Ricordo 10 otto anni: sono sbagliata!

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Dicembre 1978. È il giorno del mio compleanno. Non mi aspetto dei regali ma solo la torta di mele. Mamma per i compleanni dei miei fratelli fa sempre la torta di ricotta, a me non piace proprio, ed allora, solo per me, prepara quella di mele. Dentro è così morbida che sembra quasi un cuscino, invece all'esterno è croccante ed io adoro mordere quei pezzetti di mela caramellati... non vedo l'ora!
Pietro è partito per il militare da un mese ma forse questa sera tornerà a casa. Paolo ridendo dice che il tabacco sotto le ascelle lo ha fatto ammalare. Io non capisco perché si è messo le sigarette proprio lì, ma Edo dice che è una cosa da grandi ed io non posso capire. Non importa se non capisco, in ogni caso questa sera Pietro cenerà con noi e ci sarà anche la sua nuova fidanzata Michela.

A scuola la maestra non mi picchia più e non mi prende più in disparte per farmi i soliti brutti discorsi .
Elvetia ci fa sempre giocare e leggere nelle sue ore ma, alle volte mi perdo ancora, non la capisco o mi annoio proprio come succede con la Ruffio. Elvetia però mi richiama piano, non mi sgrida e mi fa vedere cose diverse o le stesse cose in modo diverso.

Marco è spesso a casa. in questi ultimi giorni ha fatto parecchie assenze. Io ho citofonato molte volte a casa sua, e sua madre come al solito non mi ha mai fatto salire. Per citofono mi ha detto che avrei potuto attaccargli qualche malattia. Così gli ho scritto dei bigliettini chiusi che poi ho infilato nella sua casella delle lettere. Io mi auguro tanto che lui li riceva.
La scorsa settimana mentre Marco era ancora a casa perché non stava bene, Elvetia ha fatto fare a me e ad Andrea delle cose diverse. Così mentre quest'ultimo leggeva un piccolo libro, io e lei abbiamo giocato ad un gioco completamente nuovo da quelli che facciamo solitamente. Nel primo dovevo inserire dei blocchi di plastica di forme diverse, in una base che aveva dei buchi uguali alle forme che avevo in mano. Lei guardava di continuo l'orologio, forse aveva fretta, in ogni caso è stato facilissimo, Elvetia ha detto che sono stata veloce come un razzo. Poi abbiamo fatto un altro gioco, lei mi faceva delle domande ed io dovevo rispondere. È stato divertente ed abbiamo riso insieme. Infine mi ha dato degli altri fogli, in uno dovevo fare un disegno, e negli altri solo scrivere delle cose e rispondere ad altre domande. Anche qui controllava l'orologio, così ho risposto velocemente e non ho perso tanto tempo, anche se lei continuava a dirmi di leggere bene tutto e di non avere fretta.
Oggi Elvetia nelle sue ore, mentre eravamo da sole, mi ha detto che lei aveva ragione quando diceva che sono intelligente, e poi ha aggiunto una cosa strana, cioè che un giorno mi sarei dovuta ricordare un numero importante, il 133. Ha detto di ripeterlo quando nella vita non mi va proprio tutto bene, dice da un certo punto di vista è un numero magico, e non appena lo dirò avrò il potere di cambiare alcune cose. Io non ci ho capito molto ma non volevo che ci rimanesse male, così le ho promesso che me lo sarei ricordata.
Adesso a scuola va un po' meglio, anche se la mia scrittura fa veramente "schifo" come dice papà. In alcuni momenti mentre i miei compagni scrivono il dettato o vengono interrogati, la maestra Ruffio fa staccare me e Andrea e ci fa disegnare i cartelloni che poi verranno appesi alle pareti della nostra classe. Questo è un lavoro importantissimo, nella nostra scuola pochi bambini possono fare questi lavori. Però alle volte il pensiero di questo mi mette paura, prima di noi questi cartelloni li disegnavano sempre Stefania ed Angelica, due bambine che hanno perso il papà quando erano in prima elementare. Così mi ritrovo a pensare a cose brutte...

Pomeriggio. Ho finito di fare i compiti, mamma non prepara quasi mai la merenda ma oggi, e solo per me, ha fatto un panino con la marmellata di fragole ed il burro, odio la marmellata ma non voglio deluderla, ad ogni modo se non lo mangio non posso andare a giocare. Adesso posso scendere solo per poco e stare un po' con Marco e Daniela.
Siamo in giardino, seduti sulla solita panchina, il freddo forma nuvole di ogni nostra parola. Io faccio finta di fumare come mio padre e mia madre, fumano entrambi ma in modo diverso; papà fuma lentamente ed è sempre pensieroso, mamma invece aspira la sigaretta come se dopo una lunga corsa stesse bevendo un'aranciata con la cannuccia, velocemente. Sono brava a fare le imitazioni ed ora ridiamo tutti insieme. Daniela va a comprare il latte ed io e Marco restiamo da soli.
Lui mi confida che tra qualche giorno dovrà  andare in ospedale, i suoi reni non funzionano bene, dice che dovrà lavare il sangue per pulirlo dalle schifezze che ha dentro. Io capisco quello che vuole dirmi, mi ha spiegato che i reni servono a questo, puliscono il sangue, però,
se non funzionano come i suoi, una macchina deve fare questo lavoro per Lui. Anche se sembra ingrassato non sta bene e si vede, ha sempre sonno, sbadiglia in continuazione e sua madre non lo fa scendere quasi più, inoltre il suo viso ha un colore diverso.
Sono preoccupata ma non voglio che lui lo capisca, allora cerco di tirarlo su di morale e gli racconto una barzelletta. Lui non sorride molto e subito dopo dice che deve andare a casa. Voglio accompagnarlo al portone ma lui mi risponde che va da solo. Ci resto un po' male e mentre lo guardo allontanarsi da me penso di aver detto o di aver fatto qualcosa di sbagliato, forse non vuole più essere amico mio.
Decido di seguirlo, lui mi sente, si volta, mi sorride e mi fa cenno di raggiungerlo. Adesso sto spingendo la sua sedia e mentre parliamo sento la sua voce dirmi che so di fragole. Lo ha detto velocemente ma il mio cuore ha sentito un solletico.
Arrivati al portone è esitante, sembra non voglia salire, ma ad un tratto mi dice che lui deve abituarsi a stare da solo, che io devo avere altri amici e non potremo vederci più come prima, anzi non potremo vederci proprio più, che probabilmente per questo anno resterà a casa da scuola. Io non potrò salire a casa sua perché a sua mamma non piaccio, dice che mi vesto male e sono grassa.
Io rimango ferma come se qualcuno mi avesse tirato in testa un secchio di acqua gelata, mentre nelle orecchie la sua voce che dice che so di fragole sta diventando un ricordo confuso. Ero convinta che tra me e lui ci fosse un patto non detto, ed ora, ogni sua parola cancella quella promessa mai pronunciata, sembra un momento finto, non sembra vero. Quelle frasi mi fanno male, ed è ritornato il buco nel mio petto che mi ruba il sorriso e la gioia, mi intrappola in una tristezza senza fine e mi fa provare un dolore fortissimo che arriva fino alla gola. Io gli rispondo solo con un cenno del capo. Adesso lui citofona a casa, io gli apro il portone e lui entra. Resto sola davanti al vetro e lo vedo prendere l'ascensore. Daniela arriva mentre sto per andare via, si accorge che piango e dice qualcosa, ma io scappo, e non la sento più.
A casa faccio finta di niente e mi preparo per il bagno, del resto a chi potrei dirlo? Papà torna dal lavoro, posa un sacchetto di plastica bianco sul tavolo e scende a comprarsi le sigarette. Io sono in camera e mamma viene a dirmi che in cucina c'è un regalo per me. Io non ricevo mai dei regali, né per Natale ne per il compleanno. Papà è l'unico che lavora, per Natale se va bene ricevo un vestito nuovo cucito da mamma, per il compleanno niente, però c'è la torta. I miei fratelli vorrebbero che lo aprissi subito, io però voglio aspettare. Dopo quello che mi ha detto Marco c'è una cosa bella che mi aspetta ma adesso non ho voglia di vederla.
Resto in camera un altro po' e mentre mi spoglio per il bagno e aspetto papà, penso che lo aprirò davanti a lui dopo essermi pulita.
Sento delle voci e delle risate dalla cucina, Edo e Paolo continuano a dire di aprire qualcosa. C'è anche mia mamma, la sento ridere e dire
- no! Non farlo, aspetta tua sorella!- e poi, ancora loro che ridono e la implorano.
Non posso raggiungerli perché sono nuda. Mi rivesto e non faccio in tempo ad arrivare in cucina che loro hanno già aperto il mio regalo. Adesso sono tutti nel balcone è arrivato Pietro con la sua fidanzata e li stanno salutando. Senza farmi notare raccolgo le carte sparse sul tavolo, papà mi ha regalato una sciarpa ed un paio di guanti rosa di lana, ed un paraorecchie nero. Corro in camera, rifaccio il pacchetto come meglio posso e lo poso sul letto. Mi spoglio nuovamente, vado in bagno ed entro nella vasca.
La mia pelle fredda al contatto con l'acqua calda diventa rossa e pizzica fino a farmi male. Penso sia giusto. Adesso brucia ed anche se il dolore è forte cerco di resistere ma, alla fine scoppio in un pianto silenzioso e non so perché le lacrime continuano a scendere senza che io riesca a fermarle. Forse per Marco, forse perché credo che un regalo lo debba aprire la persona a cui lo si è fatto, forse perché sono stanca... Mentre stringo le ginocchia al petto sento la rabbia che sale dentro me potente come un uragano, le stringo più forte fino a farmi male e nel mentre una sola domanda sale alla mia mente
- perché sono così sbagliata?-

Lontano dal soleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora