Capitolo VII

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Jonathan aprì gli occhi.
Si girò dall'altra parte del letto e si poggiò sui gomiti, ascoltando il rullio delle auto sulla strada.
Quando Abigail si era addormentata, l'aveva messa sotto le coperte di lino ed era tornato nella sua stanza: era o non era una delle principali regole di quell'Istituto che i maschi dormissero in stanze diverse dalle femmine?
Inoltre, Jonathan aveva temuto di far arrabbiare la Shadowhunter restando nella sua stanza per la notte.
Anche se...
Sospirò e appoggiò la testa sul cuscino, chiudendo gli occhi.
Lei ha sangue di angelo. Io avevo quello di demone. Siamo come due profughi in un mare di intemperie.
Quel pensiero lo perseguitava.
Non voleva rinunciare a quella "quasi amica" che si era fatto: Abigail era speciale.
Non sapeva come, ma Jonathan la pensava in continuazione: la sognava pure nei suoi sogni come un angelo dalle ali di luce e un mezzo sorriso stampato sul volto.
Possibile che non riuscisse a pensare ad altro?
Abigail aveva delle mani affusolate, lunghe, quasi delicate se non fossero piene di cicatrici delle rune e di calli: eppure, Jonathan sognava di stringerle, come se...
Scosse la testa, risvegliandosi dai suoi pensieri.
Non sarebbe accaduto...no?
Lei era una Herondale, la sorella di Jace, e Jonathan gli aveva fatto delle cose terribili: non sotto la sua volontà, ovviamente, ma era stato pur sempre un po' lui.
Basta sognare! si ordinò.
Socchiuse gli occhi, scrutando fuori dall'enorme finestra le luci della città: sembrava ancora giorno.
Non gli mancava né New York né Idris né qualunque luogo che avesse mai visitato quando aveva ancora il sangue di demone nelle vene, ma lì a Il Cairo si sentiva un estraneo.
Forse mi sentirei un estraneo da qualunque parte. pensò, strofinandosi gli occhi. Forse...forse non c'è posto per me sulla Terra.
Nessuno lo voleva...e quando nessuno ti vuole bene, esisti veramente?
Rotolò di fianco e si alzò dal letto basso: prese la maglietta bianca che aveva trovato nell'armadio e la indossò sopra al petto nudo.
Era accaldato, stava sudando ed era leggermente irritabile: avrebbe preferito stare al Polo Nord piuttosto che essere lì.
Inizio ad odiare Il Cairo.
Entrò nel bagno e aprì il rubinetto dell'acqua, sperando nel liquido freddo per scacciare via la stanchezza: niente, era acqua calda.
Lo chiuse di botto e si portò le mani sui capelli, borbottando.
Si scostò i capelli biondissimi e sudaticci dalla fronte con un gesto impaziente, guardandosi allo specchio: era lo stesso bello, pensò.
Le ragazze sarebbero cadute ai suoi piedi anche se lui fosse stato coperto di fango, si ritrovò a pensare, ma l'unica su cui avrebbe voluto fare colpo era una sola, e forse irraggiungibile: Abigail.
Basta pensarci. Basta!
Quando stava per riprovare ad aprire il rubinetto per vedere se l'acqua si fosse raffreddata (una magra speranza, comunque), sentì dei passi avvicinarsi e delle voci sussurrare percorrere il corridoio, vicino alla stanza dov'era lui.
Si bloccò di colpo, paralizzato.
Staranno controllando che tutti stiano nelle proprie stanze. si disse, calmando il battito cardiaco.
-Dovrebbe essere qui, da qualche!- disse una voce in perfetto inglese; sembrava adirato, quasi arrabbiato.
-Sicuro che sia lui, Sa'd El Din?- chiese un'altra voce, stavolta femminile; questa era aspra e irritata, come se fosse annoiata.
-Certo! Era uguale! Tranne per i capelli.- rispose il primo, forse lo stesso Sa'd.
Jonathan emise un sussulto silenzioso, il cuore che batteva a mille.
Staranno parlando di un altro: non devono per forza parlare di me. Sì, sarà un altro. cercò di convincersi, anche se non servì molto.
Il dubbio lo stava divorando.
Uscì lentamente dal bagno, facendo attenzione a dove metteva i piedi, e si avvicinò alla porta, poggiandoci sopra l'orecchio destro.
Sperò con tutto se stesso che quelli fuori non sentissero il battito del suo cuore.
-Allora forse non è lui.- disse un'altra voce, esasperata.-Sai quanti saranno uguali a lui, nel mondo?
-Ma...giuro, è uguale!- balbettò Sa'd.
-Certo, e io sono Jace Herondale.- rise un altro e Jonathan sentì uno schiocco: forse qualcuno gli aveva dato una pacca sulla spalla.
Come fanno i ciechi a vivere senza vedere resterà un mistero. pensò, mentre la curiosità di vedere gli Shadowhunters - dovevano essere tali, visto che c'era Sa'd El Din - aumentava sempre di più.
-C'è pure una ragazza che assomiglia a lui!- esclamò Sa'd, ma nella sua voce Jonathan vi notò delle suppliche silenziose.
Non gli credono. capì con sollievo.
-Sa'd, ora stai esagerando.- lo rimproverò la Shadowhunter, sbuffando.-Tu non l'hai mai visto Jace Herondale, e neanche Jonathan Morgenstern!
-Ma...ma...ne ho sentito parlare, però!- ribatté Sa'd, ora supplicante.
Jonathan udì degli sbuffi e poi dei sussurri nervosi.
-Senti, portaci dai demoni e basta, okay?- disse infine un'altra voce, stavolta più roca e paziente.-Siamo venuti qui da Londra perché hai detto che i demoni sono aumentati e voi non ce la fate da soli, vero?
-S-sì, ma...- balbettò il Capo dell'Istituto di Il Cairo.
-Perfetto, allora portaci da loro: la mia spada è assetata.
-Già, e se riparli di nuovo di Morgenstern o Herondale o chiunque altro Shadowhunter famoso ti stacco la testa.- aggiunse la donna, suscitando la risata dei compagni.
Sa'd disse qualcos'altro, ma Jonathan non lo udì per via degli stivali degli Shadowhunters che sbattevano sul pavimento.
Rimase sveglio tutta la notte, desiderando ardentemente di non aver mai origliato quella conversazione.

Shadowhunters: Città Dei DimenticatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora