Ronald uscì dall'ufficio guardandosi intorno alla ricerca della testa bionda di Thomas. Non gli importava dello sguardo di tutti i dipendenti che continuavano a fissarlo quasi sconvolti, e neanche di quello della sua segretaria, ormai in piedi davanti a lui per chiedergli se fosse tutto a posto. Non sentiva le voci attorno a lui, continuava a camminare per poi dirigersi verso le scale d'emergenza e salire al piano di sopra, nel cubicolo di Thomas. Una volta arrivato però, del giovane non c'era traccia e la sua scrivania era priva di ogni cosa che potesse indicarne la presenza.
«Thomas dov'è?!» quasi gridò a Beth, poco lontana da lui. Ma la donna scosse la testa e alzò le spalle, confusa da quell'atteggiamento furioso e confuso, non proprio tipico di Ronald, da sempre composto e serio.
«Cosa succede, Ron?» la voce di Jake Laichowski suonò alle spalle di Ronald.
«Hai visto Thomas?» rispose, con un tono palesemente frustrato, alzando la montatura scura per poggiarla sulla fronte e passarsi le mani sugli occhi.
«No, sono appena arrivato. Cos'è successo, Ronald?» il tono di Jake era di comprensione. Si avvicinò a Ronald, poggiandogli una mano sulla spalla.
«Ho fatto una cazzata Jake, un'enorme cazzata. Devo trovarlo»
Jake annuì e fece un passo indietro, lasciando andare via Ronald, che ne approfittò per entrare nell'ascensore appena arrivato al piano. Scese nella hall, molti notarono il suo aspetto scomposto e lo sguardo perso. Ronald continuò a camminare fino a dirigersi fuori dal grande palazzo e rimanere fermo sull'ampia scalinata che portava all'ingresso. Ma di Thomas non c'era traccia.
«Ralph vienimi a prendere, subito!» urlò al telefono, risalendo poi verso il suo ufficio per prendere le sue cose, abbandonate per la fretta di trovare Thomas.
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Thomas dopo quella scena sentiva il cuore spezzarglisi in mille pezzi. Il suo petto pesava, era dolorante, la vista annebbiata per via delle lacrime pronte ad uscire e le mani gli tremavano. Prese le sue cose con una velocità inaudita e, senza riflettere, scese nell'ufficio di Mark, entrandovi senza bussare, con il viso paonazzo e le lacrime che gli rigavano il volto.
«Tho- Thomas che diavolo è successo?» Mark si alzò come un fulmine dalla sedia, per raggiungere l'amico sconvolto.
«Lui, lui...la stava baciando! Stava baciando Estelle!» rispose Thomas, tra un singhiozzo e un altro, mentre Mark lo faceva accomodare sul divano al lato della scrivania e prendeva una scatola di Kleenex per porgerla al biondino.
«Ti porto a casa?»
«No, potrebbe venire e non voglio vederlo. Non voglio vederlo mai più, Mark»
«Okay, ho un'idea, andiamo» sorrise.
Mark Leeson abitava a Chelsea, in un delizioso appartamento al secondo piano di un gruppo di palazzine a schiera, con la facciata di mattoni rossi e la classica scalinata che portava al portone, in legno, con la ringhiera in ferro battuto. L'aveva ereditata dalla nonna, irlandese, emigrata da Cork fino a New York dopo la seconda guerra mondiale, morta quando lui si era trasferito a Boston per il college, lasciandogliela così "per non dover pensare ad altro che al lavoro, una volta tornato a casa", riferendosi alla Grande Mela, che l'aveva adottata quando, giovanissima, era fuggita dall'Europa per trovare una nuova vita negli Stati Uniti, che le aveva portato l'amore e una splendida famiglia.
I due salirono la breve rampa di scale che portava all'appartamento di Mark. Thomas non si guardò intorno come avrebbe fatto in altre circostanze, trovandosi in una nuova casa, non gli importava di niente, voleva soltanto allontanarsi per un po' da tutto quello che poteva ricollegarlo a Ronald e non voleva neanche rischiare di ritrovarselo davanti.

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Glasses Love
RomanceTratto dal capitolo 1: "Quando le porte dell'ascensore si aprirono, Thomas avvertì un forte magnetismo che gli fece alzare lo sguardo. Una potente scarica gli attraversò il corpo e, come catturato, si ritrovò ad osservare un uomo alto, sui trentacin...