XVII

453 36 13
                                    

I nostri sentimenti si facevano incolori e ottusi, poiché ci sentivamo come perduti tra malvagità e virtù ugualmente disumane. - Parte prima

(Parla Harry)

Negli ultimi due anni, il suono del suo nome, o anche solo il ricordo della sua voce, erano diventati un'eco lieve.
Che rimaneva in testa, tanto per, tanto per ricordarmi che lui c'era stato, e che magari, sarebbe ritornato.
Ed è per questo, che ora, mi tocca star seduto, cercando di non sentirla, - la sua voce.
Così assordante e straziante.
Troppo presente; con lo sguardo fisso sulla tazzina in ceramica, mi estraneo.

Ecco, questi anni senza di lui, hanno fatto crescere un odio in me, lacerante, per questa cittadina.
Io, abituato alle donne inglesi dipendenti dall'uomo, con il thé delle cinque, gli zuccherini e i pasticcini.
E queste sporche, sguattere americane, cosa fanno? Ci copiano.
Ecco perché, sto odiando mia madre, mio padre, la famiglia Tomlinson e, più di tutti, Louis William Tomlinson, che ciarla, ciarla tanto, ciarla, ciarla, ciarla.

Di quando è stato a Roma, di come Londra fosse bella, ma non bella come Parigi, ovviamente; e di SouthPort, il suo rifugio! - gliel'ho letto begli occhi, il senso di colpa.
E lo odio, ma odio molto più me, perché un po' mi dispiace.

Il tintinnare dei cucchiaini mi distare un poco, dal mio universo fatto di strade illuminate dal sole mattutino e di fiori appena sbocciati, è ciò che vedo quando penso a lui: il mio Wonderland, ed io, la sua Alice.

Peccato che, sia inevitabilmente tutto finito, o meglio, facciamo finta sia così.

Ed è per questo, che come lui si alzi per una sigaretta, io mi alzi per mancanza d'aria.

«Fa troppo caldo, scusatemi.», strascino la sedia indietro, ma nessuno bada a me, ci hanno fatto l'abitudine ai miei comportamenti dolci e ammalianti.

E fuori, lì sulla veranda mi accorgo di come lui sia cambiato, di come lui, non sia più lui.

«Lou, come va?», chiedo cauto, perché devo fare così, a meno che io non voglia scoppi un litigio, e io non voglio.

«Come dovrebbe andare Harry?»non sento rabbia nella sua voce, ma semplicemente un pizzico di ironia, come se non ci conoscessimo.

«Non mi sposo più,» sorride poco dopo, e mi è impossibile non sorridere di ricambio, perché mentre sorride si gira, e quando mi vede il suo sorriso si fa più grande, vero e sincero.

«Grazie, Harry, ti ringrazio perché se tu non mi avessi cercato..», inizia, incerto, e si avvicina, con le mani che fremono, che si agitano stringendo la sua giacca marrone.

«Anzi, se io, non avessi saputo che a te, di me, importava davvero -e ancora-, qualcosa, se io non lo avessi saputo...Ora non sarei qui, perché eri tu il mio pensiero fisso, lo sei stato sempre, nelle giornate più belle e anche quelle più brutte.»
Poi si copre la faccia, in confusione, la sigaretta accesa rimane a consumarsi sul posa cenere e vederlo così vicino a me, senza barriere, mi manda in fumo tutti i buoni propositi ed è per questo che lo afferro e corro, verso il posto più impensabile: soprattutto per lui; ma anche nel posto in cui io, ho passato le notti più brutte.

Le mani intrecciate, sudaticce, e i cappelli sbattono sugli occhi, e mi viene da ridere.

«Ora i capelli più lunghi son i tuoi.», urlo, perché l'aria fa disperdere il suono, e so quanto a lui piaccia la mia voce, e allora urlo.

Il fiatone colpisce solo me, seppure io fumi meno, lui corre agile, come non mai, senza mostrare segni di debolezza, è un uomo, è forte, è un uomo forte, è tutto ciò che non era prima di andarsene.

Mi fermo, mi paro davanti a lui, e come se il tempo non fosse passato porto le mie mani davanti la sua faccia, la accarezzo, leggero e con tutto l'amore possibile.

Adiaforía ( Larry Stylson )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora