Capitolo 35

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Il mattino dopo Sibbe si svegliò sentendo qualcuno che si muoveva nella stanza. Cercò di girarsi ma la natica le faceva male, così dovette rimettersi giù.

–Ve la sentite di mangiare, milady? – Chiese una donna anziana, Sibbe la mise a fuoco, aveva i capelli bianchi e un vestito verde scuro con un grembiule. L'aveva già vista per il castello, lavorava nelle cucine.

Sibbe riprovò ad alzarsi stando attenta a non fregare troppo la parte ferita. Riuscì a fatica a mettersi seduta sul bordo del letto.

–Ho portato del pane e del formaggio, un po' di frutta e birra. Bevete questo per adesso, è caldo. – le disse porgendole una tazza di legno. Lei bevve grata. La bevanda aveva un gusto amarognolo di erbe e rosmarino.

–Cos'è? – chiese arricciando il naso.

–Una bevanda a base di erbe, la dovete bere tutta. È un ordine del re.

–Un ordine del re? Non capisco.

Lei la guardò con un'espressione compassionevole.

– Perché devo berla? – Insistette.

–È per il vostro bene. Vi eviterà un sacco di problemi.

–Continuo a non capire....

La donna ora sembrava scocciata e non le rispose più, ma le disse che doveva berla tutte le mattine prima di fare colazione.

–Mi rifiuto di bere ancora un goccio se prima non mi spieghi! – Le rispose anche lei nervosa.

–È per evitare che voi restiate gravida di un altro bastardo.

Sibbe guardò la donna con orrore ma non disse niente. Abbassò gli occhi sulla tazza che aveva in mano e mentre le lacrime le cadevano dalle guance e le bagnavano il vestito bevve tutto fino all'ultima goccia.

Sarebbe finita quella umiliazione? L'avrebbe perdonata prima o poi?

Quel giorno la donna si fece vedere tre volte, due volte le portò da mangiare e la terza, con l'aiuto di due serve le preparò un bagno. Quando lei si offrì di aiutarla, Sibbe le disse che avrebbe fatto da sola. La donna capì e aspettò fuori dalla porta. Sibbe si godette il bagno caldo fino a ché l'acqua non divenne fredda nonostante il bruciore che sentiva sulla pelle lacerata. La donna rientrò quando lei uscì dalla vasca portandole dei nuovi vestiti, una camicia da notte ornata di pizzo, una vestaglia e delle pantofole. Poi quando si fu accertata che non avesse bisogno di altro se ne andò e finalmente Sibbe si ritrovò da sola con i suoi pensieri.

Ripensò a suo figlio, si chiese dove poteva essere e come stava, non erano mai stati distanti così a lungo e lui le mancava terribilmente. Ma capiva anche che ormai era un giovane uomo e che avrebbe imparato molto a corte, molto più che a Derby. Sperò che la rabbia che Sebastian nutriva per lei non si riversasse anche sul figlio, non avrebbe potuto perdonaglielo. In tutta coscienza capì che aveva fatto una cosa orribile tenendolo all'oscuro dell'esistenza di Sebby. Se lui non fosse capitato nelle loro terre non lo avrebbe mai scoperto. Ma non poteva negare che i sentimenti che provava per lui erano ancora forti nonostante fossero passati cinque anni lei lo amava ancora come la prima volta che era andato nel suo letto. Peccato che a differenza di allora tutta la sua innocenza era stata spazzata via.

Le ore passarono e arrivò il crepuscolo, Sibbe si affacciò alla finestra guardando il tramonto. Quando vide dei bambini correre nel cortile sotto di lei, il cuore le si aprì di gioia avendo riconosciuto Sebby. Era lui. Avrebbe riconosciuto ovunque la sua chioma nera e fluente come quella del padre, aveva ancora i capelli lunghi legati con il suo nastro e stava ridendo e scherzando con gli altri suoi amici. Era felice e lei lo fu per lui. Chiuse gli occhi e si concentrò sul suono della sua voce che risuonava tra le mura del castello.

La notte arrivò presto e Sibbe dopo essersi cambiata si sdraiò nel letto, la natica le faceva ancora male quindi si coricò sul fianco e poco dopo si addormentò.

La carezza di una mano, un tempo molto famigliare, la risvegliò. La nostalgia che sentiva nel cuore le fece credere che fosse solo un sogno, ma quando il tocco si fece più insistente e Sibbe si ridestò completamente e sentì il peso del re sopra di lei.

Lui le scostò le coperte e le sollevò la camicia da notte, Sibbe restò immobile, respirava appena ma quando le sue dita che delicatamente le sfiorarono la pelle dove c'era il marchio ebbe un sussulto.

Il re le spalmò un unguento fresco che le diede subito sollievo mentre un odore di salvia si sparse per tutta la camera. Lo sentì alzarsi e riporre l'unguento sul comodino poi il materasso cedette di nuovo sotto il suo peso, questa volta le sue mani si fecero più avide e le accarezzò le natiche mentre con il viso coperto di una morbida peluria percorreva le sue rotondità inalando il suo odore e leccando ogni tanto la pelle. Quando lui la penetrò con un dito lei emise un gemito senza neanche rendersene conto. Sibbe chiuse gli occhi e con la mente ritornò alle dolci notti che avevano condiviso, ma non ci fu nulla di dolce in quello che stava succedendo, niente baci, niente parole d'amore, niente carezze se non quelle comandate dalla lussuria. Lui la prese come la notte precedente, senza dire una parola, con rabbia, quasi con odio, pensando solo al suo piacere e niente altro. Poi se ne andò così come era venuto e così fece per le successive notti, tutte senza una parola.

L'amante del reDove le storie prendono vita. Scoprilo ora