Ottobre 1978 stranamente non fa molto freddo, ma le giornate si sono accorciate moltissimo, i colori del quartiere adesso sono più scuri, il rosso ed il marrone sono in ogni dove, l'aria è più frizzante e la mattina presto pizzica il mio viso, la giacchetta dell'anno scorso non mi sta più, come il grembiule e le calze, mi sta tutto stretto. Mia madre dice che sono ingrassata, Sto crescendo, vado per gli otto anni, forse è per questo. Ad ogni modo, sono stata promossa anche alla fine della seconda ed ora frequento la terza elementare.
A scuola è arrivata una seconda insegnante oltre alla Ruffio ed a quella di religione. Si chiama Elvetia, ha i capelli lunghi e castani, un occhio verde ed uno marrone, è molto alta, ha la voce bassa e calma, e aiuta i bambini speciali. La scorsa settimana papà è stato chiamato dalla scuola, gli hanno detto che io ho dei problemi, e insieme ad altri due bambini nella mia classe farò parte di questo gruppo speciale. Lui non è rimasto particolarmente contento, quando è tornato a casa mi ha detto che sono scema e mi ha tirato una sberla.
A scuola il programma con la nuova insegnante non è ancora cominciato, io continuo a barcamenarmi, ma odio sempre di più la mia maestra. Quando parla la capisco a tratti e non riesco ancora a leggere come gli altri bambini, quando tocca a me sento il cuore che batte veloce, le lettere e i numeri si riempiono di nebbia, diventano tutti uguali, ed anche se mi impegno e mi concentro è come se tutte quelle lettere o quelle parole fossero in tedesco, con il risultato che loro cominciano a ridere, ed io rido con loro perché mi vergogno troppo per piangere. La maestra Ruffio non dovrebbe ridere, ed invece lo fa. Penso ce l'abbia con me, mi fa paura. Alle volte, come oggi, mi mette in un angolo girata di spalle, ed alcuni dei miei compagni mi tirano le pallette di carta con dentro la loro saliva.
Marco oggi mi ha difesa, e per questa cosa si è preso una nota. Con il risultato che questo pomeriggio sua madre non lo ha fatto scendere a giocare. Mi sento un po' in colpa. Però anche io ho preso una nota, con su scritto "Melina non ha fatto gli esercizi di lettura", ma non è vero.Oggi che è sabato papà mi è venuto a prendere a scuola, non lo fa quasi mai, io sono felicissima e per un momento dimentico tutto, corro davanti a lui verso casa con la cartella, sul marciapiede davanti ai negozi c'è un po di gente come ogni sabato, per sbaglio inciampo e spingo una signora davanti a me. Non la riconosco subito ma è la mia maestra, ho ancora il sorriso sulle labbra quando lei mi dice
- ridi, ridi, che tra un po' riderò io-Papà non lo sa ancora della nota, cosi questo pomeriggio porto il diario a mia mamma, mi risponde che le note sono affare di mio padre e lei non vuole entrarci. Ed eccomi qui, porgo il diario a mio papà, lui mi guarda, firma la nota e stranamente non mi picchia, poi però lancia il diario in anticamera e mi dice che faccio schifo.
E sono ancora in castigo, ma del resto sono sempre in castigo per una cosa o per l'altra, non mi spiace stare in camera mia. Posso disegnare, posso cantare, posso mangiarmi le caramelle ed il cioccolato che ho nascosto nel cassettone ai piedi del mio letto e soprattutto, dalla finestra della mia camera, posso guardare Marco nel palazzo di fronte al mio. Mi saluta con la mano, siamo lontani, lo distinguo a mala pena, ma ricambio con ampi gesti delle braccia.
Sono quasi le sei del pomeriggio e Pietro dovrebbe tornare a momenti con la sua vespa. Lavora come tornitore, e per pagarsi la scuola serale accetta straordinari anche per tutto il sabato. Papà è andato alla riunione condominiale, ed io posso affacciarmi al balcone della cucina che da verso la strada per vedere se arriva. Lo vedo, lui passa sotto il balcone e suona tre volte, mi guarda, mi sorride, e mi fa cenno di scendere giù. Mi volto verso mia madre che è in cucina, guardandola e pregandola con lo sguardo di farmi scendere.
- però fate presto, e soprattutto tu sali immediatamente che se tuo padre arriva prima ,e non ti trova, finisce male-
Corro come un fulmine giù per le scale, guiderò per la prima volta la mia prima vespa. Quanto è bella! ha il colore del mare. Nella radio che mio fratello ha montato tutto da solo, suona Barry White. Salgo davanti e resto in piedi, lui mi dice di sedermi in punta. Partiamo! Il vento mi colpisce il viso, mentre "let the music play " rimbomba nell'unica cassa, le mie mani sulle sue sul manubrio, mi sento invincibile, mi sento potente, mi sento magica... Ci fermiamo un secondo e cambiamo posizione, sono ancora davanti ma questa volta le sue mani ruvide e piene di calli sono sulle mie, a guidarle mentre stringo le manopole, i suoi capelli biondi per un momento mi solleticano il viso, do gas, via! adesso sono io che guido, con lui che mi accompagna, siamo solo noi, niente può fermarci, il suo petto dietro le mie spalle come uno scudo, sento ancora il suo odore, adesso sa di ferro, polvere e sudore, mi piace così tanto, lui è così bello, se fossi più grande potrei sposarlo, forse Edo ha ragione, forse io sono stata adottata... se non fossimo fratelli Pietro potrebbe tenermi con se, se non fossimo fratelli lui potrebbe portarmi via.
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Lontano dal sole
General FictionOgni cosa che vivi corre il rischio di scappare via. È anche vero che a volte il ricordo porta dolore. Non puoi nasconderti, in ogni caso lui ti troverà, ma per quel dolore non vale la pena di stare lontano dal sole