Nono Capitolo

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Alex era fantastica, una ragazza piena di risorse, sempre allegra, bella, dolce ma c'era un lato di lei che teneva nascosto, sopprimendo così se stessa. Intanto era fragile, molto fragile, e scoppiava spesso e volentieri in lacrime senza un motivo valido; bastava una battuta, fare un piccolo passo falso oppure dire una parola di troppo od una in meno del dovuto, per farle scorrere un torrente sulle guance. Era inoltre assai insicura di sé stessa, dovunque andassimo si confrontava con le ragazze che incontrava scorgendo in lei difetti inesistenti, viveva perennemente a dieta con l'incubo incombente di non piacere più agli altri o a me; il giudizio altrui sul suo conto la ossessionava condizionandole il modo di vestirsi, di esprimersi, di vedersi, di pensare, di comportarsi. Per esempio davanti ad i suoi amici, alle altre componenti delle chearleaders ed ai giocatori della squadra di football assumeva un atteggiamento completamente differente: quasi mi disconosceva. Non mi parlava, mi dava delle battute in pubblico ricche di sarcasmo, d'odio o di disprezzo; poi però, di fronte agli sconosciuti o ai miei amici, era estremamente sdolcinata, dolce nei miei confronti, simpatica. Era meno tesa, era più serena. A volte mi urtava molto questo suo modo di fare. Forse si vergognava di me, forse non mi reputava all'altezza delle aspettative della sua comitiva o semplicemente delle sue aspettative. Addirittura era arrivata a flirtare o a fare la scema con il suo ex, Thomas Jefferson, di fronte a me, ignorandomi completamente. 

I miei amici mi ripetevano di lasciarla stare, di non badare a lei, di considerarla un'amica e di trombarmi - detto in modo molto volgare - Elizabeth che, invece, con me era estremamente dolce e giusta, ma io non gli davo troppo ascolto. Che stupido. 

Esistevano due Alexandra Monroe, quella ingenua, insicura e fragile, e quella vanitosa, stronza e snob. Amavo la prima versione, quella della mia ragazza, dell'Alex che aveva aiutato mia sorella, che mi ripeteva di amarmi, ma l'altra versione faceva irruzione in questa spesso e volentieri, troppo frequentemente ed in modo inaspettato. Potevamo essere al cinema, in camera da letto o ad un bar e non potevo mai avere la certezza che non incontrassimo qualcuno del suo livello che risvegliasse l'altra metà. 

Parlarle di questi miei timori e di queste profonde osservazioni era impossibile perché cambiava discorso o negava, secondo lei bastava farsi scopare perché le cose si risolvessero, ma no Alex, non funziona in questo modo…  

Arrivò il giorno della consegna del progetto, lo presentammo alla classe Giulietta e Romeo sotto un punto di vista differente che avevamo sviluppato io e lei sulle basi del nostro rapporto; fu un successone. 

A dire il vero ciò che avevo tanto temuto non avvenne secondo le modalità che ebbi immaginato, Alex non si allontanò di per sé ma spinse me a farlo. 

Era venerdì e mancai ad un appuntamento, mi chiamò allora ma io non risposi. La sera dopo mi chiese se l'avessi potuta accompagnare alla festa della sua migliore amica, fra i suoi amici, ma io negai inventandomi una scusa sul momento. Insistette ma ero determinato a non andare ad assistere ad un calvario, probabilmente mi avrebbe presentato qualche sfigato e mi avrebbe abbandonato l'intera sera. No, non ci sto più… Avevo compreso che secondo uno dei complessi di Alexandra, portarmi con sé fra i suoi amici era un modo per dimostrare loro che era fidanzata, non sola, e che si era ripresa dalla rottura con Jefferson.

Quella sera mi recai con Elizabeth in un locale da poco inaugurato e cercai, col suo aiuto, di distrarmi. Tra un bicchiere ed un altro si fecero le quattro, l'alba era prossima, e Liz ed io ci facemmo strada verso l'auto. Eravamo entrambi sbronzi. Lei mi spinse all'auto, premendo sé stessa forte contro il mio corpo, mi stuzzicò facendo strusciare il suo dito avanti ed indietro sul mio bacino, mi strappò un paio di baci. Le intimai di fermarsi, le dissi più volte di non spingersi oltre, che non potevo, ma ad essere sincero non ero poi così convinto di non potere. Elizabeth iniziò a baciarmi sul collo, in modo assiduo e pesante, le dissi di fermarsi ancora una volta ma lei mi tirò giù la lampo ed infilò lentamente una mano dentro. L'effetto dell'alcool prevalse sulla mia coscienza con la partecipazione di una buona dose di eccitazione. 

Ricordo bene l'istante in cui, sotto il bagliore della luna che calava per far spazio a quel cielo color indaco elettrico, vidi Alex comparire. Scese da una macchina e si avvicinò a me, sono quasi certo che stesse sul punto di scoppiare in lacrime. Spinsi via con decisione Elizabeth e mi avvicinai ad Alexandra che d'impulso mi diede uno schiaffo sulla guancia. Intanto dietro di lei scorsi la figura Jefferson che scendeva pure lui dall'auto.

« stavi proprio male » commentò cercando di sembrare sarcastica sebbene le tremasse la voce « ecco cosa avevi di meglio da fare »

Tacqui. 

« fai proprio schifo! È finita… » riprese

« non finisce per colpa mia » le dissi

« sei tu quello che tradisce l'altro trombandosi una puttana in un parcheggio »

« chiediti perché lo faccio »

« mi fai schifo » singhiozzò col fiato corto

« mi faccio schifo pure io ad essere sincero, ma non più di quanto me ne faccia tu » mentii, « è finita, hai ragione, ma sono a non volerla continuare »

Tacque. 

« ci sono due Alexandra: la mia ragazza ed una stronza, oggi ho tradito quella stronza »

« quindi sarebbe colpa mia?! »

« no, la colpa è mia. Avrei dovuto chiudere settimane fa ma invece ho preferito rimandare, sperando che prima o poi saresti tornata in te » le spiegai, « non sapevo però che la vera te fosse questa e non l'Alex di cui mi ero innamorato »

« sei un bastardo! » 

« non fare la santa, chissà che avresti fatto ora a casa tua con lui! » le urlai mentre si allontanava. 

Le sue lacrime brillavano a quel ridotto bagliore lunare. Thomas mi fece l'occhiolino ma preferii non interpretare quel gesto. 

Per un secondo, un attimo soltanto, ebbi l'impulso di rincorrere la macchina implorandola di perdonarmi con la speranza che tutto si fosse aggiustato, ma non lo feci, la lasciai dileguarsi nella notte facendo si che il mio cuore si facesse carico di un rimorso così pesante. Ma fu meglio, le cose dopotutto erano destinate ad andare in questo modo… 

Mi voltai e raggiunsi l'auto, Elizabeth vi era già entrata. Aprii la portiera ma prima di entrare mi soffermai a guardare la luna per un secondo ancora, quel cielo indaco era un misto fra la notte ed il giorno e rendeva l'atmosfera più malinconica di quanto già fosse. Un paio di lacrime mi bagnarono il volto, l'immagine di Alex piangente era ancora così tanto vivida… 

La notte ha i suoi colori, e li vedi così chiari se serbi dentro dei rancori

L'ULTIMA OCCASIONE (completo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora