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La stanza dove mi sono rifugiata è molto grande, con varie scrivanie. Una volta dovevano ospitavano i computer che ora giacciono a terra, malandati oppure a pezzi.

Mi alzo, guardinga, e mi avvicino lentamente alla prima scrivania.

Uno strano odore dolciastro mi fa arricciare le narici.

Morte.

Allungo la testa, per guardare oltre la scrivania, e vedo dei resti umani.

Un braccio tranciato di netto all'altezza del gomito e quella che sembra una cassa toracica appena spolpata.

Faccio il giro, mi siedo sui talloni ed analizzo l'arto. A prima vista sembra appartenere ad un uomo, razza bianca, altro non si evince da così pochi resti. Il mio occhio da predatore osserva che, più che esser stato tagliato, il braccio è stato morsicato e strappato con forza.

Una forza inaudita.

Un forte rumore, una specie di risucchio, attira la mia attenzione e distoglie la mia mente da macabri scenari.

Aguzzo le orecchie per capirne la provenienza.

Terza scrivania alla mia destra.

Quella nell'angolo più buio dell'ufficio.

Ovviamente.

Vaglio le possibilità a mia disposizione: potrei girare i tacchi ed andarmene, come farebbe una persona sana di mente, oppure avvicinarmi e scoprire che diavolo sta succedendo.

La curiosità uccide il gatto.

Ultimamente le mie scelte sono abbastanza azzardate e stupide.

Lentamente e con circospezione, mi muovo in direzione dell'inquietante rumore.

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