• 2 • Opportunità

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-Ereeen!- fu il primo urlo, poi ce ne fu un secondo e subito dopo un terzo.
Ma lui non sentiva quella voce che richiamava la sua attenzione urlando il suo nome.
-Eren!- urlò con esasperazione.
Le cuffiette vennero tirate via, lui stesso canticchiava quella melodia.
-È da dieci minuti che ti chiamo- sbuffò il biondo sedendosi a terra accanto al suo migliore amico.
-Ascolti ancora questa roba?- prese una cuffietta che vagava nel vuoto, ma che fino a pochi secondi prima era in un orecchio del moro.
Alzò gli occhi al cielo -non chiamarla così- borbottò il ragazzo, riprendendosi la cuffia dalle sue mani.
-Si certo...- si sistemò i capelli scansandoli via da davanti gli occhi.
Si accoccolò contro il tronco dell'albero, accanto al moro.
-Ti piace davvero così tanto, eh- disse con un sorriso appena accennato, guardando l'erba sotto di loro.
L'altro alzò le spalle -è musica Armin- spiegò con semplicità. Guardava un punto indefinito davanti a se.
Mentre nella sua testa, viaggiavano ancora le note di quel pianoforte.
-Perché non impari?- propose -così quel pianoforte a casa tua non sarà usato solo per accumulare polvere- una piccola smorfia di disgusto attraversò per un secondo il suo viso, all'idea di quanta polvere ci fosse. Davvero tanta. Fin troppa.
-Mikasa non credo sarebbe d'accordo- ridacchiò -guai a chi infrange la sua tranquillità- borbottò sempre con un sorriso divertito sul viso.
Armin rise con lui, quasi fino a far lacrimare gli occhi.
Smisero di ridere, e ci fu un tranquillo silenzio. Proprio come piaceva a Eren.
Era tranquillo e privo di tensione o disagio. Un semplice silenzio.
Gli piacevano le cose semplici.
-Eren...- lo chiamò di nuovo, ma questa volta era un sussurro a malapena udibile.
-Mh..?- questa volta non guardava davanti a se, ma la cuffia che teneva ancora fra le mani.
-Parlo sul serio... perché non provi- questa volta era davvero serio, guardava il suo viso che in quel momento si era alzato per incrociare il suo.
Un sorriso sincero si era dipinto su di lui, mentre il verde dei suoi occhi si scontrava con l'azzurro di quelli del biondo.
-Ci penserò- sussurrò distogliendo poi lo sguardo.

-Ci penserò- sussurrò distogliendo poi lo sguardo

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Una GIP nera si presentò davanti a loro. -Mikasa è arrivata- l'auto era ferma a pochi metri da loro.
Armin alzò lo sguardo notando solo in quel momento la GIP. -Oh...- sussurrò osservando incredulo l'auto 'chissà quando è arrivata' pensò.
E mentre era su pensiero Eren si era già alzato da terra, stiracchiandosi come un bambino.
-Ci vediamo Armin...- lo salutò passandogli una mano fra i capelli per poi scompigliarli. Ridacchiò ancora, ma questa volta per l'espressione spaesata del biondino ancora seduto insieme ai suoi capelli tutti in aria.
-C-ciao Eren...- sussurrò ancora confusa, appena caduto dal mondo delle nuvole e dei pensieri profondi e complessi.

Eren si era già allontanato, ma non abbastanza da poter sentire.
Alzò la mano, salutando un ultima volta, senza però voltarsi.
Aprì la portiera e salì in macchina, Mikasa teneva le mani 10 a 10. Le braccia ferme e dritte e la rigidità della sua schiena ti faceva sentire una scimmia scomposta. Lasciò cadere lo zaino dalla spalla ai piedi.
-Com'è andata?- chiese la ragazza mettendo in moto, lo sguardo fisso sulla strada. Anche se il resto della sua attenzione era concentrato sul moro accanto a lei.
Quello era uno dei pochi momenti in cui non avrebbe dovuto abbassare la testa per guardarla. Certe volte gli faceva male il collo.
-Noia... lo sai Mikasa. Fino all'anno scorso ci andavi anche tu- sghignazzò, il ragazzo, iniziando a maneggiare la radio in cerca di una canzone. Lei in modo saccente gli lanciò un'occhiata, che però lui non notò -si è vero...- ammise con tono basso ma coinciso, come le era solito fare.
-Come mai sei venuta a prendermi?- chiese facendo avanti e indietro con la radio. -Perché? Non posso?- il suo tono calmo e distaccato confondeva spesso. Ma Eren si era abituato al suo solito tono, a cui, era quasi riuscito a distinguere per i momenti. Anche se il sarcasmo era davvero difficile da distinguere.
-Nono...- le rispose subito, conoscendo anche il suo carattere scorbutico.
-Hanji è a casa, mi ha chiesto di venirti a prendere- spiegò poco dopo. -Ti prego, dimmi che non l'hai lasciata cucinare...- la supplicò compreso lo sguardo, anche se lei non lo vedeva.
Mikasa si sistemò la sciarpa rossa che portava al collo e non rispose, lasciando Eren con un eminente paura di un intossicazione alimentare.
Pregava silenziosamente il cielo, sperando che Hanji non avesse toccato i fornelli, né che avesse preparato uno dei suoi "esperimenti".

Arrivati a casa, Eren non avrebbe neanche voluto scendere dalla macchina. Troppa paura di Hanji, e delle sue polpette di riso.
Mikasa scese dalla macchina, senza dar conto al moro. Lentamente prese le chiavi dalla tasca e si avvicinò alla porta di casa.
Eren elencava i vari modi con cui avrebbe potuto sopravvivere in macchina. E per quanto tempo.
Il suo stomaco brontolo. Era uno dei suoi soliti brontolii talmente lunghi da essere imbarazzanti, e talmente intensi da sentire una voragine.
Sapeva di cosa aveva bisogno. Ed era dentro casa pur troppo.
Scese dalla macchina, e raggiunse Mikasa alla porta.
Sbirciò in cucina, e si consolò non vedendo niente sul fuoco che avrebbe dovuto definire la sua futura cena.
'Take away' fu il suo primo pensiero. E dall'elenco di sopravvivenza, passò all'elenco di cibo d'asporto.
-Ehi ragazzi- Hanji aveva i capelli legati in una coda alta, mentre con un sorriso furbo teneva qualcosa dietro la schiena.
-Cos'hai lì?- le chiese Eren, dato che quel sorriso era diretto proprio a lui.
Mikasa era poco più distante, appoggiata al muro mentre si godeva la scena.
-Ho parlato con Armin... e ho preso una decisione- un colpo di tosse da parte di Mikasa le fece alzare gli occhi al cielo -io e Mikasa, abbiamo preso una decisione- si corresse, sottolineando con frustrazione il nome della ragazza.
Le mani di Hanji gli mostrarono un piccolo biglietto. Eren lo prese -è un numero di telefono- disse confuso.
-Perspicace- borbottò Mikasa dietro di lui. Hanjii la guardò male, subito dopo tornò a guardare Eren con un sorriso a trentadue denti. Inquietante per lo più.
-Non è un semplice numero! È il numero di un ragazzo che conosco...- spiegò la donna. Era sorprendente che conoscesse un ragazzo?
La sua spiegazione lo rese ancora più confuso -e allora?- le chiese guardandola come se fosse pazza. E effettivamente lo pensava.
-Lui è un pianista! Può insegnarti a suonare il pianoforte. Armin mi ha detto quanto ti piace- confessò con un caloroso sorriso.
Un smagliante sorriso si formò sul viso del moro -a suonare...- disse incredulo. La piccoletta davanti a lui annuiva entusiasta -allora? Che ne dici?- gli chiese -ti va di provarci?-.
Eren rimase per un secondo in bilico. Non sapeva se dirle sì o no. Aveva l'opportunità di imparare lo strumento che ha sempre amato.
Osservava incredulo il numero su quel biglietto da visita.
-Sì- sussurrò, sentendo che era la cosa migliore che gli potesse capitare.
-Bene- esultò la donna facendo un piccolo salto di gioia.
Mikasa sbuffò -era ovvio che avrebbe accettato. Niente di sorprendente- disse mentre si avvicinò alle scale per andare in camera sua.
Hanji la ignorò, soprattutto perché era lontana dalla sua visuale e non poteva darle un'altra occhiataccia.
-Domani ci andiamo!- continuò entusiasta. Faceva dei piccoli saltelli mentre si allontanava da Eren.
Il ragazzo, allentò la cravatta rossa a strisce blu scuro che faceva parte del l'uniforme della scuola.
Le maniche della camicia bianca erano corte, e pantaloni quasi dello stesso blu della cravatta, solo talmente scuro da sembrare nero, erano sorretti da una cintura in pelle nera.
Con lo zaino in spalla, salì anche lui le scale. Percorrendo il corridoio entrò nella sua stanza e abbandonò lo zaino in un angolo.
Sciolse la cravatta che era ancora attorno al suo collo e la lasciò cadere sul letto. Poi lentamente sbottonò la camicia e la fece scivolare giù lungo le sue braccia.
Il suo petto e le sue braccia erano scoperte, nessuna striscia di grasso da nessuna parte. Solo dei leggeri muscoli, ma non troppi.

Mentre si toglieva la cintura, pensava a quante cose avrebbe imparato. A quante canzoni, melodie, e quant'altro sarebbe riuscito ad imparare.
Anche se, non sapeva leggere uno di quei fogli a righe dove c'erano scritte le note. Per lo più tutte in forme diverse. 'Chissà perché si scrivono tutte diverse' si chiese mentre slacciò i pantaloni.
Rimase in boxer. Raccolse i vestiti che si era tolto, di cui la maggior parte erano a terra. Li sistemò su una sedia in un angolo della stanza, tutti sgualciti dai modi leggermente rudi con cui se li era tolti.
Si passò una mano fra i capelli disordinando anche quelli, e si gettò nel letto ancora in boxer.
Fuori c'era ancora dell'umidità, a causa della tempesta dell'altra notte.
Stranamente quella mattina c'era un sole che avrebbe potuto uccidere.

Una goccia sottile di sudore attraversò la sua fronte, percorrendola fino ad arrivare sotto il suo orecchio.
Rimase fermo per un po' a guardare il soffitto in silenzio.
Lo trovava strano. Il silenzio.
Non ci era abituato.
Di solito, ascoltava della musica. Oppure parlava al telefono con Annie, o qualcun'altro. O parlava con Hanji della scuola, mentre Mikasa giocava a scacchi con una sua amica.
C'era sempre qualcosa a riempire la giornata. Quei momenti, vuoti e isolati non li aveva mai trascorsi in silenzio.

Uɴ Sᴇᴍᴘʟɪᴄᴇ Tᴏᴄᴄᴏ || 𝐋𝐞𝐯𝐢 𝐀𝐜𝐤𝐞𝐫𝐦𝐚𝐧 || ERERIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora