*Driiiiiiiiiiiiiin, driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin, driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin.*
"Ehm..."
*Driiiiiiiiiiiiiiiiin.*
"Mmmmmh."
"Marta svegliati farai tardi a scuola" disse mia madre mentre entrò come un uragano nella mia camera, ancora buia.
Spensi la sveglia.
Mia madre aprì le finestre.
Allora decisi di alzarmi, guardai il display del mio telefono che era attaccato alla presa della corrente sul mio comodino.ALESSIA: "Tipetta, magari o meglio dire per pura casualità hai fatto i compiti di italiano?."
ALESSIA: " Ti prego, rispondimi."
GIAM: " Marta, non sederti vicino a nessuno oggi nel pullman, devo parlarti."
Neanche risposi ai messaggi e guardai subito l'orario "6:40""CAZZO, sono in ritardo."
Preparai lo zaino più velocemente possibile, mi lavai, mi vestii in neanche 20 minuti.
Guardai di nuovo l'orario "7:02"Scesi di corsa le scale prendendo a volo lo zaino, aprii la porta.
"Io vaaaaado."
Chiusi la porta dietro di me.
Davanti alla mia staccionata bianca i miei due cugini.
Un ragazzo biondo, altissimo di nome Nicola della mia stessa età, l'altro, un ragazzo moro con un filo di barba e poco più alto di me di 19 anni, lui è Domenico.
Entrambi mi guardavano mentre percorrevo di corsa quel poco di giardino che mi divideva da loro."Stamattina non avevi voglia, eh?" disse Nicola mentre faceva un gran sbadiglio.
"Non ho mai voglia di andare a scuola" risposi io.
"Facciamo presto, perderemo il pullman" disse Domenico interrompendoci.Arrivammo alla fermata giusto in tempo.
Salimmo e come ogni mattina salii sopra al secondo piano e mi accomodai nel mio solito posto vicino al finestrino con le mie solite cuffie nelle orecchie.Arrivammo finalmente alla fermata di Giam, ero abbastanza curiosa di sapere che cosa avesse di così importante da dirmi.
Entrò, mi guardò, sorrise.
Si sedette accanto a me, posò la borsa e continuò a fissarmi con quei suoi occhioni neri.
Al che cominciai a fissarlo anch'io.*silenzio*
Interruppi quel silenzio imbarazzante.
"Allora cosa devi dirmi."
"Ho una cosa per te." disse mentre sorrideva ancora.
Io lo guardai perplessa. Tirò fuori dalla borsa una mimosa e dei cioccolattini.
Poi collegai tutto, oggi è la festa della donna, me n'ero proprio dimenticata.
Gli saltai addosso e lo strozzai letteralmente abbracciandolo, era stato un pensiero carino il suo.La giornata di scuola fù una comune giornata di scuola.
Mentre mi avviavo per andare ancora una volta alla fermata del pullman per tornare a casa, decisi di fermarmi un attimo ad un pub e prendere qualcosa da mangiare.
Entrai.
"Un hamburger, grazie" dissi alla ragazza dietro al bancone.
Pagai e mi voltai di scatto.
E il mio hamburger spiaccicato per terra.
"Scusami, bella, non l'ho fatto a posta.
Un ragazzo di 1,90m circa , con delle fantastiche spalle larghe, moro con un ciuffo ribelle, occhi tra un verde e un azzurro, fermo li a fissarmi.
Rimasi incantata dalla sua bellezza, neanche mi ricordavo più del mio pranzo spiaccicato per terra.
"Te ne compro subito un altro" disse.
"No no, non ti preoccupare" risposi ioNeanche il tempo di risponderlo si fiondò vicino al bancone.
Tornò con un panino e una coca.Me li porse gentilmente.
"Piacere, A..."
Venne tirato da una ragazza dai capelli biondi e ricci, non finì neanche la frase.
E rimasi così con un'immensa voglia di scoprire il suo nome.