Sixteen

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Paulo's POV
Arrivammo in ospedale e la portarono subito in rianimazione per vedere cosa avrebbero potuto fare per salvarla. Mi chiesero di rimanere lì, seduto in sala d' aspetto, ed era stata la cosa più grande ed impossibile che potessero chiedermi; per me era impensabile non poterle stare accanto in quel momento, proprio mentre stava combattendo, mentre era in bilico tra vita e morte.
Mi sentivo maledettamente in colpa per quello che era successo e sapevo perfettamente che se fosse morta era stata solo e soltanto colpa mia e del mio orgoglio del cazzo.

Aspettai ore ed ore che sembravano giorni, morendo dentro e mangiandomi le unghie arrivando alla carne, quando, ad un certo punto, un dottore uscì proprio dalla sala dove avevano portato l'amore della mia vita.

Mi alzai di scatto dalla sedia e gli corsi incontro.

«Come sta?» Chiesi subito.

Vidi che assunse un'aria triste e pensai al peggio.

«È fuori pericolo. Almeno per adesso.»

Tirai un sospiro di sollievo.

«Grazie mille dottore, davvero.»

«Si, ma non sta bene, ci saranno delle conseguenze.»

La mia "felicità" svanì di colpo. «Come sarebbe a dire?»

«È rimasta per troppo tempo senza ossigeno al cervello e questo avrebbe potuto anche causare gravi danni allo stesso, dobbiamo verificare. Adesso è in coma e non sappiamo quando si risveglierà, ma sappiamo che è fuori pericolo.»

«Fuori pericolo...» Ripetei a bassa voce.

«Può andare a vederla se vuole.» Mi batté la mano sulla spalla. Io mi limitai ad annuire ed a avvicinarmi alla stanza in cui era rimasta per ore.

Entrai e la vidi sdraiata con le mille flebo attaccate alle braccia, il respiratore, che era vitale per lei, e il solito bellissimo viso, che, questa volta, non era riempito da un sorriso incantevole, ma dal più grande vuoto del mondo. Era assolutamente inespressivo e si vedeva benissimo che era sofferente.

Le presi la mano e me la portai alle labbra per baciargliela subito dopo.

«Mi dispiace.» Una mia lacrima cadde sulla sua mano. «È tutta colpa mia se sei così adesso...» Un'altra lacrima cadde. «Non so a cosa serva dispiacermi adesso, ma è l'unica cosa che mi viene da fare, forse per sentirmi meno in colpa, ma...» Un singhiozzo interruppe le mie parole. «Ma non è così: mi sento sempre più in colpa, appena mi giro a guardarti, appena realizzo che questa è la realtà.»

Lasciai andare la sua mano, quando mi accorsi che era inutile continuare a parlare: lei non poteva sentirmi.

Ad un certo punto entrò un altro dottore che mi invitò ad uscire dalla stanza, poiché dovevano trasferirla a fare ulteriori visite. Così io tornai a casa, distrutto.

[...]

«Paulo!» Il mister continuava a chiamarmi. «Paulo!»

Mi voltai di scatto e corsi verso di lui.

«Che c'è?»

«Devi concentrarti sull'allenamento, non va bene come ti stai comportando!»

Scossi la testa. «Perché come mi sto comportando?»

«Da idiota!» Mi urlò. «Vai a correre e smettila di pensare alle fighe.»

Quelle parole mi fecero incazzare. Questo non doveva permettersi di dirlo, proprio no.
Mi tolsi la maglia e la cacciai per terra.

«Io me ne vado.» Dissi allontanandomi.

«Dove stai andando?»

«In ospedale, dalla mia fidanzata.»

«Tu hai un contratto!»

«Me ne sbatto le palle del contratto.»

Salii in macchina e tornai dalla mia vera ragione di vita: Fabiana.

Quel giorno, in ospedale, era particolarmente movimentato. Arrivavano nuovi pazienti in continuo e tutti erano agitati, non si sapeva perché.
Arrivò anche mia madre per venire a vedere come stava Faby.

Si sedette affianco a lei e iniziò a guardarla attentamente.

«È bellissima.» Disse all'improvviso.

Io annuii.

«Non mi hai ancora detto come è successo.»

«Non adesso mamma, ti prego.» Mi nascosi il volto tra le mani.

«Okay, scusa, ma tenersi tutto dentro non fa bene...»

Non risposi. Se avessi detto tutto a mia madre sono più che sicuro che mi avrebbe fatto la predica e mi avrebbe detto quanto ero stato cattivo nei suoi confronti ed erano cose che già sapevo, non volevo sentirmele ripetere ancora una volta.

Dopo qualche minuto si alzò e si diresse verso l'uscita della stanza.

«Devo andare, tornerò stasera. Va bene?»

«Non ce n'è bisogno, mamma. La sera non fanno entrare nessuno, quindi ci vediamo domani.»

«Okay, allora a domani.»

Ci baciammo sulla guancia e lei se ne andò.

Io rimasi seduto a guardarla, non riuscendo a toglierle gli occhi di dosso a causa della tanta bellezza. Avevo voglia di baciarla in quel momento, tantissima voglia di baciarla. Ma non potevo ed era colpa mia...

[...]

Take me home...{Paulo Dybala}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora