27

175 16 15
                                    

Alec.

Così tanti ricordi si rincorrono  nella mia mente mentre lo studio.

È uguale alla prima volta che l'ho conosciuto: non sembra essere invecchiato di un giorno.

Gli stessi capelli biondi.

Gli stessi occhi azzurri e vuoti.

La stessa espressione famelica.

Il giorno in cui l'ho incontrato per la prima volta è indelebile nella mia memoria.

Era fine ottobre, infatti non ci allenavamo più all'aperto, ma in palestre. Facevo parte di una classe composta da venti bambini della mia stessa età, dieci anni: eravamo tutti di nazionalità diverse, cosa che avevo capito dal colore diverso della nostra carnagione in quanto non ci era concesso parlare fra noi, neanche per salutarci.

Dovevamo solamente eseguire gli ordini che ci venivano dati. E dovevamo farlo al meglio altrimenti venivamo puniti.

Quella mattina, in particolare, il nostro compito era smontare e rimontare una Browning nel minor tempo possibile.

Accanto ad ognuno di noi c'era una guardia armata di pistola, la canna era premuta contro la nostra tempia.

Il concetto ci era chiaro: non c'era spazio per i fallimenti.

Poco prima che iniziasse il test entrò Alec e il nostro Maestro, così dovevamo chiamare i nostri insegnanti, si ammutolì di colpo.

Noi non capivamo cosa stava succedendo, ma l'aria era carica di tensione.

Io lo scrutai attenta: c'era qualcosa di inquietante in quel ragazzo appena arrivato. I suoi occhi color ghiaccio erano così vuoti, senza emozione, eppure sembravano scrutarti dentro.

Alec non disse nulla, il Maestro diede il via e noi iniziammo.

Sudavo copiosamente, consapevole che un fallimento avrebbe decretato la mia morte.

E io non volevo morire.

I piccoli meccanismi dell'arma quasi scivolavano fra le mie mani sudaticcie, ma riuscii comunque a finire in tempo.

Nello stesso istante in cui caricai un proiettile in canna, sentii varie detonazioni.

Non tutti erano riusciti ad assolvere a quel compito.

I promossi erano soltanto tre: io e due ragazzi, un orientale e un italiano, credo.

Il cuore martellava furiosamente nel mio petto. Attorno a me c'era una quantità esagerata di sangue e materia cerebrale: prima c'erano 20 ragazzini e dopo...

Dopo solo morte.

Sentii una mano sulla spalla e alzai lo sguardo, arrabbiata. Gli occhi pieni di lacrime non versate.

Come potevano togliere così tante vite senza far una piega?

Come potevano uccidere dei bambini?

《Mi piace il tuo sguardo. Ti allevero' io》disse Alec, scrutandomi a fondo con quei suoi occhi senz'anima.

Poi se ne andò senza aggiungere altro.

Da quel giorno diventò il mio Mentore e m'insegnò tutto sull'arte di uccidere, dal combattimento corpo a corpo al maneggiare le armi più disparate.

Fece di me una killer prezzolata.

Fece di me la persona che sono ora.

Non è vero... dice la voce nella mia testa, riscuotendomi dal viale dei ricordi.

Scuto la testa.

Ha ragione.

Alec non è riuscito nel suo intento: ho ancora una coscienza.

Lentamente, tossendo, mi rialzo.

L'impatto mi ha incrinato diverse costole e probabilmente rotto qualcosa, ma avverto i tessuti e le ossa che si rinsaldano.

La guarigione è già iniziata.

Però...

Non lo facevo così veloce e possente: Alec è il numero uno, lui risponde direttamente ai Padroni, ma non credevo fosse così forte.

C'è qualcosa che mi sfugge.

《Te ne sei accorta, vero?》mi chiede lui.

La sua voce mi dà gli stessi brividi che mi dava quando ero piccola.

Lo fisso senza rispondere mentre una brutta sensazione si fa strada dentro di me.

《Hai indovinato!》Si congratula con me, probabilmente ha capito tutto dal mio sguardo.

Per lui sono sempre stata un libro aperto.

Sotto i miei occhi attoniti, inizia a cambiare.

UnchainedDove le storie prendono vita. Scoprilo ora