"Come stai?"- le chiese lei. Non rispose, non parlava molto, ma ogni volta che lui non le rispondeva, la assaliva una forte paura. Aveva paura che si scordasse di lei, che l'alzheimer lo divorasse. La madre si dimenticò del figlio solo poco prima della morte, ma Reid lo sapeva che prima o poi sarebbe successo. Aveva fatto tutte le analisi, sapendo che l'alzheimer è una malattia congenita, ma non c'erano segni della presenza della malattia. Ma lei aveva comunque paura, non voleva che dimenticasse chi era l'unica persona che lo andava a trovare.
"Sono stanco."- rispose lui. Aveva lo sguardo fisso sul muro, non la aveva guardata nemmeno con la coda dell'occhio.
"Tornerò un altro giorno"- le rispose.
"No, aspetta, ti prego."-Spencer la prese per il polso, e la guardò negli occhi. I suoi occhi erano ormai diventati spenti, e chiedevano aiuto. -"Voglio andare via di qui, solo per qualche ora."- le sembrava assurda questa richiesta. Ogni volta che era andata a trovarlo, aveva chiesto a Spencer di uscire a fare una passeggiata, e lui si era sempre rifiutato. Ora era stato lui a proporre. Non potè fare a meno di sorridere.
"Ti vado a prendere dei vestiti."- sussurrò lei.
"No, aspetta... Facciamo domani."- Non aveva idea di cosa pensasse Spencer, ma era già un passo l'aver detto di voler uscire, quindi accettò questo compromesso. Rimase fino alla fine dell'orario delle visite, poi tornò a casa.
Il pomeriggio seguente arrivò puntuale. Trovò Spencer in piedi, davanti a un divano, che la guardava. Si era fatto tagliare i capelli e la barba, non era in pigiama, ma indossava una camicia, un gilet e la sua immancabile cravatta. Era molto sorpresa, non pensava che il cambiamento fosse così rapido.
"Andiamo."- disse Spencer, avvicinandosi a lei. In silenzio, uscirono dalla clinica.
"Stai molto bene."- gli disse silenziosamente. Lui sorrise, sapeva che quella camicia le piaceva particolarmente. Rimasero in silenzio tutto il tragitto, voleva far assaporare a Spencer il sapore dell'aria, di nuovo. Da un anno e mezzo non usciva più, ora il sole illuminava di nuovo la sua pelle e il vento gli passava tra i capelli. Li aveva tenuti abbastanza lunghi, come quando si erano conosciuti. Gli mancava l'aria aperta, ma non lo voleva ammettere. Dopo poco si misero seduti su una panchina.
"Come mai sei voluto uscire?"
"Avevo bisogno di una boccata d'aria."- rispose frettolosamente lui. Lei annuì, cercò di fargli capire che approvava la sua decisione.
"Ti ricordi quando ci siamo conosciuti?"- chiese lei. Aveva capito che i capelli, la camicia con la cravatta, erano solo dei gesti molto dolci nei suoi confronti, ma non ne era certa. Voleva la conferma che lui si ricordasse. Spencer sorrise, e lei capì che si ricordava tutto, ogni minimo dettaglio. Si conoscevano da così tanto tempo che bastava un piccolo gesto perchè l'altro capisse.
Era autunno, era appena iniziato il suo secondo anno a Princeton, quando la sua compagna di stanza non era tornata. C'erano state già 4 vittime, 4 ragazze bionde, proprio come la sua compagna, studentesse del college. Quella mattinaprovò a chiamarla, la cercò per tutto il campus, ma non c'era. Andò dal responsabile della sicurezza, che la portò alla stazione di polizia. La accolse una donna bionda, molto bella, che la fece accomodare in una stanza, da sola. Dopo poco tornò, insieme ad un'altra donna, mora, e ad un ragazzo. Teneva le mani sulla fronte, cercando di trattenere le lacrime. I tre si misero seduti vicino a lei e le iniziarono a fare domande.
"Ciao, io sono l'agente Emily Prentiss."- disse la donna mora, sorridendo.-"Quando ti sei iniziata a preoccupare per la tua amica?"
"Ieri sera non è tornata in stanza, ma spesso accade. Il pomeriggio va a studiare in biblioteca e incontra qualche sua amica, rimangono insieme a cena e decide di restare a dormire in camera di una di loro la notte, ma di solito me lo dice sempre."
"Ti sei accorta solo stamattina che lei non c'era?"
"Sì, ieri l'ho chiamata, ma non rispondeva, ma ho pensato che fosse andata alla festa che c'era dall'altra parte del campus e non sentiva. Quando mi sono svegliata mi sono accorta che non era tornata a casa."
"Aveva qualche strana amicizia?"- chiese l'altra donna.
"No, ma aveva molti amici e amiche,usciva spesso, andava a bere, o a ballare, non passava quasi mai la serata in camera."- i tre agenti si guardarono, e subito lo notò.
"Cosa succede?"-disse lei, agitandosi.
"Spencer, portala fuori, io e Emily andiamo da Hotch."- in poco tempo le due donne uscirono dalla stanza,mentre il ragazzo la fece alzare e la acompagnò fuori.
"Si sente bene?"- le chiese Spencer, visibilmente preoccupato.
"Sì-"- rispose lei.-"Comunque sono Kaitlyn."
"Spencer."
"Avete scoperto qualcosa?"
"Sì, la descrizione che hai fatto della tua amica, è la stessa che ci hanno fatto delle altre, ma è solo una supposizione."-la faccia della ragazza sbiancò.
"Quindi, potrebbe essere..."-Spencer si accorse di aver combinato un guaio, al quale doveva rimediare.
"Stai tranquilla, la troveremo, abbiamo una pista. Potrebbe anche non essere stata presa.Stai tranquilla."- continuava a rassicurarla,ma la paura aumentava. Respirava profondamente, ma voleva scoppiare in lacrime.
"Io dovrei entrare..."- sussurrò Spencer. Lei rimase lì, impietrita, non sapendo che fare. -"Ti faccio riaccompagnare al campus?"- senza dire nulla, Kaitlyn se ne andò.
Ciao a tutti! Sono felicissima che vi sia piaciuto il primo capitolo, davvero! Vi ringrazio per tutti i commenti e i consigli, ne farò tesoro! Continuate a seguire la storia, è difficile a volte capire il nesso, ma non ve ne pentirete! Un bacio! :D
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The ones that got away.
FanficEntrò nella clinica in silenzio, osservando tutto quello che aveva accanto a lei. Si avvicinò alla scrivania, dove era seduto un uomo abbastanza anziano. "Salve. Chi è venuta a trovare?" "Spencer Reid."- disse, a bassa voce. ... "Lo sapete che i mem...