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«Figliolo… Non abbiamo molto tempo…» tossì con le sue ultime forze chiudendo gli occhi come a resistere per ancora qualche minuto. 
«Qualsiasi cosa» rispose sicuro Gerard. 
«Non mi è rimasto tempo, ho cercato di rendere sempre mia figlia felice, ma tra poco non potrò farlo, per cui voglio che sia tu a renderla felice, so che sarai un ottimo marito, ma adesso devi andare, addio Gerard» disse il vecchio. 
«Glielo prometto sulla tomba di mio padre, Senatore» disse il tribuno prima di correre verso Frank, lo schiavo sentì solo questa frase, era nel panico.
«Che cosa ti ha detto?». 
Gerard fece combaciare le loro labbra in un bacio velocissimo e poi lo prese dal polso e lo spinse verso la via d’uscita con tutta la forza che aveva. 
«Spero che mi perdonerai Frank» disse il tribuno a fior di labbra senza farsi sentire da nessuno.
 
Non aveva mai amato pensare al passato, rimuginare non faceva parte di lui, pensava che fosse solo una perdita di tempo, tanto il passato non poteva essere cambiato. Rare volte ci pensava però, solitamente prima di andare a dormire, giusto quei minuti in cui si svestiva e si poggiava sul letto, in quel momento non era un tribuno, non era un romano, non era figlio di un senatore, era semplicemente un uomo, e poteva permettersi il lusso di essere fragile. Aveva dimenticato l’ultima volta che aveva pianto, i veri uomini non piangono, giusto? Eseguono gli ordini e basta, senza fare domani o fermarsi a riflettere, eppure... Eppure stavolta ci stava riflettendo, si sentiva bene?
La risposta era probabilmente no.
Gerard Way non era mai stato nervoso prima di fare un’azione comandata, aveva sempre eseguito senza lamentarsi e pensando che le cose giuste andassero fatte e basta.
Ma erano sempre giuste?
Pensare al passato era davvero così sbagliato?
Frank Iero ci pensava sempre, il passato era parte di lui, se non rimuginava sopra qualcosa si sentiva morire dentro, si martellava la testa con fiumi di parole e scene già vissute, pensava che lo aiutasse a costruire il presente, perché dal vecchio si impara sempre qualcosa.
Allora perché due persone così diverse, con in testa cose sempre diverse, stavano pensando la stessa cosa?
Il pensiero comune era riassunto da una semplice ed unica domanda.
Sto veramente facendo la cosa giusta?
 
Ma non erano gli unici a farsi delle domande.
Mikey Way si chiedeva se sarebbe stato all’altezza della città caput mundi, se non sarebbe crollato, se non fosse troppo presto per lui, se fosse stata solo questione di fortuna e non di virtù, se avesse detto la verità tutto sarebbe stato diverso, ma a cosa avrebbe portato?
Era un po’ come la filosofia, ti insegna a fare le domande, ma non sempre riesce a trovare le risposte e non ci riuscivano neanche loro, intrappolati nel futuro che non sarebbero riusciti a vivere senza risposte.
Lavinia Gallio si chiedeva come mai suo fratello avesse una sorta di aurea triste e stesse fuori per delle ore, soprattutto la notte, quando pensava di non essere visto. 
 
 
«Capisci le mie ragioni Frank?».
«Perfettamente, stai tranquillo» rispose il liberto con un piccolo sorriso.
Demetrio gli diede una pacca sulla spalla e ricambiò quel sorriso.
«Sicuro non voler restare anche tu? E’ la famiglia per cui hai lavorato alla fine».
«Ho bisogno di tornare a casa» rispose fermo Frank.
«Lo capisco perfettamente, pensavo solo che volessi vedere il piccolo Mikey diventare grande imperatore».
«Non ho bisogno di vedere una corona sulla sua testa per sapere che è grande e sono stato in questa città maledetta per troppo tempo».
«Hai ragione, ma per quanto odi Roma anche io, alla fine ne sono inevitabilmente legato» rise tra sé.
«Odi et amo» citò riportando alle mente vecchie emozioni.
Entrambi rimasero in silenzio con solo il rumore dell’acqua che si muoveva appena e il chiacchierio tipico del porto come sottofondo.
«Lo dirai a tua sorella?».
«Sì, se lo merita».
 
 
In casa Gallio era tutto pronto per la cena, i commensali si erano appena accomodati sui triclini e per Frank era sempre strano essere da quel lato, quando fino a poco tempo prima era dalla parte opposta, era tutto surreale, ma adesso la cosa importante era dire a Lavinia della sua partenza e non sarebbe stato facile.
«Miele, volevo parlati della questione del nome» esordì la ragazza afferrando una coscia di pollo con noncuranza.
«Quale nome?» chiese Frank aggrottando le sopracciglia.
«Il tuo!» rispose la signora Gallio un po’ stupita.
Lavinia guardò male sua madre come a ripeterle per l’ennesima volta che doveva avere pazienza con lui e la donna abbassò lo sguardo dispiaciuta.
«Domani pomeriggio, alla presenza dei magistrati e prima dell’incoronazione, a cui ovviamente siamo invitati, dobbiamo andare a casa Way per alcune dichiarazioni sul tuo nuovo nome, da quando sei stato liberato, non sei più solo Frank Iero, maFrank Gerard Iero, il liberto prende il nome del padrone, è una legge, ma non preoccuparti se non lo sapevi, non è una cosa rilevate, giusto per poter essere chiaro il tuo ruolo nella società e comunque speriamo di poter farti aggiungere “Gallio” come cognome, sei mio fratello e vorrei farti adottare in modo da sentirti parte della famiglia» spiegò poggiando delicatamente una mano su quella del liberto, stringendo debolmente.
Frank rimase zitto, scosso da quelle parole, ma non poteva farlo vedere, la sorella avrebbe pensato che quel silenzio potesse essere legato al fatto che non volesse essere un Gallio, invece per lui era solo un onore, sentiva davvero un legame speciale con lei e sapere di non poter continuare a coltivarlo gli fece sentire una certa amarezza, sua sorella ne aveva passate tante, ma Frank sapeva che era terribilmente forte, si sarebbe fatta una ragione della sua assenza, ma lui non era forte come lei, sapeva di non avere il coraggio di dirle tutto, ma non lo preoccupa solo quello.
«Va bene, non ci sono problemi» rispose stringendo a sua volta la mano della ragazza, ma non ebbe il coraggio di dire più nulla.
Dopo la cena Frank avrebbe voluto sprofondare, appena si chiuse la porta alle spalle le lacrime caddero senza fargli emettere un suono, anche se bruciavano come veleno, come era possibile?
Stava scappando da tutto, voleva lasciarsi alle spalle tutto quello che era successo dal primo momento in cui aveva messo piede in casa Way, da tutto quello che Gerard aveva fatto, eppure se lo sarebbe trascinato dietro per la vita, lui ormai era legalmente Frak Gerard Iero, e non poteva tornare indietro. Gerard in qualche modo era sempre legato a lui, lo aveva macchiato irrimediabilmente. Per un attimo si ricordò del marchio con la “G” che aveva su una natica, anche quello sarebbe rimasto per sempre. Pianse ancora, niente avrebbe cancellato Gerard.
Ma adesso doveva cercare di resistere per quanto possibile e andare avanti, stare fermo lo avrebbe solo ucciso ancora di più.
Lo avrebbe detto a sua sorella ma non con le parole.
Fu in quel momento che Frank Iero si rese conto di aver trovato la risposta al “sto veramente facendo la cosa giusta?”.
 
 
«Padrone avete visite, si è presentato come gladiatore, si chiama Dem…» disse uno schiavo sporgendosi poco alla porta della stanza del tribuno, immerso in carte e seduto alla scrivania.
«Fallo entrare pure» lo interruppe senza togliere il naso dalla pergamena che stava leggendo.
Demetrio entrò nella stanza con un sorriso.
«Non cambi mai amico!».
«Demetrio!» rispose alzandosi e andandogli vicino abbracciandolo.
«Perdonami, ma non mi aspettavo questa visita, è un piacere vederti».
«Non potevo mancare al grande evento di stasera».
«Sono contentissimo che parteciperai! E credo lo sarà molto anche il nostro futuro imperatore! Ti vuoi fermare a pranzo?».
«Ti ringrazio ma sono di corsa, volevo farti un saluto e poi scappare, c’è un po’ della mia roba sulla nave che dovevo prendere tra qualche ora, proprio durante la cerimonia… In compenso è quella che prenderà Frank, credo che tu abbia fatto bene a liberarlo, chissà cosa gli avrai fatto fare dopo quel leone» rise leggermente il greco.
«Parte?» chiese atono.
«Pensavo lo sapessi…».
Fu in quel momento che Gerard Way si rese conto di aver trovato la risposta al “sto veramente facendo la cosa giusta?”.
 
 
Mikey si inginocchiò di fronte a suo fratello Gerard e al Senato, con l’esercito romano alle sue spalle e gli spettatori nella parte bassa del grande piazzale del mercato. I soldati alzarono i loro scudi e Gerard prelevò la corona dal cuscino su cui era riposta, guardando la platea, poggiò il metallo sulla testa di suo fratello. Questo gesto fu accolto da urla e applausi che stamparono un grande sorriso sulla faccia dei due fratelli. Mikey si alzò e salì sul palchetto voltandosi verso il popolo che applaudì ancora più forte alla vista del suo nuovo imperatore.
 
La festa procedeva bene, tutta l’aristocrazia romana era presente alla festa, tutti facevano le congratulazioni a Mikey, discutevano, ridevano e bevevano, una persona in particolare lo faceva come gli altri, ma dentro aveva solo una grande sofferenza che non riusciva ad accettare.
 
Lavinia aveva trovato la lettera entrando nella sua stanza per andare a chiamare suo fartello, era scritta in modo strano, non si aspettava che Frank sapesse scrivere, forse aveva copiato le lettere da qualche pergamena considerando che ce ne era qualcuna sul letto, alcune lettere erano storte, altre illeggibili, ma lei era riuscita a capire. Frank era andato via, non aveva avuto il coraggio di dirglielo di persona, si era scusato e le aveva scritto di volerle bene, non le aveva detto nè come e né quando, ma che non fuggiva da lei, ma da un amore non corrisposto, Frank non le voleva nascondere la verità, ma fare nomi avrebbe reso tutto solo più complicato. Qui Lavinia si rese conto di non aver notato tante cose che adesso le erano arrivate alla mente, era stata così ingenua, suo padre le diceva sempre di prestare attenzione a tutto, anche la minima virgola poteva voler significare qualcosa e adesso lo aveva appena imparato. Doveva andare prima che fosse troppo tardi.
 
Lavinia arrivò in casa Way correndo con tutta la sua forza, sentiva i polmoni bruciare, ma non si fermò un attimo, come mise piede nella sala fu concentrata solo a trovare Gerard.
In quel momento il tribuno stava discutendo con gruppetto di persone, ma non sarebbe stato quello a fermare la ragazza.
«Scusate ma mi serve il tribuno» disse e senza che nessuno, compreso Gerard potesse aggiungere altro, lo trascinò per un braccio fuori dalla casa.
«Ti prego aiutami, sono disperata! Frank è scappato, mi ha lasciato una lettera, ma non mi ha detto dove va o altro, tu sai dove sta andando? È partito? Stasera? Ti ha detto qualcosa? Chi gli ha spezzato il cuore? Parla Gerard!» sputò senza prendere fiato.
Il tribuno che aveva sempre mantenuto una certa austerità in tutte le situazione, stavolta non riusciva a rispondere, quell’ultima frase lo aveva bloccato completamente. Era come se avesse sempre saputo di avergli spezzato il cuore, ma adesso era come se fosse reale, se lo potesse sentire sulla pelle quella sofferenza, la finzione era diventata realtà e gli stava piombando addosso come un macigno. Dopo che Demetrio gli aveva dato la notizia si era fatto distrarre dai preparativi e non ci aveva più pensato, aveva provato a non pensarci… La verità era che non voleva accettarlo perché faceva troppo male e quindi lo aveva cancellato, ma non ci era riuscito evidentemente.
«L’ho saputo stamattina, sta tornando in Grecia, ha preso una nave e credo sia già in viaggio, non me lo ha detto lui, ma il mio amico Demetrio, dovevano partire insieme e… Credo che… Credo che la persona che gli ha spezzato il cuore sia… Sia io» rispose guardando per terra.
Silenzio. 
«Sul serio?».
«Temo di sì».
«O… Okay… Adesso… È meglio che torni a casa, grazie per le informazioni… Grazie» si allontanò leggermente da lui girandosi, ma ad un certo punto lo guardò negli occhi.
«Non ti avevo mai visto abbassare la testa e non credevo che fossi il tipo che muore senza combattere Gerard».
 
 
La luna cullava il silenzio della notte, era strano come, in qualsiasi angolo della terra, tutti vedessero la stessa identica luna, chissà cosa pensavano davanti a quel cerchio bianco.
Il tribuno non prendeva pace nel suo letto, non poteva pensare di essere stato vinto dalla vita in quel modo, aveva disobbedito agli ordini, da romano si era rifiutato di combattere lasciando scegliere al fato, non aveva esaudito l’ultimo desiderio di un vecchio sul letto di morte, in entrambi casi gli era mancato il coraggio, cosa che pensava non gli sarebbe mai successa nella vita.
La luce lunare penetrava dalla sua finestra, doveva uscire, si alzò dal letto e con una semplice tunica, degna di uno schiavo, senza spada, senza armatura, addirittura scalzo, varcò la porta di casa, per quella notte poteva non essere un romano, voleva essere solo un uomo.
Arrivò al mercato ormai deserto. Quello era stato il luogo dove le loro vite erano entrate in contatto dopo che lui aveva deciso che quel ragazzino tanto odiato dall’imperatore Nerone, doveva venire a casa sua per fargli torto, il luogo dove aveva già capito che quel ragazzino era capace di fare grandi cose e che non era uno schiavo qualunque. Sembrava che fosse successo ieri. Si poggiò ad una delle colonne fissando la luna piena, chiuse gli occhi abbandonando un sospiro.
Due mani gli afferrarono la nuca e gli spinsero la testa verso il basso, prima che potesse aprire gli occhi e dire qualsiasi cosa, delle labbra premettero dolcemente sulle sue, con paura, con fragilità ma anche con amore.
Quel bacio fu lento, lungo, non avevano fretta, erano semplicemente là, bastava quello.
Si abbracciarono, e staccando solo le loro labbra, poggiarono le fronti l’una sull’altra, stavolta Gerard aprì gli occhi per incontrare quelle iridi nocciola che gli erano mancate come l’ossigeno.
«Frank».
«Gerard».
«Non dovevi partire?».
«Non ci sono riuscito, volevo dire addio a questa città, non ho neanche messo un piede su quella nave, mi sono sentito male… Non so se sia stata qualche dea a impedirmelo… E poi sai… Da Roma la luna è più bella… La volevo guardare, è stata la luna a portarmi qui, dovevo venire qui, credevo di essere stato solo pazzo a non partire, ma poi ti ho visto qui, scalzo, con lo sguardo perso e... Non poteva essere una coincidenza... Sentivo che mi mancava qualcosa».
«Cosa?».
«Il permesso. Non potevo partire senza chiederlo prima al mio padrone».
«Sai che non sono più il tuo padrone caro liberto?».
«Lo sei perché possiedi il mio cuore».
«Ti amo Frank».
«Ti amo anche io Gerard».

Un grazie specialissimo a tutti coloro che hanno letto e stellinato, non mi sembra vero che questa storia sia finita e niente, sono felice e confusa adesso, solo GRAZIE a tutti. ❤
Se vi va di leggere una Frerard demenziale e coccolosa, passate dalla mia storia Skins 🌈

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