Arrivò così il ventiquattro dicembre, giorno in cui il Natale era palpabile persino nell'aria. Le scuole chiusero, le case si riempirono di parenti e cari che avrebbero aspettato lo scoccare della mezzanotte tutti assieme; l'aria natalizia era percepibile per le vie dove si scorgevano i portici delle case adornati con lucine e le porte con una bella ghirlanda verde che invitava tutti ad entrare. Solo casa nostra era un mortorio, una tomba.
Hannah, la mamma ed io, poiché cattolici, eravamo soliti preparare la casa a dovere sin dall'otto dicembre, ad addobbare un grande albero nel salone che arrivava fino a toccar il soffitto, a riempire la dimora del calore del Natale. Quell'anno però, nessuno andò a comperare l'abete e nostra nonna si limitò ad utilizzare un albero finto, vecchio ed alto circa un metro e venti per cercare di rendere meno triste quella serata. Qualche calza affissa al camino, una luce colorata attorcigliata allo scorrimano delle scale, una ghirlanda misera e malridotta. Mi ero opposto a questa volontà di festeggiare a tutti i costi anche quando non c'era proprio niente da festeggiare, lo consideravo come profanare un giorno speciale che tanto non sarebbe mai più potuto tornare felice, ma mio padre e mia nonna mi avevano pregato di mandare avanti quella pagliacciata solo per mia sorella.
Quando ero piccolo ricordo che aspettavo tutto l'anno che arrivasse quel giorno, quella sera memorabile, la mattina seguente; a casa ballavamo sulle note di All I Want For Christmas e White Christmas sin dai primi giorni del mese. Mamma era sempre allegra e di buon umore, cucinava biscotti allo zenzero e altre delizie, io ero sempre più buono in quei giorni… andavamo a messa la vigilia, mangiavamo fino a scoppiare con nonna e qualche altro amico e parente, giocavamo a carte e a tombola e la sera, non appena scendeva il buio, ricordo di essere sempre rimasto sveglio in attesa che arrivasse San Nicola con le sue renne. Era tutto diverso all'epoca…
Quel Natale fu una tragedia, triste e deprimente per ognuno di noi, a risollevarmi il morale fu Virginie quando mi venne a prendere a casa mia verso l'una di notte ed andammo a festeggiare con qualche altro amico. Lei, il Natale, non lo festeggiava…
Il giorno più triste e lancinante delle vacanze però fu il ventisette dicembre, mia madre avrebbe compiuto la bellezza di quarantasei anni. Quel giorno mia sorella era taciturna, silenziosa perfino a respirare. Ci si strinse il cuore a tutti a vederla così, suonò il pianoforte per ore ed ore cercando di sovrastare l'eco dei ricordi con le note forti e con quelle stridule proprio come avevo fatto io per mesi e mesi. Ma non potevo neppure pensare che un corpicino così piccolo e fragile potesse sopportare anche solo un millesimo del dolore che tenevo in petto io, eppure lo faceva, l'aveva fatto sin a quel giorno ed avrebbe continuato per un tempo ahimè illimitato. La piccola Hannah però era di gran lunga più forte di me e lo aveva dimostrato in diverse occasioni in quei mesi, già solo per essere andata ad assistere al funerale dava un'idea di quanto fosse meglio di me. Molto. E mi chiedevo se mamma l'avesse visto, se da lassù fosse riuscita a scorgere la sua benamata figliola che a soli nove anni era andata a darle un ultimo saluto, ed, in tal caso, temevo cosa avrebbe pensato di me, un vigliacco, mi avrebbe definito.
« Jake » mi disse quel pomeriggio, « ti capita mai di pensare alla mamma? »
« tutti i giorni » le risposi con voce sommessa
« mi manca tanto » aggiunse lei
« anche a me. »
« e allora perché ci ha lasciati? »
« non è dipeso da lei » soggiunsi, « Hannah mamma in realtà non ci ha lasciati, è qui con noi » continuai con la voce spezzata
« Dov'è? Come fai a saperlo? » subito chiese singhiozzando leggermente
« é nel tuo cuore, Hannah. Lei ti veglia da lì, lei vive nei nostri cuori, nei nostri ricordi, nel nell'amore e nel bene che le vuoi. » Mi commossi. « e ci sarà per sempre »
Quel pomeriggio mia sorella per distrarsi andò da una sua compagna di classe a giocare, quanto a me invece, beh io andai a fare una cosa che avrei dovuto fare molto tempo prima… Misi le catene alle ruote dell'auto, spensi il telefono ed andai al cimitero. Una volta arrivato abbandonai il veicolo in un cumulo di neve ed iniziai a vagare.
