Il cuore cominciò a battergli all'impazzata, il suo corpo aveva percepito il pericolo prima del suo cervello. Spalancò gli occhi, la luce giallina del sole che stava sorgendo gli inondò le iridi, era ancora un po' buio, ma nonostante questo riuscì a vedere, istintivamente si mise il braccio nudo davanti alle narici nella speranza di filtrare l'aria, ma i risultati furono scarsi. Un nube di fumo nero aleggiava sulla sua testa, la osservò, proveniva da sotto la porta. Il suo sguardo si spostò su Gerard che era steso accanto a lui, subito con una mano andò al suo naso, respirava.
Tirò un sospiro di sollievo pur sempre agitato, per un secondo aveva pensato al peggio.
«Gerard!» gridò ad alta voce.
Il tribuno sembrava non rispondere, decise di toccarlo con una mano, ma presto si mise a scuoterlo con entrambe le braccia, il corpo si spostò, ma gli occhi non si aprivano, ripeté il suo nome per un numero infinito di volte ma era svenuto. Preso dal panico, scattò in piedi, aveva bisogno di qualcosa per tapparsi il naso, per rendere quell'aria più pulita, non riusciva a pensare, ma si calmò, sulle sue spalle c'erano due vite, se si fosse bloccato avrebbe fatto più danni che altro, per cui doveva rimboccarsi le maniche e ragionare. Con lo sguardo vagò per tutta la stanza, andò verso la scrivania e afferrò dei papiri con le mani sudate per poi poggiarseli al naso e alla bocca, quelli potevano andare bene. Voltò la testa verso Gerard, sembrava dormire tranquillo, si odiò in quel momento per non essere forte e coraggioso come lui, non avrebbe mai pensato di ritrovarsi in una situazione del genere.
La cosa importante era una sola: Semper Currere.
Aprì la porta e al posto del soggiorno vide l'Inferno, gli bruciarono terribilmente gli occhi, era tutto una massa informe di fumo e tutti i mobili erano in fiamme, altissime per giunta, il calore che sprigionavano era insopportabile ed era ancora più accentuato poiché era nudo. Chiuse subito la porta con tutta la forza che aveva, non si poteva scappare da lì, rifletté di nuovo e vide nella finestra l'unica via di fuga, corse verso Gerard, recuperò la sua tunica e se la mise alla buona, ne prese un'altra e la mise al tribuno facendola passare dalla testa, quegli attimi sembravano secoli, si sentiva le mani prudere, era l'adrenalina che si stava espandendo lungo tutto il suo corpo, il tribuno sembrava dannatamente pesante eppure riuscì a sollevarlo per far scendere bene il tessuto, cercò di respirare il meno possibile fino a quando non avesse avuto di nuovo il papiro a proteggerlo, poi si mise il suo busto sulle spalle, la testa gli ciondolava, i capelli corvini e sudati gli solleticavano la spalla, ebbe davvero paura quando realizzò cosa dovesse fare, ma non c'era tempo. Andò alla finestra, il vetro grezzo era diviso in quadrati, contornati da strisce di legno, Frank ci spinse sopra tremante con il palmo della mano fino a farsi diventare le dita bianche, quella forza non bastava, erano abbastanza spessi, ma potevano essere rotti,dovevano. Le sue braccia non ci sarebbero riuscite, gli serviva qualcosa con cui romperle, fece scivolare Gerard sul muro, cercando di farlo stare seduto. Si mise davanti al baule e inginocchiandosi alzò il coperchio che si aprì con un tonfo per la troppa violenza, vagò con lo sguardo, ma la sua ricerca fu interrotta da un tossire. Subito alzò la testa e vide il tribuno che faticava a tenere gli occhi aperti, subito si catapultò su di lui.
«Gerard!» urlò con tutto il fiato e pressandogli il viso con le mani.
«Gli occhi! Tieni gli occhi aperti!».
Il maggiore era cosciente, ma non proferì parola, continuò a tossire, era troppo intontito per farlo, Frank gli baciò delicatamente la fronte sorridente, e gli mise il papiro sulla faccia, era più importante che lo avesse lui, gli prese un braccio e poggiò la mano su di esso, la presa di Gerard era debole, però riusciva a tenerlo.
«Adesso andiamo via, va bene?».
Abbassò ed alzò la testa piano, aveva capito, stava dando un segnale di vita.
Ancora più agitato si chinò nuovamente sul baule e scavò con le mani, c'erano oggetti di metallo, di decorazioni, gioielli e qualche coltellino, ma a lui serviva qualcosa di più grosso, sotterrata, c'era una spada, fortunatamente non era troppo grande, ma era abbastanza pesante, si fece coraggio e la estrasse alzandosi, stava perdendo l'equilibrio, ma dopo pochi secondi si abituò a quel peso e si bilanciò. Era arrivato il momento di caricare, mise una gamba più indietro e spostò il suo baricentro in avanti per darsi la giusta spinta, osservò un attimo Gerard, aveva la testa poggiata al muro e faceva dei piccoli respiri impercettibili, stava lottando per tenere gli occhi aperti, anche se in realtà lottava contro la morte.
«Ti devo salvare amore mio».
Questo gli diede la spinta, posizionò la spada all'altezza dello stomaco, impugnandola saldamente con entrambe le mani, respirò un attimo e poi si scagliò contro quella finestra, il colpo fu veloce e forte, per tutta la forza che ci aveva messo anche la pelle entrò in contatto con il vetro ormai frantumato, restò con la mano bloccata nel buco che aveva fatto, il dolore era fortissimo, sentì le schegge conficcarsi nella carne e la mano non riusciva più a reggere quel peso così la spada cadde fuori insieme a qualche goccia di sangue, cercò di non pensarci, ce l'aveva fatta, questa era la cosa importante.
Usando la mano sana gettò i pezzi di vetro e legno fuori, poi si affacciò facendo attenzione a non tagliarsi ancora con quelli rimasti attaccati al muro, non ebbe neppure il coraggio di guardare la sua mano pulsante, ispirò forte l'aria fresca che lo colpì in pieno petto, la puzza di fumo era anche fuori, ma senza dubbio era molto mento intensa e calda, affannato approfittò di quei pochi secondi per riprendersi. La finestra non era troppo alta, circa un metro e mezzo, si sarebbe potuto calare senza difficoltà nonostante la mano, il problema era Gerard, doveva trovare il maledetto modo di farlo scendere. C'erano delle persone nelle vicinanze, aveva la vista appannata.
«AIUTO!» gridò con tutta l'aria che gli era rimasta nei polmoni.
Qualcuno sembrava aver risposto, ma il piccolo non capì.
«Schiavo!» udì bene una voce femminile.
La signora Way corse verso la finestra seguita a ruota dalle sue ancelle, nei suoi occhi c'erano lacrime e puro terrore.
«I miei figli!» gridò senza riprendere fiato.
«Il tribuno è qui, ma è quasi incosciente, io lo farò scendere e voi lo dovrete tenere, da solo non ce la faccio!».
La testa della signora spuntò da quella apertura, osservò rapita il vetro frantumato e sporse la testa verso dentro fino a vedere il figlio.
«Gerard! Gerard!».
«Non può rispondere» disse Frank andando verso di lui.
Spinse la sua schiena via dal muro, il maggiore gemette accorgendosi di quel cambio di posizione e per una frazione di secondo guardò negli occhi dello schiavo, quello ricambiò preoccupato anche se il suo sguardo diceva che era vivo, mise le braccia sotto di lui, una sotto il suo busto e una sotto le ginocchia fece uno sforzo fino a sollevarlo, una mano del tribuno reggeva ancora il papiro e lo schiavo fu contento di questo, l'altra penzolava verso il basso, la mano di Frank sanguinava e aveva sporcato anche la pelle bianchissima di Gerard, quel contrasto era terrificante agli occhi dello schiavo, socchiuse gli occhi e a grandi passi andò verso la via d'uscita, mise una gambe fuori e poggiando Gerard su di essa lo fece scorrere con estrema delicatezza, le braccia pronte delle ancelle lo accolsero subito, Frank sperava solo che fossero abbastanza forti da farlo arrivare a terra, lui stava già facendo fatica, i muscoli tiravano per tutto lo sforzo e per tutto il calore che stavano prendendo.
«Non c'è nessun uomo?» chiese quando finalmente Gerard fu a terra.
«No, non sappiamo dove siano» rispose una ragazza.
Facendo attenzione, Frank portò un'altra gamba avanti e con un balzo arrivò fuori, le ancelle avevano subito provveduto a far stendere Gerard e a controllare che non avessero ferite, e con una tinozza piena di acqua presero a bagnargli la fronte e i polsi, la signora Way si mise a baciare la fronte del figlio piangendo ed invocando gli dei.
Lo schiavo si sedette sfinito, le sue gambe e le sue braccia stavano implorando pietà, si sarebbe tanto voluto avvicinare a Gerard, stargli accanto, aiutare a pulirlo, ma sapeva di non potere, osservarlo era una tortura peggiore di quella fisica che stava già subendo, ma si calmò con la consapevolezza che ormai era in salvo, che era vivo e che sua madre avrebbe fatto di tutto per lui.
Si mise a guardare la luce arancione di un'alba che stava salendo sempre più, era così simile a quell'Inferno che gli fece venire i brividi. Una ragazza si avvicinò a lui e gli prese la mano dolorante, con la sua veste cominciò a tamponarla facendo attenzione a non far affondare ancora di più i vetri e con le dita cominciò a toglierli uno ad uno, Frank gemeva ad ogni pezzo estratto e la giovane si scusava debolmente ogni volta.
«Come avete fatto ad uscire?» chiese con un filo di voce.
«Abbiamo usato l'acqua per crearci un sentiero in soggiorno» spiegò l'ancella.
«Menomale» mormorò.
«Michael! il mio piccolo Michael! Dov'è? Devo andare da lui, ancora non è uscito» pianse Donna alzandosi di scatto.
«Mia signora fermatevi!» urlò una delle ancelle.
Frank, nonostante il dolore, si alzò e fermò subito la donna mettendosi davanti.
«Vado io» disse deciso, non le avrebbe mai permesso di andare tra le fiamme.
La signora si fermò all'istante preoccupata.
«Ti prego portamelo qui» supplicò poggiandosi un attimo sul petto di Frank.
Il piccolo fu spiazzato dal quel gesto, aveva sempre visto Donna Way come una tipica romana altezzosa e narcisista, non si aspettava quel lato così umano, soprattutto nei confronti di uno schiavo. Con delicatezza portò una mano sulla sua spalla sfiorandola appena.
«Glielo prometto».
Si addentrò tra le fiamme, quella ragazza gli aveva fasciato la mano con un pezzo del suo vestito, almeno aveva smesso di sanguinare e sfruttò quel tessuto per stringerlo al naso.
La stanza di Mikey era nello stesso muro della porta, avrebbe dovuto stare completamente attaccato al marmo, che adesso era bollente, il contatto fu fastidioso. Il fuoco gli impediva di vedere la porta, ma osservando il soffitto, vide che era aperta,buon segno.
Arrivato a metà dovette saltare quando una fiamma proveniente dal centro si ingrossò scoppiando sul muro, per un secondo si vide incenerito da quella massa incandescente.
«Aiu... aiuto».
Una voce debole arrivò alle sue orecchie.
Percorrendo il muro velocemente arrivò alla porta, Mikey era steso per terra con la pancia verso il basso, con le braccia si stava spingendo avanti, le gambe erano rilassate e immobili, piano strisciavano sul pavimento, la sua faccia era esausta.
Si sentì terribilmente in colpa, era solo e soltanto per lui che era in quella situazione, sentiva le forze mancare ma come minimo lo doveva aiutare, dopo ciò che gli aveva fatto glielo doveva.
Senza dire una parola si rannicchiò di spalle davanti alla sua faccia, Mikey sembrò capire e annodò le braccia intorno al suo collo, facendo pressione con i piedi sollevò entrambi, resse le gambe ferite altrimenti, per la differenza di altezza, i suoi piedi avrebbero toccato il pavimento. La sua bocca restò scoperta e per il contatto con il fumo tossì pesantemente, ma non smise di camminare, dai suoi passi dipendeva la vita, non gli importava di salvare la sua, ma quella del minore dei Way, infatti poggiò la schiena del ragazzo al muro, in modo da fargli da scudo umano in caso di qualche scoppio.
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We'll go down in history
Fanfiction64 d.c. Roma imperiale. «Bene, spogliati» ordinò il tribuno. Lo schiavo sgranò gli occhi senza muoversi di un millimetro. «Sei sordo? ho detto "spogliati"» ripetè irritato Gerard. Frank rimase di nuovo fermo, Gerard si avvicinò con passo felpato...