quelle parole, ma il seguito gli fece esplodere il cuore.
Non sapeva bene come comportarsi dopo ciò che era successo la notte dell'incendio, non avevano avuto occasione di parlarne, ma sapeva che qualcosa era cambiato, il tribuno si era aperto esprimendo i suoi sentimenti, non sapeva se tra loro ci fosse ancora solo attrazione fisica o altro, forse aveva esagerato dicendogli che gli era mancato, ma fu così vero e spontaneo dirlo guardandolo negli occhi, che Gerard non poté fare altro che essere altrettanto onesto.
Certamente non si aspettava di ricevere una proposta di matrimonio, frasi dolci o altro, sapeva che il padrone non avrebbe smesso di essere arrogante e superiore, ma quelle semplici parole gli bastarono per essere felice.
«Ero venuto per dirti una cosa» si staccò il maggiore.
«Domani si parte, andremo nella nostra villa di Capri, non possiamo stare qui, tu e Mikey verrete con me e tu dovrai assisterlo».
Frank era ancora imbambolato dalla presenza del tribuno, ma nell'udire il nome del fratello sgranò gli occhi uscendo dal suo stato di trance.
«Perché proprio io? Mi sento a disagio con lui per...» disse non riuscendo a trovare le parole giuste.
«Perché ti scopi suo fratello?» rispose divertito Gerard.
«No!» divenne tutto rosso.
«Per... tu sai cosa... come posso guardalo in faccia dopo quello che gli ho fatto? Non c'è tua madre che si può occupare di lui?».
«Mia madre andrà da mia zia in Calabria, e poi preferisci forse metterti a remare?» chiese alzando un sopracciglio.
«Ehm... non proprio».
«Bene allora preparati mentalmente dolcezza perché o questo o niente» disse Gerard soddisfatto tirandogli una pacca sul sedere e cominciando ad andare via.
Non si smentisce mai.


L'acqua era illuminata dalla forte luce di mezzogiorno, si creavano come dei disegni sulla superficie piatta, e si stava concentrando su come venissero deformati dai remi che spuntavano dal legno sotto di lui, la stava osservando da un tempo imprecisato e il tutto gli ricordava Ennio, di quella volta che gli raccontò la prima volta che aveva visto il mare, era un bambino, un po' più piccolo di Frank quando fu deportato, non pensava che potesse esistere qualcosa di così bello, capì perché Nettuno lo aveva scelto come suo regno. Il piccolo Ennio non aveva mai visto niente di così infinito e meraviglioso, non avrebbe mai immaginato che quello specchio azzurro potesse essere l'inizio della sua condanna, infatti era solamente il passaggio per arrivare a Roma, cosa che invece Frank si aspettava, aveva già capito che le cose non sarebbero andate bene, immaginava che dietro quell'apparente bellezza ci doveva essere qualcosa di cattivo, ma a distanza di anni si rese conto che non era stata poi colpa del mare se si era ritrovato schiavo.
La voce di Gerard spezzò quel momento malinconico, non capì cosa disse, ma scattò sul posto, si era completamente dimenticato di essere uscito per recuperare un po' di acqua salata da mettere sulle gambe di Mikey, probabilmente ci aveva messo di più del dovuto.
Velocemente andò verso la cabina poco distante.
«Tutto bene?» chiese stranito il biondo mentre lo schiavo entrava.
«Sì... scusate il, ehm... ritardo».
La presenza del minore dei Way lo metteva sempre a disagio, non poteva dimenticare come il pugnale scorresse tra la sua carne, di come il sangue scivolasse e delle ricerche di aiuto nel nome di Gerard. Si sentiva ancora in colpa e poi in quel momento con entrambi vicino, il disagio era doppio. Temeva la lingua di Gerard che quando non si trovava sul corpo, poteva essere molto pericolosa sputando le peggiori cose per puro divertimento.
«La stavi forse fabbricando?» chiese il tribuno ridendo.
Gli occhi color nocciola implorarono pietà verso quelli verdi, sperava che almeno in quella circostanza Gerard non lo mettesse in imbarazzo, ma evidentemente ci provava gusto a farlo apparire ancora più imbranato di quanto non fosse.
Avvicinandosi al letto con la tinozza piena, staccò delicatamente le bende dalle gambe di Mikey per poi immergerle nell'acqua cristallina, strizzarle e rimetterle in posizione, il tutto, cercando di nascondere il suo tremore.
«Ora che siete qui entrambi posso dirvi dove stiamo andando» disse il tribuno senza smettere di sorridere.
La mani di Frank si bloccarono subito dallo spavento, era un fascio di nervi, anche Mikey sembrò trattenere il respiro, la domanda che c'era nelle loro testa era la stessa.
Cosa aveva Gerard stavolta in quella mente malata?
«Ti senti bene fratello? Non è che le fiamme ti hanno dato alla testa?» chiese sconcertato.
«Mai stato meglio Michael».
Queste parole fecero solo aumentare la preoccupazione di entrambi.
«Andiamo a Baia, questioni importanti, ci ospiterà un mio amico» continuò il maggiore.
«E perché non lo hai detto subito Gee? Non è che ci saremmo ribellati o cose del genere!» esclamò il minore scuotendo la testa e portandosi le mani sulle tempie rassegnato.
Nonostante conoscesse il fratello da tutta la vita, non riusciva mai ad abituarsi alla sua imprevedibilità.
Frank fu leggermente sollevato, pensava che gli fosse venuta qualche altra idea sanguinaria o perversa.
«Non volevo rischiare che sfuggisse... soprattutto con la mamma... e poi come potevo perdere questa occasione per vedere la tua faccia in questo momento!» il tribuno rise di gusto.
Mikey rivolse uno sguardo contrariato allo schiavo.
«Non pensavo che lo avrei mai detto, ma mi dispiace per te che sei il suo schiavo».
«Non è poi così male...» ebbe il coraggio di dire sentendo subito le guance bruciare.


Gerard aveva esagerato con tutti quei bagagli, neanche una donna avrebbe portato tutta quella roba! Nonostante avesse fatto inizialmente lui un baule, il maggiore aveva provveduto ad aggiungerne altri due. Con fatica riusciva a portarne uno, ma era sicuro che tre messi in colonna lo avrebbero superato in altezza. Sospirò, sperava di non dover camminare molto, anche perché il tribuno proseguiva a passo spedito facendo strada e stargli dietro era difficile, era quasi il tramonto e voleva arrivare prima che facesse buio. Continuando a camminare la vide.
Quella villa rappresentava la definizione di bellezza praticamente, sembrava plasmata da Venere, Frank ne rimase folgorato, era enorme ed attaccata alla spiaggia, questo la rendeva ancora più bella per quell'immenso sfondo blu e arancione che aveva intorno. Dopo quattro giorni di viaggio non pensava che le sue pupille stanche potessero ammirare una cosa del genere. Quando furono sull'uscio uscì un uomo alto e di bell'aspetto che li stava aspettando con un sorriso.
«Gerard! Finalmente, da quanto tempo amico mio» disse l'uomo gettandosi tra le braccia dell'altro.
«Calpurnio! Sono così felice di vederti!» rispose ricambiando l'abbraccio.
«Ero molto preoccupato per la tua vita, per fortuna che stai bene!».
«Sai che riesco sempre a cavarmela in un modo o nell'altro» ridacchiò il tribuno allontanandosi.
Lo schiavo si ritrovò a pensare che quel tizio era davvero bello e che Gerard non era particolarmente espansivo, e vederlo mentre abbracciava qualcuno con così tanta foga gli fece salire una fitta dallo stomaco.
Scacciò quel pensiero, probabilmente era l'astinenza a pensare al suo posto. Durante il viaggio non avevano fatto nulla, nulla.Frank doveva restare attaccato a Mikey e Gerard era sempre in giro a controllare, era nervoso, tralasciando quel momento iniziale del viaggio in cui aveva rivelato la vera meta, non aveva trova un momento per rilassarsi, si comportava come se quelli che dovesse svolgere non fossero semplici affari da nulla, ma molto di più.
«Michael quanto sei cresciuto!» disse quel Calpurnio al minore che era scortato da due uomini che lo trasportavano in spalla su di una specie di poltrona.
«Mi dispiace per l'incidente, Gerard mi ha scritto dell'accaduto» continuò l'uomo dispiaciuto.
Lo schiavo sentì una fitta al cuore, avrebbe voluto gettare per terra tutti i bagagli e scappare via, dentro il mare e sparire.
«Adesso va molto meglio, grazie» rispose cordialmente.
Spesso si chiedeva se Michael provasse rancore o rabbia nei confronti di colui che gli aveva fatto quel torto e se avesse dei sospetti, nonostante Gerard gli aveva garantito che non gli sarebbe successo nulla, ma aveva comunque paura.

Quella casa all'interno era ancora più bella, le decorazioni erano infinite, per non parlare delle statue e dei mobili pregiati, c'era una grande eleganza in ogni minimo particolare, quella famiglia doveva essere molto raffinata e potente, Frank riuscì a vedere il grande stemma nel soggiorno, c'era scritto "PISONE" lì ricondusse il cognome, sentiva ogni tanto Nerone pronunciarlo lamentandosi dell'impertinenza di quelli e di come volessero surclassarlo, erano una delle famiglie senatorie più ricche e influenti, gli affari che Gerard aveva da sbrigare erano sicuramente più che seri. Calpurnio incaricò gli schiavi di sistemarli nella villa e li accompagnò personalmente, i fratelli furono portati in due stanze personali e Frank non sapeva da che parte andare, ci pensò Gerard a chiarire le cose dicendo che Mikey sarebbe stato più che felice se fosse stata qualche bella ancella ad occuparsi di lui, scatenando ovviamente il sorriso complice dell'amico Pisone.
Lo schiavo fu felice di tornare dal vecchio padrone ma scosso da quella fratellanza che sembrava legare i due amici.

Una volta che si ritrovarono soli Gerard si scagliò su di lui, non gli diede il tempo neanche di posare i bagagli che lo addossò al muro baciandolo dappertutto.
Lo schiavo sorrise tra sé, quei corpi non potevano stare lontani per troppo tempo.
Dopo neanche dieci minuti l'erezione del più piccolo stava crescendo, come quella del padrone d'altronde, ma il maggiore si staccò, Frank sperò che fosse per fare finalmente qualcosa, ma invece si avviò verso l'uscita.
«Avremo tempo piccolo, ora andiamo per la cena».
Sospirò, quanto avrebbe dovuto aspettare ancora?

Frank passò gran parte del banchetto ad osservare Gerard parlare con il suo amico, non faceva altro che confabulare e non capiva a proposito di cosa, non si vedevano da tempo ed era giusto che parlassero, ma c'era proprio questa necessità che stessero così appiccicati?
Rischiò parecchie volte di buttare per terra il vino che serviva alle persone, sembrava che parecchi fossero ospiti dei Pisone in quei giorni.

Quando fu il momento di tornare nelle proprie stanze, il tribuno fece segno allo schiavo di andare e che lo avrebbe raggiunto dopo.
Era buio pesto e non riusciva a dormire senza sentire il calore del suo Gerard vicino, ancora non era tornato e questo gli fece ribollire il sangue nelle vene. La sua mente insonne cominciò a vagare immaginandosi il letto di Calpurnio occupato da entrambi. L'inquietudine lo portò a girarsi e rigirarsi incessantemente con gli occhi che bruciavano.
Ad un certo punto decise che quello era troppo, non si era mosso per niente da quella stanza, una sbirciata fuori avrebbe potuto darla, c'era sempre la scusa del bagno disponibile.
Si mise la tunica che si era bellamente levato per fare un piccola sorpresina al padrone e con passo felpato uscì fuori. Il soggiorno era illuminato dalla luce fioca della luna e da qualche candela, fu felice di vedere che non c'era nessuno, ma questo non gli rese il passo più sicuro, sentiva delle parole, ma non capiva da dove provenissero, tutte le stanze erano chiuse, sotto nessuna c'era la luce, questo lo fece preoccupare. Alla ceca seguì quei suoni, sembravano venire dal muro. Furtivamente si appiccicò ad esso con l'orecchio puntato, si sentì come un ladro, ma ormai era questione di capire se fosse impazzito e sentisse voci nella sua testa o se il tutto fosse reale.
Sentiva parole ovattare accompagnate poi da un suono di serratura, immediatamente si spostò nascondendosi dietro una colonna lì vicino, immaginò che sarebbe uscito qualcuno da una stanza. Una forte luce irradiò la stanza e il piccolo pregò tutti gli dei che non lo vedessero. Con la coda dell'occhio sbirciò e vide due uomini uscire da una porta, ma non da una normale porta, bensì da un buco nel muro, non era alto più di un metro, e infatti i due si abbassarono per uscire, non avrebbe mai pensato che ci potesse essere una stanza nascosta, gli affreschi camuffavano perfettamente i contorni di quella porticina.
«Non troveremo mai le prove sufficienti per incolpare Nerone» bisbigliò sotto voce uno dei due.
«Concordo amico».
In quel momento in cui l'apertura fu spalancata udì perfettamente la voce del tribuno senza però riuscire a capire bene, almeno aveva la certezza che si trovasse lì.
Quando finalmente fu al sicuro, Frank saltò fuori e corse verso la sua stanza, si chiuse la porta dietro senza neanche respirare, quello che aveva sentito gli era stato sufficiente a preoccuparsi, mettersi contro Nerone era pericoloso, era un tiranno psicopatico e potente, si mise subito in agitazione, non poteva portare a nulla di buono.
Dopo tutte quelle emozioni aveva bisogno di dormire, si strofinò le palpebre, stanco, ma proprio mentre stava per cadere a peso morto sul letto, come un flashback gli venne in mente una cosa, senza pensarci si gettò a terra per prendere baule che era stato riposto sotto il letto, le mani gli tremavano e aveva il fiatone per l'agitazione. Lo tirò fuori facendo un rumore assurdo, in quel momento non gli importava di svegliare qualcuno, quello che stava cercando aveva un prezzo molto più caro. Pressando le mani sul lato della stoffa interna tirò fuori il papiro ripiegato su se stesso con cura, lo alzò fino ad averlo all'altezza degli occhi.

Forse una prova c'era.

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