Controllai una ad una ciascuna lapide sinché non trovai quella sua, la più bella, a mio giudizio; aveva nevicato per tutta la settimana ed il prato ora era tutto imbiancato, qualche fiocco di neve però si era posato sopra la tomba creando così un letto di velluto bianco proprio dove mia madre dormiva. Una sua foto era incastonata nella roccia proprio sopra il suo nome, mi era mancato tremendamente il suo sorriso.
C'era scritto BELOVED MOTHER AND DAUGHTER. Amata da tutti, tutti i suoi amici e tutti coloro almeno una volta, anche per caso, si erano imbattuti in lei.
Mi inginocchia d'innanzi alla fotografia e lasciai le lacrime scendere senza alcun controllo, era sepolta proprio accanto a suo padre, Richard, morto ancor prima ch'io nascessi. Il tempo si congelò, probabilmente per il freddo, e vi trascorsi ore ed ore con lei; piangevo perché non c'era più, piangevo perché mi mancava, perché ero terribilmente furioso che se ne fosse andata, perché non ero stato in grado di impedirlo, piangevo perché non ero stato capace di reagire, perché non ero venuto prima, perché ero mancato al suo funerale. Ma, soprattutto, piangevo perché vedendola lì, celata sotto una lastra di marmo, con la sua foto ed il nome inciso nella pietra, mi aveva fatto allontanare tragicamente da lei in un solo secondo, perché pensarla come una stella non aveva concretizzato la sua morte come quella lapide. Era morta da quasi quattro mesi ma per me era un'eternità.
Nel cimitero presi coscienza anche di un altra cosa, di essere sospeso in una dimensione parallela perché non erano né vita né morte quegli ultimi mesi.
Si fecero le sei, la notte avrebbe presto inghiottito quel nostro attimo, così mi alzai, lasciando a terra una bella ghirlanda natalizia che aveva comprato lei stessa l'anno precedente; la posai proprio sopra quel fitto strato di neve che ricopriva i fiori che nonna vi aveva riposto qualche giorno giorno prima, ed andai via.
Salito in macchina accesi il mio cellulare e richiamai Virginie, mi disse di raggiungerla in un forno, chiusi la telefonata e mi feci strada nella bufera di neve, quella che avevo in testa, avvolto da quella nebbia che non era altri che la malinconia.
In cuor mio però sentivo d'aver fatto la cosa giusta, e mi bastò questo per non crollare.
Raggiunsi Virginie in quel forno, mi sedetti al tavolo con lei e chiacchierammo un po' ma mentii dicendo d'esser stato a casa di Austin. Mi disse che voleva una ciambella allora andai al banco, che era dall'altro lato del locale, e mi misi in fila. Assorto nei miei pensieri mi distaccai completamente dalla terra seppur in testa non avevo un granché su cui focalizzare; fu il suono di una voce familiare a risvegliarmi… « Jacob » bisbigliò, « Jake! »
« Alex » sussurrai non appena ebbi riconosciuto la sua voce, ancor prima di vederla. Mi girai, era bellissima. Indossava un paio di jeans ed un maglione a collo alto color panna, aveva un cappello bianco abbinato e le scarpe imbiancate dalla neve. Io invece ero avvolto dalla mia giacca da sci azzurra e bianca ed indossavo ancora il mio berretto nero non ostante fossi al chiuso. Una cosa che avevamo in comune erano i nasi, molto arrossati, da clown.
« che ci fai qua? » mi chiese con un tono alquanto sorpreso
« sono-sono qui a fare merenda con, con un'amica »
« ah, un'amica » ripeté
« e tu? »
« a bere una cioccolata calda con altri », alias Thomas, i giocatori di football e le sua amiche chearleaders.
La cameriera le servì una cialda, lei pagò e la ringraziò. « allora io vado » incalzò imbarazzata « ci vediamo in giro »
« alla prossima » le dissi mentre si allontanava.
« come posso servirla? »
« una fetta di torta di mele ed una ciambella »
« fanno dieci dollari. »
Tornai al tavolo e mangiai con Virginie che era assai affamata, come al solito trascorremmo un pomeriggio incantevole ma, come sempre, nei miei pensieri c'era Alex e quel pomeriggio più che mai dato che l'avevo incontrata.
Di tanto in tanto udivo delle risate e delle sghignazzate provenienti dal loro tavolo ma non diedi ciò troppo peso… chissà come mai Alexandra mi aveva rivolto la parola...
![](https://img.wattpad.com/cover/8450269-288-k928623.jpg)
STAI LEGGENDO
L'ULTIMA OCCASIONE (completo)
Novela JuvenilÉ quando meno te lo aspetti che il mondo decide di caderti addosso. La vita di Jake si trasforma in un attimo nell'Inferno. Non ha via di scampo. É sicuro di aver perso tutto, é sul punto di cedere... Poi incontra Alex. © 2014 Virginia della Torre...