Lo scorrere della porta blindata interruppe la sua veglia silenziosa.
I suoi occhi aperti furono colpiti da una forte luce e iniziarono a dolergli forte.
Jonathan si portò una mano su di essi per coprirli.
Si sentiva a pezzi.
-Alzati.- comandò una voce rude.
Jonathan alzò gli occhi rossi dal pianto sull'uomo che era entrato: uno Shadowhunter dai capelli neri e la mascella quadrata incastrata nel cranio come una pietra; aveva occhi piccoli e azzurri che lo scrutavano odiosi e duri.
Assomigliava molto a qualcuno, qualcuno di cui in quel momento Jonathan non ricordava il nome.
Vedeva ancora davanti a sé Abigail sanguinante e mezza morta.
-Come sta Abigail?- chiese in un sussurro, alzando il capo verso lo Shadowhunter dallo sguardo indecifrabile.
Notò con sbieco che la sua voce suonava estranea alle sue orecchie.
Ma quello si limitò a ripetere:-Alzati.
Allora Jonathan tentò di fare come gli era stato comandato, ma le catene che gli si erano incarnate nei polsi e gli arti indolenziti lo rimandarono a sbattere sul pavimento umido.
Non riusciva ad alzarsi.
-Muoviti, o ti farò rimpiangere di non averlo fatto da solo, Mostro.- ringhiò l'uomo, poggiando la mano con decisione sulla cintura: con le dita sfiorò l'elsa di una spada angelica.
Non sono un Mostro. voleva ribattere Jonathan, ma il dolore di come l'aveva chiamato fermò le sue parole. Non sono Sebastian...
Sussurrò solamente, la sua voce lieve come il fruscio debole del vento:-Non ci riesco... Ti prego, dimmi almeno come sta Abigail, ti pre...
-Smettila di supplicarmi, non meriti di sapere se hai ucciso o no quella ragazza.- lo interruppe brutalmente l'uomo, avvicinandosi poco a poco a lui sempre con la mano sull'elsa, stavolta più decisa.
-Non l'ho uccisa io...l-lei non può essere morta...è stato il demone...- balbettò, cercando di allontanarsi dall'uomo che lo minacciava.
-Ah, ora è così? Parli di te stesso in terza persona?- sputò acido lo Shadowhunter; gli si avvicinò talmente tanto che il volto non rasato era all'altezza di quello di Jonathan e gli disse:-Te lo ripeto per l'ultima volta: alzati o ti faccio alzare io, Mostro.
-Smettila...- mormorò Jonathan.
Puntò gli occhi verdi arrossati e decisi sullo Shadowhunter.
-Cosa hai detto?- ringhiò.-Non ti piace il nome Mostro? Preferisci Assassino? Traditore? Demone? O 'Sebastian' racchiude già in sé tutte queste cose?
Jonathan lo guardò truce.
Era furioso, stanco e dolorante.
Voleva solo sapere come stava Abigail.
-Smettila!- urlò.
L'eco della sua voce si diffuse nella cella come il rullio di tante gocce deformate.
Gli occhi azzurri dell'uomo mandarono lampi.
Poi lo schiaffeggiò così forte che Jonathan sentì sulla guancia aprirsi un graffio e il sangue colare.
L'uomo lo prese per i capelli, tirandoglieli così forte che Jonathan credette stesse per strappargli il cuoio capelluto, e lo fece alzare dal suo giaciglio di pietra e sangue. Gli tolse le catene ai polsi per poi legarglieli dietro la schiena con una corda metallica.
Jonathan rimase zitto.
Sapeva che se avesse urlato non avrebbe provocato che piacere all'uomo che voleva vederlo soffrire.
-Non so cosa ti ha fatto Sebastian, ma mi dispiace.- ebbe la forza di dirgli dopo un po', mentre lo scrutava con gli occhi velati da lacrime di dolore.-Ti prego, ti supplico, dimmi come sta Abigail...io la amo, ti prego!
L'uomo gli sputò in faccia e gli diede un pugno sulla fronte.
Jonathan barcollò, ma alla fine fu spinto fuori dalla cella e bendato con un sacco legato brutalmente da una corda stretta al collo.
-Tu non sai amare, Mostro.- gli sussurrò all'orecchio l'uomo.-Sai solo distruggere.
Non è vero...non è vero!
L'uomo lo spinse in avanti, costringendolo ad avanzare: passo dopo passo, con il dolore al volto e ai polsi insopportabile.
Senza vedere niente, percorsero molta strada: chissà in che parte di Alicante - perché dovevano essere ad Alicante, constatò - l'avevano rinchiuso.
Per poco non inciampò quando iniziarono scalini interminabili, ma lo Shadowhunter lo rimise con uno scatto in piedi e lo spinse sù per la scala.
Jonathan si sentiva disorientato, proprio come doveva volere il suo carceriere.
Durante il tragitto, quando Jonathan era inciampato, l'uomo l'aveva pestato senza contegno e senza pensarci due volte.
Non aveva pietà, per sfortuna di Jonathan.
Poi, forse grazie agli Angeli, chissà, si fermarono dopo un pezzo dritto e stranamente asciutto.
L'uomo gli tolse il sacco.
E Jonathan restò paralizzato dall'orrore.
Si trovava alla fine di un tunnel che sporgeva in una immensa stanza circolare simile ad un'arena romana: sugli spalti erano seduti centinaia di Shadowhunters che lo fissavano con astio e, dall'altra parte, opposta a Jonathan, stava una donna dai caratteri orientali con al fianco i Fratelli Silente e le Sorelle di Ferro.
In mano a uno dei confratelli c'era una spada che risplendeva di luce bianca: la Spada Mortale, o Spada della Verità, che l'Angelo Raziel aveva dato al primo Shadowhunter, Jonathan Shadowhunter, insieme alla Coppa Mortale e allo Specchio.
I tre Strumenti Mortali.
Jonathan la fissò.
Volevano interrogarlo.
Quegli Shadowhunters erano lì per quello...
Per il suo processo.
Mi uccideranno. capì boccheggiando.
In qualunque modo, anche se si sbagliavano, l'avrebbero ucciso.
Avevano troppa paura, paura che Sebastian tornasse per provare a salvare Jonathan.
L'uomo che lo stringeva fece un segno del capo alla donna dagli occhi a mandorla e gli slegò i polsi, lasciandolo libero ma standogli dietro di pochi passi.
Poi, tutte le persone nella sala, compresa la sua guardia, guardarono un punto dietro di lui: quando Jonathan si girò, una figura gli saltò al collo.
Capelli biondi gli si strofinarono sulla ferita della guancia.
Occhi dorati lo fissarono sollevati e sorpresi, l'amore che si leggeva in ogni sua parte.
Il cuore di Jonathan perse due battiti.
Abigail non gli diede il tempo di parlare che fece incontrare le loro labbra, stringendolo forte.
Jonathan sorrise.
È viva...è viva! gridò dentro di sé, felice come non mai.
Assaporò il suo odore, il suono melodioso del suo cuore contro il suo petto e il sapore delicato delle sue labbra: sentì che il peso che aveva al petto lo abbandonava, lasciando al suo posto sollievo e gioia.
Immerse le mani nei suoi capelli biondi.
Quando si staccarono, Abigail lo osservò con gli occhi velati di lacrime: prese a passare le sue mani sul suo volto, con delicatezza, sfiorando la ferita ancora aperta sulla sua guancia e i graffi sulla fronte e vicino agli occhi e sul mento; gli occhi le dolevano dal dolore, Jonathan lo vedeva, lo sapeva, ma lei continuò a fissarlo con quello sguardo a metà tra il dispiaciuto e il sollevato.
I suoi tocchi sembravano carezze.
-Cosa ti hanno fatto...- sussurrò guardandolo negli occhi, passando il pollice sulla ferita sulla guancia.
Jonathan sorrise, facendo vedere che stava meglio e poggiando la fronte sulla sua, ma lei gli tuffò lo stesso la faccia nel petto, in cerca di rassicurazione.
Dietro di lei, con il volto tetro, un ragazzo della loro età stava con il volto pallido e gli occhi scuri a mandorla in pieno a mille pensieri: uno di questi era di sicuro il non essere d'accordo su loro due.
Jonathan lo ignorò.
-Sei...sei viva...- mormorò con sollievo, circondandole la schiena con le braccia sporche: a lei non importò molto.
Il cuore di Jonathan era pieno di sollievo e galoppava veloce come il vento.
-Non ti lascerò mai.- disse lei, alzando lo sguardo su di lui e baciandolo lentamente: Jonathan dimenticò tutte le persone intorno a loro e approfondì il bacio mordendole il labbro inferiore e schiudendo le labbra insieme a lei.
Abigail aveva lasciato la sua maschera di ironia, per quella volta: voleva gustarsi il momento, concentrando solo l'amore e il sollievo per Jonathan.
Erano ghiacciati in quella posizione, come statue fortunate nel vivere per l'eternità.
-Abigail...- la chiamò il ragazzo dietro di lei, a disagio.
Abigail lo ignorò ancora per un po', ripoggiando la fronte su quella di Jonathan.
Quel contatto bruciava piacevolmente.
Poi si staccò di malavoglia e gli sorrise un'ultima volta; Jonathan le strinse la mano.
Il ragazzo le posò una mano sulla spalla come per proteggerla da lui, e insieme lo superarono per andare al centro della sala circolare.
Gli Shadowhunters la fissavano come se avesse baciato il Diavolo in persona.
Tra loro, in prima fila, Jonathan notò che Jace era talmente sbiancato che sembrava sul punto di vomitare.
Il Fratello Silente che teneva la Spada la porse al ragazzo dai capelli neri e argentati che aveva accompagnato Abigail e lui la prese: la passò alla ragazza, che intanto rifiutava di inchinarsi al Conclave.
-Non mi inginocchierò.- stava dicendo alla donna dagli occhi a mandorla che la scrutava con volto indecifrabile.
-Gail.- le disse il ragazzo, avvertendola di stare zitta con gli occhi scuri.
Abigail si girò verso di lui con occhi duri e sibilò:-Non mi inginocchierò. Non davanti alle persone che vogliono Jonathan morto, Jem.
Sputò quel nome come se fosse maledetto, come se lo odiasse nel profondo.
Jem, il ragazzo, abbassò il capo.
-La Spada è troppo pesante, anche per una forte come te.- aggiunse la donna con voce dolce, osservandola come si fa con i cuccioli: Abigail si arrabbiò per questo ancora di più, notò Jonathan.-E cadrai sotto di essa. Se vuoi invece che non accada, che tu non ti faccia male, ti conviene inginocchiarti...
-Non cadrò.- tagliò corto Abigail, seccata, prendendo l'elsa lucente fra le dita affusolate con uno strappo.
La donna trattenne il fiato.
Ma Abigail non si mosse, né fece smorfie: Jonathan strabuzzò gli occhi stupito.
La Spada Mortale pesava proprio perché la verità era dura da repellere: più ti opponevi alle spine che cercavano di succhiarti dalle labbra la verità e più ti faceva provare dolore, dolore per la colpa di volerla nascondere.
Ma Abigail sembrava non dover nascondere niente: era...era pura.
-Dirò la verità, ma non perché me lo comanda la Spada: perché lo voglio io.- disse alla donna.
Questa annuì, senza parole.
Poi tossicchiò.
Tutti gli Shadowhunters cercarono di avvicinare i visi a quello spettacolo, per non perdersi nessuna parola: anche Jonathan, per curiosità e per vedere se Abigail sarebbe stata bene dopo aver svuotato diciassette anni di bugie.
-Io sono Jia Penhallow, Console del Conclave.- cominciò la donna, il volto duro come pietra.-In presenza di tutti gli Shadowhunters, dei Fratelli Silenti e delle Sorelle di Ferro, Idris e Alicante intera, dimmi il tuo nome.
Abigail borbottò qualcosa, poi rispose con aria scocciata:
-Sono Abigail Ester Herondale.
Per tutta la sala si diffuse un mormorio, finché la donna non li zittì con un gesto della mano.
Jonathan vide lo sconcerto sul suo volto.
-Bene.- disse freddamente, non del tutto convinta.-E chi sarebbero i tuoi genitori?
-Stephen e Celine Herondale. Io...sono la sorella gemella di Jace.- rispose Abigail, il mento all'infuori con orgoglio.
Proprio come faceva il fratello.
La donna doveva aver notato quel particolare: era impossibile non notarlo.
-È impossibile.- replicò Jia, anche se sapeva, come lo sapevano tutti gli altri, che non poteva mentire sotto l'effetto della Spada.
Ma era anche vero che su di lei sembrava non avere nessun effetto...
Abigail alzò lo sguardo su di lei.
-Allora chiedi a Fr...Jem.- si corresse con una smorfia.
Il volto del ragazzo vicino a lei si fece triste, ma annuì lo stesso.
E allora Abigail con un movimento secco tolse leggermente la spallina della maglietta e fece vedere la voglia a forma di stella sulla sua spalla: il simbolo degli Herondale.
Jace trattenne il fiato.
La donna, dopo aver passato qualche minuto sbigottita, disse, con voce rotta dall'incertezza:
-Racconta.
E Abigail raccontò.
Iniziò da quando era nata, dal suicidio di Celine e di Hodge, lasciando che la sua voce desse vita alle immagini dei Fratelli Silenti e di Fratello Zaccaria, della sua infanzia e della sua fanciullezza trascorsa nascosta da tutti e da tutto.
Le parole percorrevano l'aria come una mandria di cavalli selvaggi, i momenti lontani con le Sorelle di Ferro tuonavano come lampi nella sala, interrotti solo dalla dolcezza del tempo passato con la mutaforma Tessa Grey nel Labirinto a Spirale e della maturità che la sua saggezza l'avevano cambiata moralmente.
E arrivò crudo come l'inverno sulle foglie degli alberi l'anno solitario che Abigail disse essere passato solo in giro al mondo, scappando da Valentine e dal passato che neanche ricordava.
Descrisse l'incontro con Jonathan - nome che calcò in ogni sua frase, la voce intrisa di sicurezza che galleggiava sulle orecchie dei presenti - e di come ne avevano scampate di belle e brutte.
Abigail, anche se cercava di essere seria, rise lo stesso raccontando le avventure che aveva passato con Jonathan, il ragazzo che amava.
Lui, ascoltandola, sorrise.
Sorrise felice, triste, malinconico: la voce, il timbro di Abigail l'avevano colpito al cuore, iniettandogli una strana morsa nel petto.
Ma Jonathan sorrise.
Poi l'aura cacciatrice dei pensieri altrui si spense, così come la voce melodiosa di Abigail si affievolì fino a chiudersi.
La donna l'osservò, come indecisa sul da dirsi o sul da farsi.
Jonathan si accorse di non aver tolto lo sguardo dalla figura di Abigail per tutto il tempo, e così dovevano aver fatto anche gli altri Shadowhunters, notò osservandoli come si guardavano attorno come risvegliati da un sogno bellissimo e triste allo stesso tempo.
Jace aveva le lacrime agli occhi e stringeva le mani a pugni così forte che le nocche gli erano diventate bianche.
Alla fine fu proprio Abigail a rompere il silenzio.
-Allora? Ti sei stufata di farti i cazzi miei?- chiese gelida, anche se Jonathan, che la conosceva troppo bene, capì che stava mascherando la rabbia e ricacciando indietro le lacrime.
Sa che Jace la sta guardando. E questo la mette a disagio. si disse Jonathan, e fece un passo avanti, come se potesse andare ad abbracciarla per proteggerla da quegli sguardi indagatori.
Ma la sua guardia lo prese rudemente per il braccio e lo spinse indietro, con un ringhio sulle labbra.
-Che rapporto hai con Sebastian?- continuò la donna, ignorando la domanda con tanto di parolaccia da parte della ragazza.-Mi hanno riferito che ti ha portata lui all'Istituto, mezza morta per una ferita mortale.
Una ferita mortale da cui è guarita troppo in fretta. capì Jonathan, mentre un brivido gli percorreva la spina dorsale.
La donna non le aveva ancora chiesto del sangue dorato: l'avrebbe lasciato per ultimo, come la ciliegina sulla torta.
O come il veleno che rovina una festa.
-Io lo amo.- ribatté Abigail, alzando il capo.-È il mio ragazzo. E si chiama Jonathan, essere dalla memoria corta.
Jonathan non poteva non ridacchiare, ma fece finta di tossire: quanto la poteva amare, quella ragazza!
Persino Jace, notò, si illuminò in volto, anche se dopo un conato di vomito.
-E lo sai, vero, che è lui la causa per cui ogni Shadowhunter in questa sala ha perso almeno un familiare o un amico caro nella Guerra Oscura?- le domandò il Console ignorando l'offesa, anche se la risposta era ovvia.-E che era suo padre l'uomo che ha disegnato la morte dei tuoi genitori? E che ha tenuto Jace nascosto da tutti? Lo sai, tutto questo?
Abigail strinse i denti.
Jonathan chiuse gli occhi, accecato dal dolore di una fitta.
Non sapeva a cosa pensare.
Cosa avrebbe risposto Abigail?
-Se lei avesse un genitore pazzo che gioca col fuoco e un giorno le bruciasse il viso, cosa farebbe? Si prenderebbe la colpa della scottatura?- le chiese Abigail, calma in voce ma ringhiosa nell'intenzione.
-Eviterei di imparare a giocarci.- rispose secca lei, squadrandola dura con gli occhi a mandorla.
Ma aveva capito cosa intendeva, Jonathan lo vide dal suo sguardo.
Sinceramente stava avvertendo molte cose, tra dolore e rabbia e dubbio.
-Fammi la domanda che ti preme sulle labbra.- la invitò Abigail, la voce appena accentuata, poco più di un sussurro, lieve e tentatrice.-Odio aspettare e non sapere.
-Mi hanno detto che eri coperta da sangue dorato.- cominciò la donna, la voce forte che riempiva ogni spazio della sala.-Solo gli Angeli lo possiedono. Cosa sei veramente, Abigail Ester Herondale?
Jonathan aprì gli occhi.
Sentì il cuore premergli sul petto, come per avvicinarsi per udire meglio, per sapere meglio: non avevano mai, e dico mai, parlato di quell'argomento.
Sapeva di essere curioso.
Troppo curioso.
Più del voluto.
Cosa sei veramente, Abigail?
Abigail sorrise, misteriosa.
Tutti gli Shadowhunters si sporsero, soprattutto Jace.
Abigail guardò Jem, in cerca di un suo assenso: doveva sentirsi a nudo lì, dove tutta la verità stava per essere svelata del suo mantello di bugie.
Il ragazzo annuì.
La sala fremeva di agitazione.
Abigail si guardò le mani, mordendosi il labbro.
Jonathan avrebbe voluto stringerla fra le braccia, portarla via da quel peso che le gravava sulle spalle.
-Ma io sono un Angelo.- disse poi, guardando la spada che stringeva fra le dita.
Nella sala scese un silenzio lungo e lugubre, mentre la notizia passava da orecchio a orecchio, da mente a mente.
Mentre tutti iniziavano a capire.
Jonathan smise di respirare.
Ora tutto tornava.
Il sangue dorato, l'icore degli Angeli.
Le ali tatuate sulle sue scapole.
Le ali bianche comparse come in un sogno nell'Istituto di Belfast, durante l'attacco dei demoni e di Lilith.
L'interesse del demone stesso per lei.
La scioltezza con cui teneva la Spada della Verità, dono dell'angelo Raziel, senza cadere sotto il suo peso...
La tristezza nei suoi occhi quando guardava Jonathan.
Il ragazzo boccheggiò.
Non era umana.
Non era una Shadowhunter.
Era...era un essere superiore.
Superiore a tutti in quella Sala.
Perfetta.
Semplicemente perfetta.
Jonathan allora capì che non mentiva.
Era tutto fottutamente vero.
Dolorosamente vero.
Poi, accadde l'impensabile: i Fratelli Silenti e le Sorelle di Ferro si inginocchiarono contemporaneamente, come un sol uomo, recitando parole strane che sembravano provenienti da un altro pianeta.
Era bizzarro, pensò Jonathan, vedere le loro vesti a terra e i cappucci levati dal volto in segno di rispetto.
Sembravano ignorare il fatto di essere di differenti Fratellanze, uomini e donne, uniti da un filo stranamente potente.
Persino Jem, che non sembrava affatto un Fratello Silente, si inginocchiò senza pensarci sù, ripetendo quelle strane parole che dovevano aver imparato a memoria molto tempo prima:
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Shadowhunters: Città Dei Dimenticati
Hayran KurguFinita la Guerra Oscura, Jonathan Christopher Morgenstern - conosciuto come Sebastian -, dopo aver passato diciassette anni sotto il controllo del sangue di demone, quando crede finalmente di poter morire e dare sollievo a tutti con la sua morte, si...