14.

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La mano destra di Ronald era ferma sulla guancia sinistra del giovane, solo pochi centimetri dividevano i volti dei due. Gli occhi di Thomas erano ardenti mentre osservava una scintilla di lussuria attraversare quelli verde bosco che tanto avevano occupato i suoi pensieri dalla prima volta che li aveva visti. I respiri erano pesanti e Thomas schiuse le labbra, per poi passarvi leggermente sopra la lingua. Ronald osservò quel movimento con attenzione, così adesso il suo sguardo era puntato sulle labbra dell'assistente. Il pollice di Ronald si mosse delicatamente sulla pelle liscia del giovane, facendogli emettere un piccolo mugolio di piacere. Thomas adesso era certo che, l'interesse dell'uomo che aveva conquistato il suo cuore, non era più solo quello di un capo con il proprio assistente, ma non avrebbe mai fatto il primo passo, perchè poteva vedere chiaramente l'indecisione sul volto di Ronald, nonostante ci volesse veramente poco perchè i due entrassero in collisione. Proprio quando sembrava che Ronald avesse deciso di unire le labbra con quelle del biondino, un telefono prese a squillare. Era proprio quello del più vecchio, che strillava nel momento meno adatto, facendogli lasciare la presa sul volto del ragazzo con un rantolo di frustrazione.

Thomas osservò la maschera d'impassibilità riprendere il suo posto sul bellissimo volto dell'uomo che aveva davanti. Abbassò lo sguardo perchè sentiva, nel suo cuore, che un'occasione come questa sarebbe stata difficile da ottenere di nuovo. Strinse i pugni quando sentì il nome dell'ultima persona che voleva parlasse con Ronald.

«Estelle» disse, con il telefono all'orecchio, voltandosi per dare le spalle a Thomas, che prese quel movimento come un tacito ordine di lasciare la stanza.

Il giovane non poteva credere a quello che era appena successo. Ronald provava qualcosa per lui, o era stata solo la pazzia del momento? Forse non voleva davvero baciarlo, forse era soltanto un piccolo gesto d'affetto. Ma no, Thomas sapeva quello che stava per succedere. La scintilla, l'attrazione che c'era tra i due, era inequivocabile. Ma il dubbio sulla sessualità di Ronald si insinuava sempre di più nella mente di Thomas. Aveva visto l'atteggiamento che l'uomo assumeva con quella donna, e poi, perchè chiamarlo a quest'ora? Le domande erano troppe e le risposte non sarebbero mai arrivate, non quella sera almeno. Il giovane si chiuse nella stanza. La convivenza, che prima vedeva come una scusa per passare più tempo con l'uomo che desiderava con tutto se stesso, adesso era una prigionia. Sapere di averlo così vicino, eppure così lontano, era una tortura.

Thomas- Ho bisogno di te.

"Nessuna risposta. Nessuna maledetta risposta", pensò il giovane con le lacrime pronte ad uscire. Non poteva e non voleva chiamare Becky. Non aveva bisogno del suo ottimismo, ma delle risposte secche e dirette del suo Ammiratore che, a quanto pare, aveva ben altro da fare.

Gettò il cellulare sul comodino, spense la luce e cercò di dormire, ma come sempre, ogni volta che chiudeva gli occhi, si ritrovava davanti quei maledetti occhi verde bosco, e anche stanotte, prima di addormentarsi, questo fu quello che vide.

L'indomani mattina Thomas preparò le valigie. Questa volta non avrebbe preparato il caffè per portarlo a Ronald, non avrebbe canticchiato lungo il corridoio prima di raggiungerlo in palestra, nè fatto colazione in terrazza davanti una splendida vista del Central Park. Odiava essere in quell'appartamento, voleva tornare nella sua piccola topaia dove non era costretto a trovarsi davanti a Ronald ogni cinque minuti. Avrebbe indossato la sua faccia professionale, e avrebbe continuato così finchè non fosse scaduto il contratto come assistente. Questa era la sua decisione.

Alle otto e trenta uscì dalla stanza con zaino, borsone e tracolla. Controllò il cellulare sperando di trovare notizie dall'Ammiratore, ma niente.

Si diresse verso la cucina e trovò Ronald, già pronto e maledettamente impeccabile nel suo completo a tre pezzi grigio con la cravatta a righe blu, che lo osservava da dietro una tazza fumante.

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