XII

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Canzone Capitolo: Shelter; Birdy

Dopo aver preso una bottiglietta di CocaCola proseguo verso il molo; e quindi, corrucciato sul bagno-asciuga lancio un'occhiata sincera e curiosa al panorama.
È pomeriggio, fine aprile, 1947, la temperatura è perfetta per me, il cielo è azzurro e limpido fino all'orizzonte. Alle mie spalle il canale è calmo -nonostante la brezza - e rispecchia il colore del cielo che mi fa da tetto in questo pomeriggio.
Mi sto abbronzando, strano ma vero, e questa, è una delle tante, monotone e simili giornate qui a Southport.
Chi se lo aspettava? Tutti ma non io.
Io che metto me prima di chiunque altro? Ma quale paradosso! - suvvia Louis, basta giocar d'ironia!
E allora sono qui, con Zayn, ma solo come amici perche «questa è la città in cui il nostro amore è nato, e non posso viverne un altro, non qui.» - mi ha detto quando siamo arrivati impolverati e sudati a casa sua, 'ché lui vive da solo da tempo.
Naturalmente non parlava del nostro amore: quello fra me e lui; ma parlava del suo amore con Liam.
Che tanto me lo ha detto di non avermi amato davvero, ma che ero solo un buco.
Io mi sono limitato a ridere, senza dirgli che per me lui era solo una chiave.

Eppure non mi pento, o meglio, faccio finta di non pentirmi.

Cammino ancora per un po' per il molo, la gente non mi guarda più troppo male, mi sono ambientato, io che odio le cittadine di provincia mi ci sono ritrovato a vivere.
Io che odio Forks ci vivo a nemmeno troppa distanza.
E questo è il mio posto sicuro ora, un rifugio.
Mi avvicino di soppiatto a Zayn che sta di spalle e porto le mie mani fredde alle sue guance calde.
«Per Dio Lou!», urlacchia scacciandomi con una gomitata, poi mi passa le patatine fritte che sta mangiando, che tanto a breve gliele avrei chieste sicuramente.
«Allora? Trovato ciò che cercavi?», chiede mangiucchiando e fissando i gabbiani appollaiati alla ringhiera che puntano il nostro cibo.
Stringo il pacchetto meglio e mi appoggio sulla panchina in cui Zayn è seduto.
Scuoto le spalle scacciando i brutti pensieri che mi riconducono inevitabilmente a lui, a come sta, a cosa fa, a con chi sta, ha pianto il mio non ritorno? mi odia? chi ama ora? mi ha mai amato?

«No, credo dovrò andare ad Atlantic City..», sospiro, i segni della guerra sono un po' incisi in noi, sulla pelle e negli occhi.
Io ho una cicatrice poco più sotto del ginocchio: un proiettile tolto.
Mentre il danno di Zayn, ahimè è irreparabile.
Porto le mani attorno alle sue, che tremano.
«Non ci pensare, è finito tutto.», tranquillizzo.

Lui posa la testa sulla mia spella e sbuffa, «Louis..devo dirti una cosa.», lo dice di getto, e poi mi guarda.

«Dimmi.» lo incito, ma sposto lo sguardo, quasi sapendo che ciò che mi dirà non mi piacerà, affatto.
Allora fisso le gazze ladre bere l'acqua del mare che ci sta poco distante, mentre il loro manto riflette nell'acqua quasi argentata.

«È arrivata una lettera, circa due settimane fa..», sto zitto, era inevitabile. «Dato che la casa è intestata ai miei beh, è arrivata a loro anche se ci vivo io..», lo so già cosa vuole dire, e mi farà male. «Chiedeva ai miei se sono tornato..se sono vivo.» Ecco, appunto.

Faccio il finto tonto, è la cosa che mi riesce meglio, perché io quella lettera l'ho trovata sotto il suo cuscino.

Quindi, da bravo attore lo guardo un po' spaesato, ingrandisco gli occhi e mi gratto la nuca, da bravo coglione. «E con ciò?», incito.

«Credo..sia arrivata anche ai tuoi.», questo non me
lo aspettavo, e allora lo guardo deluso.
«Non dico che devi andartene Lou! Dico solo che... cazzo devono saperlo che sei vivo! Che il loro primogenito è sano! che sta bene! E di quel tipo? Quell'Harry di cui parli la notte? Mh? A lui non gli devi spiegazioni?» mi sbraita contro innervosito.
Stringo gli occhi in una fessura, incenerendolo, «Tu non sai niente, niente.», mi schermo.

«Beh perché forse tu non mi dici niente? A malapena so chi tu sia davvero!»

«Sono Louis Tomlinson basta sapere questo.»

«Sei patetico, ecco cosa, cosa c'è? Hai paura di tornare? Cosa hai lasciato là?»

«Forse è meglio chiedere cosa non ho lasciato, perché ho lasciato tutte le certezze che avevo.» ho lasciato il mio Harry! non lo urlo però, perché sembrerebbe il pianto di un bambino cui il gioco d'infanzia è stato tolto.

«Beh, allora sei un gran testa di cazzo.», e sto zitto, ha ragione.

n/a:
non mi son mai allargata, non ho mai preso questo spazio nel modo in cui vorrei, perché credo voi leggiate la storia e basta, non credo vi interessi sapere come sto, cosa ho mangiato o cazzate varie.
Solo non ci sono più abituata, prima avevo un storia che era proprio scritta di merda ma la quale aveva raggiunto quasi le 10k.
Quindi in quel caso avevo molto più peso da portarmi sulle spalle ma ciò non mi pesava.
Vorrei precisare che questa non è la solita fanfiction in cui Hazza toppa (si, succederà anche questo), ma anzi, voglio portare alla sensibilizzazione di questo argomento, perché credo che la situazione messa a confronto che nasce nel 1945 e la situazione attuale, ahimè hanno poche differenze: i gay non sono accettati, non da tutti per lo meno.
Comunque, facendo il punto della situazione (io la sto complicando sta situazione come avete potuto vedere) :
Louis è andato in guerra, ha avuto una relazione con Zayn, finita la guerra si è trasferito a Southport (in seguito vedrete che se anche in amicizia la relazione ha benefici, rip Larry) una cittadina non troppo lontana a Forks e ora sta riscontrando alcuni problemi.
Harry lo odia.

Faccio tutto ciò perché la relazione tra Lou e Harry è andata troppo veloce, già dal primo capitolo Haz è venuto a stressarci l'esistenza, quindi ora vi farò andare un po' in astinenza.

Spero abbiate avuto una buona giornata!
Qui sono le 11:15, quindi da voi è 00.
Vi prego ditemi cosa ne pensate davvero, ci tengo.
vi amo, un bacio, El. ❤️

Adiaforía ( Larry Stylson )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora