Capitolo 39

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Kiri e Hroar videro Sibbe sulla strada che portava al castello dove si stavano recando in cerca di notizie. Kiri fu il primo a lanciarsi sulla ragazza abbracciandola forte e facendole fare un mezzo giro su se stessa. Lei sorrise felice e appena l'amico l'ebbe lasciata andare lei corse ad abbracciare il fratello che era rimasto felicemente scosso ad assistere la scena.

–Sibbe, sorella mia. – La strinse tenendola a diversi centimetri da terra.

–Ti ha lasciato andare? – Chiese Kiri speranzoso.

–Sì, ha capito che non lo avevo tradito e mi ha lasciata libera.

–Allora possiamo tornare a casa, – affermò Hroar che non vedeva l'ora di lasciare Londra.

–No, io resto. – Annunciò la ragazza.

–Perché? – Chiese il gigante esasperato.

–Perché è qui che si trovano le persone che amo di più al mondo.

Hroar sbuffò sonoramente e mormorò che non aveva imparato niente da questa storia.

–Andiamo a parlare in un posto più tranquillo, – suggerì Kiri che aveva visto molti passanti guardarli curiosi.

Si ripararono nella locanda semideserta a quell'ora del mattino e Hroar cercò di convincere Sibbe a partire.

–Non sai per quanto tempo resterai nelle grazie del re e se un giorno dovesse svegliarsi e cambiare idea? Non ci metterà molto a rimetterti in prigione.

–Non lo farà, lui mi ama e sono l'unica persona alla quale deve la sua fiducia.

–Vieni sempre dopo il suo regno a quanto pare e dopo sua moglie. – La informò crudele Hroar.

Sibbe diventò rossa e non poté negare.

–Inoltre temo non solo per te ma anche per noi, – lanciò uno sguardo pieno di significato verso Kiri e Sibbe capì subito quello che intendeva.

–Mi dispiace che abbiate dovuto esporvi in questo modo per me.

–Non lo dire neanche Sibbe, noi faremo di tutto per te e Sebby. – La rassicurò Kiri.

–Grazie, non potrei avere una famiglia migliore di voi. – Le lacrime le riempirono gli occhi per l'emozione che provava per loro, ma non era nulla in confronto a quello che sentiva per Sebastian. Lui era tutta la sua vita, si era donata a lui nel modo più incondizionato.

Sibbe e Kiri si recarono al mercato a fare acquisti mentre Hroar andò verso le stalle della locanda ad accudire i cavalli. Fuori dalle stalle c'era la serva che stava ritirando i panni stesi al sole, appena lo vide avvicinarsi gli fece un sorriso speranzoso. Hroar aveva notato che la ragazza provava un certo interesse per lui ma aveva sempre cercato di rifiutarla con cortesia, anche se lei sembrava non volersi arrendere, anzi, diventava sempre più determinata. Il fatto che fossero stati insieme durante il suo primo soggiorno a Londra non aiutava di certo.

–Sir Hroar, finalmente sei solo...

Lui si schiarì la gola e borbottò qualcosa.

–Sai il tuo amico non mi piace per niente, certe volte ti guarda con gli occhi di una donna, lo osservo spesso e penso che ti si voglia fare.

Hroar diventò rosso come un ragazzino colto a rubare, ma poi cercò di incanalare la paura nei sentieri più sicuri della collera.

–Come ti permetti, ti farei frustare per quello che insinui. – La ragazzi per un attimo perse la sua sicurezza e indietreggiò leggermente. –Il mio amico è mio cognato e in questo momento è con sua moglie, la mia amata sorella. Se lui mi guarda non può che farlo con un affetto fraterno e non osare più parlare di lui in termini oltraggiosi o te ne farò pentire.

Detto questo la superò mentre lui sbalordita si prodigava in inutili scuse. Hroar si tolse la casacca per non sporcarla e si occupò dei cavalli con vigore, era un compito che gli era sempre piaciuto, fin da piccolo, peccato che adesso la spensieratezza di quei gesti era rovinata dal terrore di essere scoperto. Lui e Kiri erano stati attenti, in pubblico si parlavano appena ma a quanto pareva gli sguardi di due amanti erano facilmente riconoscibili da donne gelose e curiose.

Un brivido di paura gli percorse la schiena, non poteva sopportare neanche l'idea che Kiri venisse rinchiuso e frustato, figurarci essere condannato a morte. Avrebbe fatto di tutto per proteggerlo anche combattere contro tutto l'esercito del re e tutta la chiesa.

–Sir! – La voce della serva alle sue spalle lo riscosse dai suoi pensieri. Quando si voltò vide che si era abbassata la veste fino alla vita e i seni candidi erano esposti all'aria polverosa della stalla. Cercò di sopprimere il disgusto di quel gesto e mostrò la più completa indifferenza.

–Rivestiti donna, non voglio nulla da te.

–Dovrei forse pensare che le mie curve non siano di vostro gradimento? Eppure fino a pochi mesi fa le avete avute tra le mani, cos'è cambiato da allora? – Chiese avvicinandosi.

Hroar cercò di sostenere il suo sguardo, la ragazza non voleva cedere e gli avrebbe dato il tormento fino a quando non sarebbe partito.

–Ho una donna che mi aspetta a Derby. – Mentì.

–Strano, parlando con i vostri servi ho saputo che non c'è nessuna, ecco perché non capisco il vostro rifiuto.

Maledetti servi pettegoli.

–Ecco perché ho pensato che tra voi e...

–Come devo dirvi che abbiamo solo un legame familiare?

–Allora nulla vi vieta di avermi, – alzò la mano e gli sfiorò il petto sudato e sporco di polvere. –Siete bellissimo.

La ragazza gli arrivava alla spalla ma in quel momento a Hroar sembrava fosse alta tre metri e si sentì messo all'angolo. Se l'avesse rifiutata ancora avrebbe destato in lei ulteriori sospetti. Perdere tutto adesso che aveva ritrovato la sua famiglia era inconcepibile. Si lasciò toccare per minuti che sembrarono interminabili, i seni di lei premuti contro il suo petto e le mani di lei ovunque. Dovette resistere all'impulso di non spingerla lontano. Si sentiva oltraggiato, violato ma non poteva fare altro. Quando la donna gli infilò una mano nei pantaloni si accorse che la cosa non lo stava eccitando tanto quanto lei.

La ragazza sollevò gli occhi e lo guardò con disapprovazione, nel suo sguardo lesse un sospetto o almeno così sembrò a Hroar, chiuse gli ocche e cercò di concentrarsi. Mesi tra le mani esperte del suo amante non erano nulla riguardo a quello che stava facendo con quella ragazza. Non era tradimento, stava solo cercando di rassicurare la donna che forse poi lo avrebbe lasciati in pace. Appoggiò le mani sulle spalle della serva spingendola in basso, poi immaginò il suo uomo che glielo prendeva e subito le sue membra si indurirono e quando finalmente venne nella bocca della donna si ritrovò a sfogare la sua rabbia in un urlo disperato. Avrebbe mandato via subito la serva e sarebbe scappato al fiume per lavarsi via l'impronta delle sue mani che gli bruciavano dolorose sulla pelle. 

L'amante del reDove le storie prendono vita. Scoprilo ora