Nei giorni successivi il senso di colpa lo travolse, ma a consolarlo ci fu il ricordo di ciò che era successo con Gerard, le sue labbra, le sue braccia, il suo calore, gli mancavano terribilmente, ogni volta che il suo istinto gli diceva di andare da lui, di toccarlo o di baciarlo, si bloccava, gli ritornava in mente quel sangue e pensava che tutto ciò fosse sbagliato. Come poteva lui sentirsi felice dopo aver causato tanto dolore ad un altro?
Il tribuno gli era sembrato tranquillo, era sicuro del suo piano e del suo effetto, cominciò a notare un po' di preoccupazione quando, dopo che il medico perito aveva visitato Mikey, non era arrivato ancora nessun decreto ufficiale, Gerard cercava di non pensare alla pazzia di Nerone, era impossibile che facesse partire il fratello in quello stato, non ci voleva certamente un medico per capirlo! Eppure più il tempo passava e più aveva paura che ci fosse una nave pronta a partire e a portargli via Mikey. Passava tutto il tempo al fianco del fratellino o in camera sua a leggere chissà cosa, costantemente a casa.
In tutto questo tra loro non successe più nulla, c'era troppa tensione e non di quella giusta. Frank era un po' deluso, non si aspettava di essere entrato nelle grazie del padrone, ma neanche di non ricevere nessuna battuta o allusione da parte sua, forse non era stato bravo, era solo un verginello e magari a Gerard piacevano quelli con esperienza. Si sentì stupido, era riuscito a fare l'ennesima pessima figura. Una magra consolazione era vivere nel ricordo, ma quel senso di volere ancora di più, lo tormentava.Gli animi si placarono dopo cinque interminabili giorni, quando finalmente arrivò quella lettera tanto attesa, allo schiavo il compito di consegnarla, con veemenza bussò alla porta chiusa e appena sentì una mezza risposta, entrò.
«Che c'è?» chiese leggermente irritato mentre leggeva seduto alla sua scrivania.
Lo schiavo non proferì parola, si avvicinò e alzò la pergamena all'altezza del suo naso, gli occhi del più grande si illuminarono. La srotolò con estrema velocità, famelico e subito lesse il suo contenuto, un sorriso compiaciuto comparve sul suo volto. Lo schiavo rimase lì in attesa, sapeva che il tribuno non lo avrebbe cacciato, in fondo, quella lettera riguardava anche lui.
Dopo un paio di minuti il tribuno lanciò la pergamena sul tavolo e si alzò per andare a dare notizie.
«Allora?» chiese Frank ansioso mentre l'altro stava per uscire.
«Hai fatto un buon lavoro, Michael non partirà e non ci sono sospettati per il momento»
«Stanno facendo indagini?» chiese ancora ansioso.
«Alcune, dovrò testimoniare perché sarà fatto un processo, ma niente di che» rispose pacato.
Il piccolo tirò un sospiro di sollievo, il suolo sotto i suoi piedi era ricomparso, aveva paura che qualcuno lo avesse visto o che il materiale raccolto lo avrebbe incastrato, ora invece, era nelle mani di Gerard, e sperava solo che non lo tradisse
«Prepara due sacchetti, devo mettere dei soldi, mi hanno chiesto una donazione, ci sono problemi nelle campagne o qualcosa del genere, lasciali sulla mia scrivania, me ne occuperò dopo» ordinò.
In quel momento Frank avrebbe voluto leggere quella lettera, per sapere più particolari, il tribuno era stato abbastanza vago. Si avvicinò all'imponente scrivania di marmo quando nessuno poteva vederlo, prese delicatamente la pergamena ancora un po' arricciata, la allargò e sforzò la vista. Riusciva a distinguere le lettere spesse, ma non riusciva comunque a capire, da piccolo aveva frequentato qualche lezione e gli avevano insegnato a leggere il greco, ma il latino era diverso, nonostante si somigliassero per alcuni aspetti, non era facile leggere quanto parlare in quella lingua. Sconfitto posò senza grazia quella pelle e andò a prendere quei sacchetti.«Schiavo, vieni qua» da quella chiamata, non sapeva cosa aspettarsi, la situazione era migliorata dopo quella lettera insieme alle condizioni di Mikey, Frank si sentiva meglio, almeno aveva evitato sofferenze ignote al povero ragazzo. Ma comunque non stava tranquillo, dopo questa cosa, aveva capito che poteva aspettarsi di tutto da Gerard, e che poteva fargli fare le cose senza che neanche se ne accorgesse.
«Tieni» disse il tribuno lanciandogli un sacchetto mentre era seduto alla solita scrivania, lo schiavo riuscì ad afferrarlo, ma non capì cose fosse e Gerard sembrò tornare a farsi i fatti suoi senza curarsi del gesto appena fatto.
«Che devo farci?» chiese stringendolo tra le mani.
«Sono tuoi, per la battaglia che hai vinto» spiegò senza staccare lo sguardo dal basso.
Lo schiavo slegò il nodo che lo teneva chiuso e con sua grande sorpresa ci trovò delle monete d'argento e d'oro, mise una mano dentro il sacchetto, incredulo, ne estrasse una e la strinse per convincersi che fosse vera.
«Sono davvero miei? Non è una bugia?»
«Quando un gladiatore vince, viene ricompensato, tu hai combattuto e hai vinto, e anche se sei uno schiavo, questo denaro è tuo, te lo sei guadagnato, ma ti consiglio di nasconderlo bene» disse serio il tribuno.
«Oh... grazie» disse arrossendo.
«Non devi ringraziarmi» rispose alzandosi dalla sedia e mettendosi di fronte.
«Devi prepararmi una borsa, dovrò partire per qualche giorno, non metterci troppa roba, non starò via per molto»
Lo schiavo annuì e fece per andarsene.
«Anzi... aspetta» si sentì dire mentre era di spalle.
Poteva percepire che l'ombra dietro di lui stava sorridendo, con una mano gli afferrò una spalla e con uno strattone lo spinse indietro verso il suo corpo che sembrava che lo stesse aspettando. Prese a baciargli il collo senza gentilezza, succhiando voracemente e mordendo di tanto in tanto.
Quello avrebbe lasciato dei bei segni, pensò Frank, ma non gli importava, era un prezzo accettabile da pagare pur di avere di nuovo le mani del tribuno addosso.
Lo fece girare e le loro bocche si scontrarono, era evidente che si erano mancate a vicenda, lo schiavo avrebbe voluto sorridere, ma si trattenne in tutti i modi e strinse il collo di Gerard. Era senza dubbio più sicuro dalla prima volta, tanto da scendere verso il suo fondoschiena, era una piccola libertà che decise di concedersi, mise le mani sotto le frange di cuoio e alla stoffa, per avere libero accesso a quella perfezione e con grande gioia scoprì che il tribuno non aveva niente sotto. Questo lo fece eccitare ancora di più, costringendolo ad avvicinarsi di più a lui, il grande lo lasciò fare, ma proprio mentre stava cominciando a far sfregare i loro bacini, lo fermò.
«Voglio vedere cosa sai fare» disse ansimante.
Senza esitazione tolse la pesante cintura e si sedette sul letto, sollevò il tessuto che era rimasto scoprendo la sua erezione, bastò solo uno sguardo per far capire a Frank le sue intenzioni.
Lo schiavo deglutì nervoso, non aveva mai fatto niente del genere, ma andò comunque davanti a lui, non poteva dirgli di no. Gli occhi brillanti del tribuno lo invitarono ad inginocchiarsi e lui lo fece. Si mise ad osservare il suo pene, si chiese come poteva entrare quell'enormità dentro la sua bocca. Vedendo la sua perplessità Gerard fece di nuovo scontrare le loro lingue, in un bacio che lo fece tremare e sbattere il petto sul suo membro.
«Non lo hai mai fatto, vero?» lo prese in giro.
Frank arrossì guardando in basso.
«Oh, non preoccuparti, ti insegnerò io» ammiccò baciandolo di nuovo.
Si sentì avvampare, non voleva essere sempre sottomesso dal suo padrone, voleva prendere il controllo, perché effettivamente in quella situazione sarebbe stato lui a monitorare il piacere di Gerard e avrebbe fatto a modo suo.
Con lentezza e senza staccarsi, prese a massaggiarlo, così piano che un gemito del tribuno gli arrivò in bocca. Gli aveva finalmente tolto quell'aria spavalda e di superiorità.
Si allontanò senza smettere di muovere la mano, e gli occhi di Gerard gli stavano ordinando di passare al livello successivo, ma lui non lo fece, fece solo maggiore pressione con le dita, in particolare sulla punta. Stavolta fu lui a sorridere soddisfatto.
«Frank se non ti muovi giuro su Giove che...»
«Cosa padrone?» disse beffardo per sottolineare che in quel momento era lui ad essere il padrone.
Non gli aveva fatto finire la frase perché aveva preso a sfregare il pollice sul glande facendo dei cerchi concentrici e provocandogli scosse di piacere e portandolo a chiudere gli occhi. Approfittò di quel momento di buio per sostituire il pollice con la punta della sua lingua, questo fece spalancare gli occhi di Gerard in un grido strozzato.
«Bastardo...» gemette il tribuno.
Prese a leccare quel punto così sensibile e quell'imprecazione lo portò ad andare avanti dandogli la certezza di star facendo bene.
Continuò così per un po', poi incerto, aprì bene la bocca, non poteva essere così difficile, giusto?
Infilò il pene dentro aiutandosi con la mano per tenerlo in posizione, era caldo e pulsante nella sua bocca una sensazione che si rivelò più piacevole del previsto, infatti anche lui sentì una scossa venire dalle sue parti basse, anch'esse calde e pulsanti.
Cominciò a muovere la testa su e giù, prima piano, giusto per continuare a torturarlo e poi più intensamente, stringendo e succhiando forte. Una mano del tribuno andò dietro la sua nuca e prese a stringergli i capelli, questo le fece gemere.
Frank aveva tenuto lo sguardo inchiodato al viso del più grande per tutto il tempo, non voleva perdersi nessuna delle sue espressioni, voleva godersi ogni singolo secondo e ogni minimo cambiamento. La mano di Gerard lo accompagnava e lo spingeva a fare di più, e così fece, si spinse verso il basso fino a far sfiorare la punta alla sua gola, era strano, non era abituato ad avere qualcosa premuto così infondo, ma sperava che questo sarebbe entrato nella sua routine.
Quando vide Gerard perdere leggermente l'equilibro verso dietro, capì che stava arrivando allo stremo, e prima di accorgersene lo fece venire. Il liquido appiccicoso e denso cosparse la sua bocca, indugiò un momento, come per decidere cosa fare, ma staccandosi da lui, ingoiò tutto.
Le sue labbra erano diventate rosse per lo sforzo, ci passò la lingua sopra per inumidirle e sentì delle gocce di pre-orgasmo scorrere lungo le sue cosce, gemette insoddisfatto, ma ci pensarono le mani del tribuno a farlo alzare.
«Non male» rise.
Prese a baciargli con lentezza l'erezione dal tessuto leggerlo della tunica.
«Dovrei vendicarmi lo sai?» disse malizioso soffiando sulla stoffa ormai bagnata.
«Ma lo farò un'altra volta»
Con una mano andò direttamente sulla sua lunghezza e senza neanche sollevare la tunica prese a masturbarlo.
L'improvviso piacere fece tremare e urlare piano Frank, dopo pochi secondi di quella foga, venne tra la sua mano e il tessuto, infondo quello che aveva fatto non era solo per il piacere di Gerard, ma anche per il suo. Quell'ultima frase lo terrorizzò e lo eccitò allo stesso tempo.Rigirò quel sacchetto sui palmi almeno un milione di volte, non faceva altro che pensare a quanto fosse fuori luogo, lì tra le sue mani. Aveva osservato a lungo quelle monete scintillanti alla fioca luce della sua lucerna, erano belle, in rilievo, era strano farci scorrere le dita sporche sopra, era così perfette e nuove che sembrava uno spreco. Non gli sarebbero mai servite, non ne aveva bisogno, non era mai stato avido, avrebbe preferito essere povero per sempre ma essere libero. Ma forse poteva sfruttare quel guadagno in un modo migliore.
«Come me li vuoi restituire?» chiese stranito il tribuno.
«Sì, a me non servono» spiegò pacato.
Gerard si alzò dal letto sospirando rassegnato.
«Non fare l'idiota, sono tuoi e basta» disse lievemente seccato.
«Allora faremo un baratto»
Gli occhi dello schiavo si illuminarono di speranza, voleva davvero che accettasse.
«Se pensi che ti permetterò di fare quello che vuoi quando scopiamo ti sbagli di grosso» esclamò cinico.
Solito Gerard.
«Non voglio quello!» ribatté Frank poggiando il denaro sulla scrivania e arrossendo leggermente.
«Voglio che mi insegni a leggere...»
Le sopracciglia di Gerard si aggrottarono perplesse.
«Come ti è venuta in mente questa cosa assurda? Sai che ci vuole tempo? Tempo che io non posso perdere»
«Ma io so già leggere il greco, non devi partire dalle basi, devi solo insegnarmi a mettere le parole dalla carta alla mente... ti prego...» lo stava supplicando, era disposto ad abbassarsi il più possibile pur di riuscirci.
«Solo per un'ora, se in un'ora non saprò ancora leggere non te lo chiederò più». Dopo queste parole il grande si convinse.
«Vieni a sederti qui» disse tirando dietro la sedia della scrivania.«E' questa frase che è troppo difficile!» sbuffò.
«Ma non è vero!» sospirò Gerard.
«Per favore fa scegliere me! Tu prendi le cose più complicate»
Gerard piegò la testa sulla sua spalla avvicinandosi, lo schiavo sentì il suo dolce respiro sopra e rabbrividì restando immobile.
«Avanti, gira tu» disse spazientito.
Cercando di concentrarsi, girò delicatamente quelle pagine morbide, si sforzava di capire i titoli e ci riusciva, ma nessuna poesia lo colpì inizialmente, poi verso la fine, ne trovò una adatta, lesse mentalmente le prime tre parole e senza alcun dubbio la scelse.«Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.»
Lesse con un po' di fatica, ma senza fermarsi e senza chiedere di poter ricominciare.
Gerard sorrise accanto a lui, anche Frank lo fece, ma il suo fu un sorriso amaro, quelle parole iniziali erano esattamente ciò che provava nei confronti del suo padrone e il poeta aveva ragione, tutto ciò era un tormento.La poesia latina che avete letto è il Carme 85 di Catullo c:
"Odio e amo. Forse ti chiederai come sia possibile. Non so, ma è proprio così e mi tormento."
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We'll go down in history
Fanfiction64 d.c. Roma imperiale. «Bene, spogliati» ordinò il tribuno. Lo schiavo sgranò gli occhi senza muoversi di un millimetro. «Sei sordo? ho detto "spogliati"» ripetè irritato Gerard. Frank rimase di nuovo fermo, Gerard si avvicinò con passo felpato...