Novembre 1978. Per 4 ore alla settimana divise in due mattine, io con Marco ed un altro mio compagno di scuola, facciamo delle "libere attività" con la maestra Elvetia.
Quando arriva lei la giornata prende un colore diverso, lo sento; è come nei pomeriggi in cui mamma prepara la torta di mele, o a casa nessuno litiga e ceniamo tutti insieme guardando i cartoni. La maestra Elvetia piace a tutti, e quando ci porta con se, a nessuno di noi importa cosa dicano gli altri, anche se per loro siamo solo dei brutti ritardati. Lei bussa ed entra in classe salutando con la mano la Ruffio, poi a voce bassa ci chiama per nome, e ci invita ad uscire senza fare rumore, questo, nello stesso istante in cui i miei compagni si scarnificano le dita sul dettato. Non posso nascondere il mio sorriso nel girarmi verso di loro mentre esco e chiudo la porta davanti a me.
Così io, Marco e Andrea andiamo nella classe delle libere attività. La maestra Elvetia ci ha invitato a dire il suo nome, non vuole che la chiamiamo maestra. dice a tutti noi di non badare a cosa dicono i nostri compagni, che noi abbiamo solo bisogno di giocare e di conoscere altri colori, inoltre ci ha detto un segreto e cioè che siamo speciali e presto o tardi noi lo scopriremo.
All'inizio devo ammettere che è stata dura. Non la capivo esattamente come la Ruffio, ma poi Elvetia ci ha fatto avvicinare. Non usiamo i banchi, sediamo in cerchio per terra su dei grandi tappeti che la mamma di Marco ci ha regalato. Anche Marco sta seduto per terra con noi, con la sua carrozzina posteggiata vicino alla porta. Leggiamo storie su dei libri colorati, ci rotoliamo con delle palle enormi, e ascoltiamo la musica, cantiamo, alle volte balliamo anche tenendo in mano foulard multicolore.Oggi mentre eravamo seduti per terra a leggere un libro "Alice nel paese delle meraviglie", Elvetia ha detto a me di continuare. Così ho cominciato. Mi sentivo sicura perché nessuno rideva, stavano tutti attenti a me e alla mia voce, le parole erano chiare fino a quando ne ho sbagliata una. Elvetia si è avvicinata alla mia destra, io pensavo volesse colpirmi, ed ho alzato di scatto il braccio per proteggermi, lei invece ha abbassato la mano, si è allontana un po' ma poi con l'altra mano mi ha fatto una carezza in testa. Ho sentito il suo tocco scivolare sui miei capelli come una piuma, e mi è venuta la pelle d'oca. Poi si è seduta alla mia sinistra tra me e Marco e Indicando la parola con il dito mi ha detto di guardarla mentre la ripeteva. Io l'ho capita subito e l'ho sentita. Adesso la so leggere benissimo. Prima di riportarci in classe, dopo aver messo Marco sulla sedia, ha lasciato che quest'ultimo e Andrea parlassero tra di loro, mi ha preso per mano, e portandomi da parte vicino alla finestra, mi ha fatto delle domande
-Melina ti capita mai che qualcuno ti picchi?-
Scappo con la mia mano dalla sua e non so cosa rispondere, in effetti non so se posso dirlo che papà ci picchia, penso anche alla Ruffio, ma se le dicessi qualcosa e la maestra lo venisse a scoprire, chissà cosa mi farebbe dopo.-
Abbassando lo sguardo le dico
-no Elevetia nessuno-
Lei riprende la mia mano, questa volta tra le sue, ci pensa un attimo e con la sua solita voce lenta e bassa ed aggiunge
- sai che nessuno ha il diritto di farci del male?-
Io non sono molto sicura di questa ultima cosa, in questo campo sono un po' confusa.
- nessuno Melina, né la mamma nel il papà...-
Ed io senza pensarci le dico
- e le maestre possono?-
Mi mordo il labbro, mentre lei dilata leggermente lo sguardo e mi risponde
- nessuno! a maggior ragione le maestre-
Elvetia mi dice che qualsiasi cosa io le racconterò , lei non parlerà con nessuno, terrà il segreto per se. In questo modo, senza raccontarle di papà le dico
- la maestra qualche volta davanti ai miei compagni mi tira le sberle in testa e altre volte ancora mi tira i capelli, di nascosto da tutti mi dice che sono scema e non dovevo capitare nella sua classe perché le rovino la media, lo fa anche con altri ma con me di più perché sono stupida-
Lei per un attimo sta in silenzio e poi
- tu non sei stupida! Non dirlo mai più e non pensarlo più. Hai fatto dei progressi enormi, leggi come altri bambini della tua età se non meglio. Tu non sei stupida, non sei scema, o ritardata, tu sei intelligente, e non permettere a nessuno, nemmeno a te stessa di dire o di pensare che lo sei.-
Mentre dalla sua bocca escono quelle parole, non è arrabbiata, ma seria, non sorride più. Io comincio a pensare che sia vero.Sera. Qualche volta in inverno, quando fa tanto freddo, io, mia sorella ed Edo ci mettiamo nello stesso letto, dicono che io sono calda come un piccolo termosifone.
La luce del comodino è accesa. Edo ci racconta storie di vampiri ed io ho paura e faccio finta di non sentirlo, Gi lo zittisce e finiamo per cantare. Io gli chiedo "tu scendi dalle stelle", cominciamo insieme e finisce che loro si addormentano ed io canto per loro.
Mi stanno addosso e mi schiacciano, un po' mi piace però devo ammetterlo. Sembriamo una cosa sola, per una sera non ci sono cose brutte, nessuno litiga, ed io mi addormento tenendo la mano sull'orecchio di Gi. Adesso lei si gira, si sveglia e mi sveglio anche io, si volta verso di me per un attimo e mi dice
- lo sai che hai due voci? Una che va in alto e una che va in basso?-
Io non so cosa voglia dire ma mentre lo dice sorride, quindi lo prendo come un complimento .
Ripenso alle parole di Elvetia
"tu non sei stupida!"
- io non sono stupida!- ripeto a voce bassa. Fuori è buio pesto, la luce del comodino si riflette sulla finestra. Dal letto guardo il mio riflesso sul vetro. Mi guardo allo specchio e penso che forse Elvetia ha proprio ragione, sono come tutti gli altri e sono anche un po' speciale.
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Lontano dal sole
Fiksi UmumOgni cosa che vivi corre il rischio di scappare via. È anche vero che a volte il ricordo porta dolore. Non puoi nasconderti, in ogni caso lui ti troverà, ma per quel dolore non vale la pena di stare lontano dal sole