Capitolo 41

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Buongiorno a tutti, scusate per il ritardo ma ho avuto altri impegni letterari. Da oggi cercherò di pubblicare più spesso e portare alla fine questa storia. Intanto vi auguro tantissimi auguri di buon Natale! 


Hroar si svegliò dopo qualche ora. Kiri era sdraiato sul fianco davanti a lui, il buio li avvolgeva come una calda coperta intorno alla luce della fiamma. Si alzò piano per non svegliare il compagno e andò a cercare altra legna per alimentare il fuoco.

– Stai andando a cercare legna? – Chiese Kiri con voce assonnata.

– Sì, non volevo che si spegnesse del tutto. Siamo ancora bagnati.

– Se ci sei tu a scaldarmi non sento freddo. Torna qui. – Kiri alzò il mantello mettendo in evidenza il suo corpo nudo che alla luce delle fiamme sembrava fatto d'oro.

–Sei bellissimo, – Hroar lo guardò con affetto profondo e si mise sopra di lui facendo sdraiare il suo compagno sulla schiena. – Cosa ne dici se... te la senti? – Hroar mosse i fianchi strusciando le loro erezioni. –Ho bisogno di entrarti dentro e ho bisogno di dimenticare quella stronza. Per favore.

–Non chiedermi mai il permesso, prendimi e basta, lo sai che ti voglio sempre.

–Sempre e per sempre? – Insistette Hroar mentre baciava il collo del suo compagno.

–Esatto, per sempre. – Kiri fece scivolare le gambe intorno alla vita dell'uomo sopra di lui e lo invitò a penetrarlo.

Hroar non si fece pregare e lo penetrò con una spinta decisa provocando a entrambi un piacere intenso. Abbracciò stretto Kiri e affondò il viso nel suo collo.

–Ti amo, non voglio più restare a Londra, voglio tornare a casa dove possiamo stare insieme senza destare sospetti e dormire e fare l'amore senza paura che qualcuno ci senta.

–E Sibbe?

–Sibbe ha scelto il suo destino. – Con movimento regolare Hroar fece godere Kiri con lentezza e cercando di trasmettergli tutto l'amore che sentiva per lui. Ci aveva pensato molto ma sua sorella era abbastanza grande e aveva scelto il suo destino.

***

La vita a corte per Sibbe non fu per niente facile, restò a dormire nella torre ma la stanza venne arredata con nuovi tappeti e arazzi, una calda coperta di pelliccia e tende più ricche presero il sposto di quelle vecchie. Le fu anche assegnata una serva personale e arrivarono, stipati in bauli grandi e piccoli, abiti e gioielli. A lei tutti quei privilegi non interessavano, era solo felice di avere Sebastian nel suo letto ogni notte anche se durante il giorno viveva ai limiti dell'emarginazione. La regina la odiava e anche molte dame, ma alcune erano dalla sua parte e cercavano di entrare nelle sue grazie solo per trarne qualche vantaggio. Di questo Sibbe se ne rese conto molto presto. Si sentì più sola quando anche Kiri e Hroar partirono ma si fece forza perché era quella la vita che voleva vivere, le confidenze che Sebastian faceva solo a lei, ai progetti per loro due, alle serate che passavano insieme lontano dal castello. La ragazza presto capì che a corte i segreti erano impossibili da mantenere e se ne fece una ragione, l'unica cosa che la preoccupava era Sebby. Un giorno mentre attraversava le stalle vide suo figlio che le veniva incontro.

–Oh mio Dio! Sebby, cosa è successo? – Appena gli fu vicino vide che aveva il viso insanguinato.

–Nulla madre, sto bene, è solo un graffio.

Lei si chinò su di lui cercando di vedere il taglio, quando allungò la mano per toccarlo lui si ritrasse.

"L'orgoglio l'ha preso sicuramente dal padre", pensò Sibbe.

–Cosa è successo? Dimmelo, ti sei azzuffato ancora con i ragazzi più grandi? – Gli chiese. – Ti avevo detto di non farlo più, perché hai disobbedito di nuovo?

–Madre ho dovuto difendere il vostro onore... – lei lo guardò perplessa mentre lui continuava. – Vi avevano dato un appellativo che non oso ripetere e io li ho picchiati.

Sibbe non disse più nulla e lo condusse in cucina dove gli medicò la ferita in silenzio.

–Non avresti dovuto, devi imparare a non dare peso a quello che dicono le persone.

–Madre? Perché parlano male di voi? È colpa sua vero? È per lui che vi trattano così? Per il Re? Io lo odio...

Sibbe lo schiaffeggiò, non forte, ma abbastanza per ferire il suo orgoglio.

–Non parlare così, – gli disse dura, – lui è il tuo re e devi portargli rispetto. Sempre, qualsiasi cosa succeda.

–Perché? Perché devi difenderlo sempre? È colpa sua se siamo qui e non a casa con papà e Hroar, se siamo costretti a restare in questo posto dove ci odiano tutti! Lo odio e odio anche te! – disse urlando e correndo via. Fino a quel momento non aveva capito che il figlio soffrisse così tanto per quella situazione, pensava che fosse felice di essere uno scudiero e poi un giorno diventare cavaliere.

–Aspetta! – lo chiamò ma se ne era già andato.

L'amante del reDove le storie prendono vita. Scoprilo ora