Capitolo XVIII

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Jonathan aprì gli occhi.
Si sentiva leggero, come quando era morto la prima volta.
Avvertiva sulle labbra una pressione leggera, quasi inumana, lo spettro di qualcosa che lo stava rapendo.
Poi le orecchie gli si stapparono e un gran silenzio gli ferì le orecchie. Il cuore gli iniziò a battere forte, sempre più forte.
Il silenzio fu scosso dal singhiozzo di una ragazza, e successivamente da un sospiro profondo.
Si trovava sempre al centro della sala circolare, nella stessa posizione di poco prima, con la presa dura dell'Inquisitore ancora sui suoi capelli.
Non era morto.
Non sono morto.
Tutti gli Shadowhunters lo guardavano inorriditi. Tutti quei volti macabri, come diavoli venuti a prenderlo...
Non era morto.
Perché non era morto?
Davanti a lui, Jocelyn stava con le braccia aperte come per volerlo proteggere, di spalle a lui.
Fissava Jia Penhallow, che aveva ancora la Spada a mezz'aria e lo sguardo a metà tra il feroce e lo stupito.
Jonathan sbatté le palpebre più volte.
Cosa, cosa stava succedendo?
Non ebbe la forza di chiederlo, non aveva la forza di fare nulla. Ma mille domande camminavano sulla sua lingua, incessanti, molteplici.
-Non toccare mio figlio.- sibilò Jocelyn, e Jonathan restò colpito da quelle parole.-Non osare. Allontana la Spada, Jia, non permetterò che tu lo uccida, non mio figlio.
A Jonathan mancò il fiato.
Possibile?
Possibile che sua madre, Jocelyn, l'avesse salvato dalla sua morte?
Come?
Perché?
Jonathan era confuso, nonché sollevato: provava l'infrenabile desiderio di girarsi per vedere l'espressione di Abigail, andarle incontro, asciugarle quelle precipitose lacrime dal viso...
Non era morto.
Non era morto.
Il cuore gli sembrò più leggero.
Il Console respirò a fatica, lo sguardo furibondo che sembrava stesse per scoppiare da un momento all'altro.
-Allontana la Spada, Jia, subito!- strillò Jocelyn, e la sua voce si diffuse in fretta per la sala. Sembrava sul punto di scoppiare a piangere dalla rabbia.
Il Console la guardò.
-Jocelyn Morgenstern, nata Fairchild,- esordì con voce insicura, quasi acuta: Jonathan provò piacere a vederla in difficoltà.-ti fai carico della responsabilità del tuo atto impuro davanti a tutta Idris, e di conseguenza di tutte le conseguenze che seguono o preferisci toglierti e lasciare che il traditore Sebastian sia processato come deciso?
Jonathan avrebbe pagato pur di vedere l'espressione di sua madre in quel momento, ma purtroppo riusciva a vedere solo la sua massa di capelli rossi e la schiena rigida e sicura.
Quanta ansia che aveva.
La presa dell'Inquisitore era ancora solida.
-Mi prendo ogni responsabilità.- rispose Jocelyn a voce alta.-Jonathan sarà sotto la mia custodia, sotto il tetto Fairchild. Nessuno potrà toccarlo, nessuno.
Jia la guardò duro.
Jonathan spalancò gli occhi.
Quando uno Shadowhunter prendeva sotto la sua custodia chiunque, nessuno poteva permettersi di torcergli un solo capello finché non avesse infranto la legge. E se lui lo avesse fatto, be', avrebbe pagato anche lei le conseguenze.
Jonathan era salvo.
Com'era possibile?
-Bene.- disse freddamente, abbassando la Spada.-Il processo di Sebastian Morgenstern è concluso: potete andare, Shadowhunters.
L'Inquisitore mollò la presa sui suoi capelli, come colpito da una spada invisibile.
La sala si svuotò molto lentamente, con un tempo infinitamente lungo, tempo in cui Jocelyn si girò e l'osservò con le guance rigate dalle lacrime e un sorriso tremante sulle labbra.
Ma Jonathan era confuso.
Jonathan si sentiva a disagio.
Jace di sicuro aveva portato fuori Abigail, che prima Jonathan aveva sentito sospirare profondamente, scossa dai singhiozzi di gioia.
Ora però non c'era niente che lo distraesse da quegli occhi che lo fissavano, verdi come i suoi, verdi e felici come una nuvola tempestosa in un giorno di pioggia.
Jonathan voleva piangere: almeno l'avrebbe aiutato a scacciare l'ansia che gli attanagliava lo stomaco con una morsa dolorosa.
-Jonathan...- sussurrò Jocelyn, cadendo davanti a lui e avvicinando tremante le mani verso il suo viso.-Sei davvero tu? Il mio bambino, il mio povero bambino...
Il ragazzo si schiarì la voce.
-Sto bene...- mormorò con la voce rauca, cercando di evitare il suo sguardo.
Gli faceva male vederla così, di nuovo, per colpa sua.
Perché non era morto?
Sarebbe stato tutto più semplice, se fossi morto.
-...mamma.- completò per lui sua madre, alzandogli il mento lentamente, finché i loro occhi non si rispecchiarono fra loro.-Chiamami mamma, sei mio figlio...- lo avvolse fra le braccia, forte, esitante, felice, triste, dondolandolo piano, come per cullarlo.-Sei mio figlio, il mio bambino...il mio bambino, Jonathan. Il mio bel bambino...
Jonathan non si oppose.
Quel calore caldo, materno, gli stava penetrando nel petto facendogli provare un sentimento rilassante: tutti i problemi scapparono via dalla sua mente.
Si sentiva leggero, ma stranamente importante, come se fosse un perno importante nella vita di qualcuno.
-Sto bene...- mormorò, poggiando senza sapere che fare le mani sulla schiena di Jocelyn: lei non si ritrasse, anzi, lo strinse più forte.-...mamma.
Jocelyn iniziò a singhiozzare forte.
E restarono così per molto, molto, ma molto tempo, abbracciati l'uno all'altra, dimentichi di tutto e cullati dai singhiozzi di Jocelyn.

Shadowhunters: Città Dei DimenticatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora