16.

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Thomas arrivò nel suo appartamento quasi un'ora dopo. Era stanco, aveva delle occhiaie ben visibili e si sentiva sperduto. Non fece neanche in tempo ad entrare in casa sua, quando le braccia di Becky gli circondarono il collo, stringendolo con tutto l'amore che la rossa provava per lui.

Thomas lasciò cadere la tracolla a terra, circondò i fianchi dell'amica e posò la testa nell'incavo del suo collo, respirandone il profumo di fragola e lasciandosi andare in un pianto a dirotto.

Becky l'accompagnò lentamente verso la sua camera da letto. Lo fece sdraiare in posizione fetale e si accovacciò davanti a lui, carezzandogli i capelli biondi, mentre continuava a piangere. Rimase in silenzio, Becky, sapeva cosa l'amico stesse provando, anche a lei avevano spezzato il cuore, e sapeva che non c'erano parole utili a risollevarlo, solo tanta, tanta pazienza e comprensione.

Becky pensava che l'amico si fosse addormentato, le lacrime avevano smesso di scendere e gli occhi erano chiusi. Continuò a passargli una mano tra i capelli e gli diede un bacio sulla fronte.

«Ti voglio bene» udì proferire a uno sfinito Thomas.

«Anch'io te ne voglio, mio piccolo Tommy»

«Lo amo» disse poi, sottovoce

«Lo so» sussurrò la rossa.

«L'ho visto baciare una donna, nel suo ufficio. Non so che fare Becky, ma voglio tornare al lavoro, ho bisogno di andare avanti»

«E' venuto qua»

Thomas aprì gli occhi, il cui celeste era spento e ricoperto di sottili fili rossi.

«E'-è venuto?»

Becky lo fissò per qualche secondo.

«Era sconvolto, voleva parlarti, ma tu mi avevi detto di non dirgli dove fossi, e così ho fatto»

«Certo, senza il suo assistente come volevi che stesse», disse con una punta d'amarezza il giovane, guardando ovunque tranne che negli occhi dell'amica.

«Non voglio giustificarlo, Tommy. Ma non era solo questo. Aveva uno sguardo diverso, pentito forse. Sembrava arrabbiato, sconvolto. Forse dovresti parlargli»

«NO! Non ancora...non sono pronto, non lo sarò mai. Non voglio sentirmi dire che sono uno stupido ragazzino e rimanere senza lavoro. Non posso.» Thomas si mise seduto sul letto.

«D'accordo.» disse dolcemente l'amica, tirandolo per un braccio e facendolo sdraiare nuovamente accanto a sè.

«Adesso riposati. Penseremo più tardi al futuro».

**

Ronald non aveva dormito tutta la notte. Non faceva altro che chiudere gli occhi e ricordare il sorriso di Thomas, i suoi occhi color del cielo, quei capelli biondi diventati troppo lunghi. Lo ricordava mentre mangiavano insieme la pizza sul divano, quando, ogni mattina, gli portava il caffè mentre si trovava in palestra. Era felice quando poteva averlo tutto per sé. Non aveva mai provato queste sensazioni con nessuno. Aveva sempre amato la solitudine, tutte le donne con cui era stato, dopo una notte di passione, sapevano di dover andar via, ma con Thomas no. Lui lo desiderava, lo voleva. Voleva sentirne il sapore sulle labbra, carezzargli i capelli mentre dormiva e sentirne la pelle serica, passandogli le mani sul corpo. Ronald sapeva di aver perso troppo tempo per accettare i suoi sentimenti. Non poteva credere di essersi innamorato di un altro uomo, di un ragazzo più giovane di lui di ben undici anni. Adesso non riusciva neanche a stare nel suo appartamento senza immaginarlo in ogni angolo. Senza vederlo canticchiare per il corridoio a piedi nudi, senza immaginarlo sul divano davanti al maxischermo a mangiare schifezze. Non c'era particolare che non ricordasse, da quando l'aveva guardato negli occhi per la prima volta. Aveva provato a contrastare questi sentimenti, l'aveva messo alla prova, voleva distruggerlo, ma Thomas era indistruttibile. Thomas era forte, era in ogni cosa, Thomas era tutto per lui. Solo adesso se ne rendeva conto.

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