La luce viola si diffuse nel cielo come un raggio, diffondendosi come un razzo sopra la città di Alicante.
Jonathan sentì un rumore lacerargli le orecchie.
Era come il grido di uno spettro, alterato dai ruggiti e dai pianti sommessi delle foglie che cadevano d'autunno.
Jonathan urlò.
Il rumore divenne una serie di voci, voci che gli gridavano nelle orecchie.
Voci che gli si appendevano nella mente come promemoria.
Voci che urlavano il suo ritorno.
Jonathan sentì la testa pulsargli, e si tappò le orecchie, premendosi forte le mani sulle orecchie: uno strano liquido rosso gli colò giù per le dita.
Jonathan, come in trance, si portò le dita vicino agli occhi.
Il sangue scintillò alla luce viola che splendeva come un nuovo sole nel cielo ora scuro.
Non riusciva a pensare lucidamente.
Sentì delle mani afferrarlo, e il suo cuore iniziò a battere forte, come se tenesse qualcosa. Si alzò di scatto, scansando tutti e tutto.
Non riusciva a pensare.
La stanza iniziò a vorticare pericolosamente, come se tutte le cose avessero preso vita, guidati da una rabbia ultraterrena.
Le gambe iniziarono a tremargli pericolosamente, non riusciva a mantenersi in piedi, sembrava sciogliersi sotto il suo peso.
Le voci si estinsero mano a mano.
Jonathan chiuse gli occhi.
Era sudato, lucido ed era piegato verso la finestra, come se stesse per vomitare.
Non si ricordava come avesse preso quella posizione.
Non si ricordava neanche di essersi alzato dalla sedia.
Prese lunghi sospiri: si accorse che la gola gli bruciava terribilmente, in modo doloroso, e i polmoni si sollevavano lenti e pesanti.
Si sentiva strozzare.
-Jonathan...- mormorò una voce dietro di lui. Jonathan non si girò.
Un formicolio simile a fuoco iniziò a salirgli su per le vene.
Iniziò a tossire.
Forte.
Sempre più forte.
Come se stesse rigettando l'anima.
Si aggrappò con le mani ad un mobile, mentre le ginocchia gli tremavano convulsionamente.
-Jonathan!- lo chiamo un'altra voce, incrinata dalla preoccupazione.
Girò gli occhi verso le figure dietro di sé: erano sfocate, tante, grigie e nere.
Una stese la mano verso di lui: Jonathan vide artigli neri sulle sue dita e si ritirò come un topo che scappa da un gatto.
Il suo respiro era ancora mozzo.
-Jonathan, calmo, non è successo niente...- mormorò una delle figure, alzando le mani al cielo.-Abigail, non ti avvicinare a Jonathan.- aggiunse, mentre un'altra sagoma si scostava al ragazzo con passi piccoli.
Sebastian.
Del gelo si diffuse per la sua mente.
Jonathan rabbrividì.
Una voce diversa, diversa dalle altre e dai gridi, gli stava sussurrando qualcosa.
Quatta quatta entrava nella sua mente.
Senza lasciargli via di fuga.
Ti ricordi questo nome?
Fu preso dai conati di vomito, e le sue gambe cedettero sotto il peso del corpo.
-Jonathan!- strillò una voce.
Ma Jonathan non la sentiva.
Non riusciva a sentirla.
Oh, chi è Jonathan?
La voce rise, una risata gelida, malvagia.
Jonathan cercò di prendere un lungo respiro, i polmoni gli andavano a fuoco.
-Le vene! Le vene gli stanno diventando nere!- urlò qualcuno.
Jonathan non se ne preoccupò.
Sono tornato, Jonathan. A prendermi quello che è mio. A prendere te.
Jonathan scosse la testa, a scatti, cercando di scacciare quella voce.
Il suo timbro sembrava un'unghia che graffiava una lavagna.
Si coprì le orecchie.
È inutile, Jonathan, è tutto inutile. Smettila di porre resistenza: sono tornato.
Jonathan sentì una fitta al cuore.
Urlò.
-Jonathan!- urlò qualcuno, qualcuno che le parve stranamente familiare.
Abigail... pensò, mentre si contorceva tra gli spasmi.
-Sta avendo un attacco cardiaco! Dobbiamo farlo stare fermo!
Sì, Abigail, la bella Herondale. Jonathan, ma che sogni fai? Tu sei me, e io non potrei mai amare.
Jonathan si portò le mano sul cuore, mentre cercava affannosamente di prendere un respiro con la bocca.
T-ti prego... pensò con l'ultimo spicchio di lucidità. Va' via, Sebastian.
La voce rise.
Ma se sono appena arrivato. Lilith ha molte cose in serbo per noi. Andiamo, uccidi Abigail: fallo per Lilith.
Jonathan scosse la testa, come se ne andasse della sua vita.
Girati e uccidi Abigail, Jonathan.
-N-no...- mormorò, tossendo furiosamente. Il respiro gli mancava.
Uccidila!
-NO!- urlò, alzandosi di botto: colpì con il corpo alcune mensole, che caddero a terra con un tonfo profondo.
La vista gli si stabilì: sbatté qualche volta le palpebre, e i colori ripresero le loro forme.
Era aggrappato alla mensola della finestra, stagliandosi fermo e immobile davanti a tutta la sua famiglia, Jace, Tessa, Jem e lei.
Prese lunghi sospiri, leccandosi le labbra: non si era accorto che erano fredde.
Abigail lo stava guardando.
Era come un'altra fitta al cuore.
Lo guardava spaventata, con gli occhi spalancati, le braccia strette ad abbracciarle il corpo: i suoi occhi dorati viaggiava per il corpo di Jonathan cercando qualche appiglio alla normalità.
Prese un respiro.
-A-Abigail,- la chiamò, con voce stranamente bassa: aveva urlato troppo, non aveva più voce.-V-va tut-to bene, okay? Allontanati da me, p-per favore.
Jem annuì e fece per prendere Abigail per la spalla, quando lei si catapultò verso Jonathan e si tuffò tra le sue braccia.
Le gambe di Jonathan cedettero un'altra volta, ma Abigail non si scostò e cadde in ginocchio insieme a lui. Iniziò ad accarezzargli i capelli, con gli occhi lucidi, mormorando parole confuse.
-A-Abby, allontanati,- ripeté Jonathan, cacciando un respiro doloroso.-Ti prego, s-sono pericoloso. Sto bene, ma va' via, n-non voglio farti male.
-Zitto.- lo interruppe bruscamente Abigail, facendo incontrare i loro sguardi: i suoi occhi dorati erano lucidi e mascheravano una grande paura.-Ora ci alziamo e usciamo di qui, capito? Tu seguimi, Jonathan, capito?
-Abigail, ma cosa...- cercò di chiedere, ma fu interrotto da un colpo di tosse.
Gli occhi di Abigail si fecero ancora più preoccupati e spaventati.
-Jonathan, ascoltami, guardami.- gli ordinò, con la voce incrinata dal terrore, afferrandogli il volto tra le mani.-Ora ci alziamo e ce ne andiamo, usciamo di qui, lasciamo Alicante, abbandoniamo Idris. Andremo da qualche parte, da qualunque parte, ma ce ne andiamo da qui. Hai capito, Jonathan? Guardami, ti prego.
-Ma cosa sta succedendo?- le domandò a mezza voce, guardando oltre la sua spalla: Jocelyn piangeva sommessamente, in silenzio, scuotendo la testa mentre Luke e Clary le dicevano parole all'orecchio; Jem e Tessa non c'erano più, ma Jace aveva messo mano ad una spada angelica.
-Abigail, te l'ho detto.- disse Jace alla sorella, con il volto triste: perché era triste, dispiaciuto.-Ascoltami, per una volta. È meglio per tutti qu...
-No! Stai zitto!- urlò lei, tremando tra le braccia di Jonathan.-Ora noi ci alziamo e ce ne andiamo. Togliti dalla porta, Jace, levati subito!
-Abigail, io n-non...- fece per dire Jonathan, quando si udì un suono secco seguito da tanti altri, come se andassero di fretta: qualcuno stava battendo sul portone principale.-Chi è?- domandò rivolto ad Abigail, ma la ragazza non rispose.
-Andiamo, ti aiuto ad alzarti.- gli mormorò all'orecchio, così lo strinse ai fianchi circondandolo con le braccia e Jonathan si appoggiò su di lei per sollevarsi da terra.
-Aprite!- urlò qualcuno fuori, mentre continuavano a battere sul portone.
-Chi sono?- domandò Jonathan, guardando uno per uno ognuno nella stanza: nessuno gli rispose.
Jocelyn si avvicinò a lui e gli posò le mani sul volto: erano calde. Jocelyn sorrise tristemente, annuendo.
-Abigail, porta mio figlio lontano da qua.- le disse, allontanandosi frettolosamente: si asciugò velocemente due lacrime e uscì dalla cucina con Luke dietro.
Clary guardò i suoi genitori, poi si girò verso Jonathan e corse ad abbracciarlo.
-Forse, in un'altra vita, saremo finalmente una famiglia.- gli sussurrò, poi gli nascose qualcosa in una tasca.-Non lasciare che Sebastian torni.- disse per ultimo, poi si girò e scomparve dietro la porta.
Jace intanto stava gesticolando davanti ad Abigail.
-Non puoi andartene, tu...- stava dicendo, ma Abigail lo abbracciò.
Quando si staccò, Jace sembrava sconsolato: le stampò un bacio sulla guancia e, dopo un'ultima occhiata, corse verso l'altra stanza.
-Cerchiamo di darvi più tempo possibile!- urlò prima di scomparire.
Jonathan non ci stava capendo niente.
-Ce ne andiamo?- le chiese, prendendole la mano.
Abigail rabbrividì a quel contatto.
Annuì, guardandolo preoccupata: voleva scoppiare a piangere, Jonathan lo sapeva, ma stava tirando indietro le lacrime.
Ma perché?
Perché tutti si stavano comportando in modo strano?
-Guarda il cielo, Jonathan.- gli disse solamente.
Jonathan corrucciò la fronte.
Si ricordava del lampo di luce viola, ma dopo tutto quello che ricordava era pieno di urli, grida e di lui.
Si girò lentamente, prendendo un respiro, e guardò fuori dalla finestra: sbarrò gli occhi.
-È tornata, vero?- le domandò, stringendo le mani a pugno.
Abigail lo abbracciò da dietro, sospirando.
-È tornata, Jonathan, come aveva promesso.- gli disse a bassa voce.
Ma, anche se voleva dire altro, tacque.
Il cielo era scuro come la notte e coperto di strappi viola, da cui discendevano come puntini lontani tutti i demoni di Lilith.
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Shadowhunters: Città Dei Dimenticati
FanficFinita la Guerra Oscura, Jonathan Christopher Morgenstern - conosciuto come Sebastian -, dopo aver passato diciassette anni sotto il controllo del sangue di demone, quando crede finalmente di poter morire e dare sollievo a tutti con la sua morte, si...