Canzone Capitolo: Goner ;Twenty One Pilots
Eugenio Montale afferma che, per superare il male di vivere, perciò il dolore, l'atrocità della vita e le paure, – la paura della morte e delle volte, la paura della vita –bisogna essere indifferenti;
Che l'indifferenza divina è ciò che vi porterà ad essere liberi – dico Vi perché io di esser libero non me ne faccio poi tanto – lontani dalle paure; ti fa esser inconsistenti, senza farti afferrar dalla vita, insomma si, avete una via di scampo.
Insensibili, immobili, senza esser scalfiti, da niente e nessuno.
Il male ci deve trapassare nella nostra evanescenza, ci deve sfiorare senza bruciare.
Delle volte però, in questa vita, – tra le frasi imparate a memoria e quelle invece che ho provato a dimenticare – ho capito che, è proprio l'indifferenza a farci più male.«Dio mi perdonerà, è il suo mestiere.»
Heinreich Heine
Richiudo l'enciclopedia rifilata d'oro che tengo tra le mani, sospirando.
Non sono stanco di leggere, affatto, ma babbo che passa ogni tre per due lanciandomi occhiate non è d'aiuto, e qualcosa mi fa capire che lui voglia, che io me ne vada dal salotto e gli lasci il posto.
Perciò senza troppe storie mi alzo e ripiego la coperta pesante.
Tenendo stretta al petto l'enciclopedia la rinfilo nella biblioteca di nonno e, passandomi una mano tra i capelli corti mi pulisco gli occhiali con la manica dell'abito da notte."Buonanotte, Pà, Mà" sospiro mordendomi l'interno guancia e striscio nella camera buia.
Sento babbo accendersi il sigaro e la mamma stuzzicar il fuoco del forno a legna.
Mi ficco nel letto e rigirandomi mi trovo sempre a pensar alla stessa frase che dirò, non dirò, o probabilmente scriverò su un foglio di quaderno."Vi perdono. " Sospiro rimuginandoci, ma no, sarebbe una grande cazzata (– che io tanto non perdono), troppo fatta e costruita, mi sono rotto della finzione, quindi, senza una frase pronta per la mia morte mi addormento, perché ora come ora non c'è null'altro da fare.
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Sento il gallo lontano miglia da casa, –o forse solo un paio i case oltre –cantare, come fosse un abitudine io sbuffo, ripetutamente, sentendo quanto difficile sia per i miei occhi aprirsi e scontrare la luce che filtra dalla finestra - la quale mi dimentico sempre di chiudere.
Miss Elizabeth mi smuove il piede incitandomi e io scendo dal letto, trasalendo al marmo freddo che mi punzecchia i piedi.
Niente di nuovo, come ogni mattina, ed io arranco per finire l'anno collegiale, Maggio è il mese più brutto, tra continue certificazioni ed esami che io cerco di evitar come la peste del Seicento.
Mentre mi sciacquo la faccia, davanti allo specchio inizio a pensar a quanto bene mi possa voler il professore di Farmacologia che, cerca di non sopravvalutarmi troppo nella sua materia, che per poco non so manco a cosa serve la morfina! Che disdegno avrebbero i miei in a saper 'ste cose! Questo è il primo anno con questo santo prof, e anche l'ultimo perché sta per andarsene 'a miglior vita' come dice lui (cioè lontano da noi);
E allora dio mi vuole male! – sbuffo, ancora mentre mi mordo le labbra sporche della pasta alla menta per denti.Sbuffo per l'ennesima volta infilandomi la divisa.
Mi infilo gli occhiali da vista ed esco di casa con in saccoccia lo zaino di pelle che anni addietro mi riportò mio padre dopo un viaggio in Australia. Mentre cammino noto una frase su di un cartellone pubblicitario, riguardante l'inquinamento energetico:
Si va dal «Più luce» di Goethe e Leopardi al «Spegnete la luce» di Clinton.Le ultime frasi mi tormentano anche fuori casa, anche quando l'enciclopedia è sigillata nella biblioteca.
Con Leopardi e Goethe che volevano la luce prima di morire a Clinton che, poverino la luce la odiava proprio, un po' come me.
Quanto vorrei che anche il sole si potesse spegnere a mio piacimento, perché sto sudano come un mulo sotto-sforzo.
Mi sfilo la giacca e noto come le strade si stiano affollando di ragazzi della mia età.
Io oramai in questo periodo dell'anno mi ci reco solo due o tre volte a settimana - al college.
Non per stanchezza o per altro, ma perché ho il privilegio che i miei me lo permettano e che Niall e Rose me l'appoggino.Perciò appena li vedo venirmi in contro ci dirigiamo verso il parco poco distante di lì.
Rose con una smanicata a scacchi blu e rossi e dei pantaloni in velluto ad alta vita, mentre Niall con la divisa sistemata alla bell'e meglio, proprio come me; la cravatta subito fuori casa viene allentata e la camicia sbottonata."Sono stanca..", sussurra Rose strappando le margherite dal prato, che sanno di camomilla, e se la infila in bocca, a mo' di ramoscello.
Lanciando le borse a terra stendiamo anche le nostre giacche e ci sediamo.
È stato proprio in quel momento che mi son pentito della segata scolastica.
Che Dio mi perdoni per avermi fatto rilassare sotto il sole e con il prato come letto anziché ascoltare la Divina Provvidenza di Manzoni – ho sempre amato la letteratura Italiana –, che Dio mi perdoni, perché proprio ora Harry Styles ci sta venendo in contro, tutto tirato, la camicia azzurrina i pantaloni grigi morbidi e i capelli ricci, tirati indietro dalla brillantina, che mi pento e mi dolgo di tutto, perché l'odore della canna che mi sta fumando in faccia, non mi da troppo fastidio, anzi, sento l'ultima frase che potrei annunziare prima di esalare il mio ultimo rimbocco d'anima, accanto a lui.UAU
Amorini miei ecco a voi ciò che riservavo per me.
Ditemi cosa ne pensate che manco io c'ho parole per descrivere 'sta cosaccia.
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Adiaforía ( Larry Stylson )
FanficAmerica, 1944; Louis William Tomlinson, ragazzo semplice, di famiglia benestante è rinchiuso nella cittadina di Forks. Harry Edward Styles, docile all'apparenza figlio del nuovo parroco, nasconde la sua vera natura. Sfocerà un amore impossibile. Per...