Ricordo 8 sette anni: cosa accade nel garage?

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I nostri palazzi hanno dei portici, noi bambini ci giochiamo per quasi tutto l'anno quando il sole picchia forte, o quando c'è brutto tempo, tranne in inverno perché le giornate si accorciano, fa buio prima, i suoni cambiano e le nostre madri tenendo le finestre chiuse non ci sentono, quindi non possiamo attardarci lì sotto. In primavera, estate e fino ai primi giorni di autunno però è un altra cosa, è bello giocarci, il pavimento è piastrellato ed anche se cadiamo non ci sbucciamo più di tanto. Una parte dei portici affaccia sui giardinetti, e l'altra parte sulla strada, la nostra via. Quando siamo qui i nostri passatempi più gettonati sono la cavallina, mosca cieca , l'elastico, o semplicemente due tiri con la palla a porticine; i ragazzi più grandi invece fumano (tranne i miei fratelli loro non possono), parlano, urlano, alle volte litigano tra di loro. Ogni civico nei portici ha un portone e di fronte, una scaletta a chiocciola con ringhiera in ferro, che dà sulla strada e porta in garage.
Io non posso andare là sotto, a meno che non ci sia qualcuno dei miei fratelli, non posso nemmeno avvicinarmi alla scaletta a chiocciola, è proibito!  In verità, una volta sono andata con mio fratello Edo a prendere le nostre biciclette,  ed ho visto un animale morto, sembrava un gatto o un grande topo e  faceva un odore terribile, mai sentito prima. Un' altra volta invece, anche se avevo paura ed ero sola, sono scesa per i primi sei gradini di cemento, ad ogni gradino rimanevo attaccata con la mano alla ringhiera, mi fermavo e ogni mio senso restava all'erta in modo da poter percepire qualsiasi pericolo. L'odore di muffa, una siringa usata sporca di sangue, il buio e gli strani rumori di piccole cose che si muovevano nell'oscurità mi hanno fatto desistere, così sono tornata indietro.

Novembre 1978 . Sono rimasta a giocare nei portici, pioviggina, fa un po' freddo ma ho una giacchetta rossa nuova, appartenuta a mia sorella che mi tiene al caldo. Marco non c'è, come ogni martedì e giovedì va al Niguarda a giocare con i cavalli. Nemmeno gli altri bambini ci sono, ho citofonato anche a Daniela ma ha la febbre e non può scendere. Cosi rimango qui a giocare a palla contro il muro, sperando che l'inquilino del piano di sopra, non venga giù a rubarmi la palla per il rumore che faccio, me ne ha già portate via due.

Il pianto di un bambino mi fa fermare, sembra un neonato. Ci sono dei ragazzi vicino la scala a chiocciola, c'è anche Paolo, non capisco.. Sembra che siano tutti attorno a quel bambino, sta urlando e loro ridono. Mi avvicino con la palla sotto braccio senza farmi notare, voglio capirne il perché. C'è odore di alcol, lo stesso odore che fa lo straccio di mamma quando pulisce i pavimenti.
Mi avvicino ancora di più e mi nascondo dietro la colonna di cemento. Il pianto non è quello di un bambino, è un gatto, è tutto bagnato, mio fratello ride ed io penso a qualcosa di brutto, infatti mentre Paolo e altri due tengono il gatto inzuppato di alcol, un quarto ragazzo con un accendino in mano continua a dire
- tenetelo fermo altrimenti non ci riesco-
La sua voce è strozzata dalla risata.
Io guardo tutto, ma sono bloccata, non riesco a muovermi, forse ho capito cosa vogliono fare ma non riesco a dire nulla, non riesco a muovere un muscolo.
Il gatto in un secondo si trasforma in una palla di fuoco, mio fratello lo lancia nella scala a chiocciola. Un attimo di silenzio mentre il piccolo animale si dimena e corre come un matto giù per la scala, un attimo di silenzio e poi le loro risate.
Mi cade la palla, sento molto freddo, mi viene da vomitare, mi manca il respiro, vedo tutto nero e non sento più niente.

Adesso sono sveglia nel mio letto. Mamma dice che Paolo ha visto che mi davano una pallonata in testa. Tento di dirle cosa è successo ma lei mi sgrida, dicendomi che adesso giù nei portici a giocare non ci vado più. Le rispondo che non è colpa mia che non è giusto ma lei va via chiudendo la porta alle sue spalle.
Paolo entra, io rimango impietrita, lo guardo con odio e paura, lui si avvicina, si china su di me quasi a volermi fare una carezza, invece mette una mano a coppa dietro al mio orecchio ed a voce bassa mi dice
-guai a te se apri bocca-
va via.
Ho una nausea fortissima, non faccio in tempo ad andare in bagno che vomito nel corridoio. Mia madre torna e vuole farmi portare in ospedale da mio padre, crede che la botta che ho preso in testa sia più grave di quel che credeva. Papà invece mi porta in bagno, mi pulisce la bocca, mi tocca la testa e dice
-non hai niente! Adesso ti metti a letto, ascolti un po' di musica ma non dormire, io dopo vengo a controllarti-
Ritorno nella mia camera, dopo dieci minuti arriva papà, mi fa una carezza e si siede ai piedi del mio letto.
-come sta a mia pupina?-
Non mi chiamava così da prima della prima elementare. Non riesco a sorridere ma gli rispondo che mi sento bene. Lui si alza e prima di uscire si gira e mi dice - non dormire, resta sveglia, adesso ti mando tua sorella e state un po' insieme-

È mezzanotte e non riesco a prendere sonno, mia sorella sta dormendo, ed io mi alzo per chiudere la porta; nell'altra stanza c'è Paolo ed io non voglio più vederlo, non voglio più sentirlo.
Mi avvolgo nella mia coperta, e ripenso al gatto che avevo visto con Edo l'anno prima. Penso che oggi non è stata la prima volta, lo avevano già fatto. Vorrei piangere ma le lacrime non scendono. Mi sento in colpa per quel povero animale, sono come mio fratello, non ho fatto niente, non l'ho difeso, non ho detto una parola. Odio lui ma odio ancora di più me stessa, vorrei non esistere, vorrei essere niente.
Pietro sbaglia i mostri ci sono, i mostri esistono, anche se non li vuoi nella tua vita loro entrano ugualmente.

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