Capitolo 15

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Da Natale passarono giorni.
Non ricordavo più nemmeno quanti.
Forse perché li vivevo in costante monotonia.
Forse perché non era pieni abbastanza.
Forse perché chi volevo mi stesse accanto non c'era.

I miei genitori erano preoccupati.
Non facevano altro che ripetermi di stare tranquilla, che tutto si sarebbe risolto in un modo o nell'altro.
Maicol invece era incazzato sul serio.
Non voleva tornassi a Torino.
Mi disse testualmente:
"Se torni a lavorare in quel cazzo di centro ti accompagno, ma solo per lo sfizio di prendere a pugni quella sua fottutissima faccia!".
Ecco, questo è mio fratello.
Super protettivo e amorevole allo stesso tempo.

Per quanto riguarda me, ero cambiata, dicevano.
Secondo i miei ero dimagrita molto.
In realtà per me ciò che era cambiato era esclusivamente il taglio di capelli.

Stare lontana da lui mi aveva fatta chiudere in me stessa.
Non facevo altro che passare le giornate chiusa in camera a guardare film stappa lacrime e a fissare lo schermo del cellulare nell'attesa di qualche telefonata o messaggio.
In fondo aspettavo ogni giorno con ansia un suo fottuto gesto.
Che arrivava sempre.
Si, perché Claudio chiamava tutti i giorni a tutte le ore, incessantemente.
Il mio cellulare squillava in vano.
A quelle telefonate non fu mai data una risposta.
Ogni squillo era una nuova lacrima.
Perché tra noi doveva essere sempre tutto così complicato?
Le coppie normali vivono felicemente le loro storie d'amore.
Perché noi invece no?
In quei giorni avevo preso una decisione.
Per quanto triste e dolorosa sarebbe stata per entrambi, dovevo farlo.
Decisi che, quando sarei tornata a Torino, avrei lasciato le cose esattamente così.
Lui con Roberta ed io nella mia solitudine.
Ormai aveva fatto le sue scelte.
Ancora una volta non sono stata una prima scelta.
Tra la carriera e l'amore ha scelto la carriera.
E sebbene in quel messaggio diceva di essersene pentito ormai il danno era fatto.

Simone e Tara era sempre presenti, pronti a sostenermi nelle scelte che facevo e nelle decisioni da prendere.
Mi tenevano aggiornata su tutto ciò che stesse accadendo a casa Juve.
E anche su Claudio.
Dicevano che tornava poco a casa, che era sempre nervoso.
Viveva costantemente al cellulare, nell'attesa che io rispondessi alle sue telefonate o che lo richiamassi.
Chiesi a Simone di riferirgli che la data del mio fatidico ritorno non era importante.
Ciò che era importante era la sua concentrazione durante le partite e gli allenamenti visto che era totalmente assente. Se ci teneva al ricordo di ciò che eravamo stati, doveva farlo.
Doveva avere la mente limpida.
In risposta, aveva detto ai ragazzi che non solo se ne fregava degli allenamenti ma che, se entro quel fine settimana non sarei tornata a Torino, sarebbe venuto a prendermi.
Invece io avevo già deciso di tornare a Torino entro sabato, così che Lunedì potessi riprendere a lavorare.

Quel martedì decisi di andare a fare un saluto all' SSC Napoli.
Andai a Castel Volturno.
Lo stuart all'ingresso riconoscendomi subito mi fece passare senza problemi.
«Emma, che faj ccà?» mi chiese Tommaso.
«Tommà, una visita. I ragazzi?» chiesi.
«Rind a salett. Vaj và» disse permettendomi di entrare.
Percorsi l'entrata per poi dirigermi a passo lento verso la saletta relax.

Erano lì a giocare a biliardino o alla play. Erano così concentrati che quando entrai Marek mi disse
"la birra sta nel frigo!"
Risi. Che stupido.
«La birra non mi va stamattina» dissi.
Sentendo la mia voce scattarono.
Sorrisero e vennero a salutarmi calorosamente.
Salutai tutti ad uno ad uno.
Quando fu il turno di Dries, questo, mi prese stringermi in un abbraccio affettuoso.
«Allora le mantieni le promesse eh?» disse Dries scompigliando i miei capelli. Sorridemmo.
«Si, quando posso.» risposi.
«Fatti vedere» disse prendendomi per mano facendomi fare un giro su me stessa.
«Sei dimagrita troppo. Perché?» mi chiese aggrottando la fronte.
Sospirai spostando lo sguardo sulla parete azzurra di fronte a me.
«Sai com'è, no? L'amore.
C'è a chi fa bene e a chi fa male.
A me in questo momento sta facendo male, molto male» dissi.
«Tu che soffri per amore? Deve essere grave quello che è successo» disse toccandomi una spalla.
«Si, mi ha spaccata l'anima in due Drì.
Mi ha uccisa dentro.» risposi.
«Ne vuoi parlare? Lo sai, per qualsiasi cosa noi ci siamo.» disse abbracciandomi.
«Si, voglio parlarne anche con Lorenzo» ricambiai l'abbraccio.
In quella stanza azzurra mancavano solo Lorenzo e Gonzalo.
Gonzalo.
Da quanto non ci vedevamo? Troppo!
Quando lasciai il lavoro qui non ci sentimmo più.
Anche se ci eravamo lasciati dicendo che il nostro rapporto era come fratello e sorella, sapevo che non era così.
Nicolas, suo fratello, mi disse che Gonzalo era innamorato di me, ma era troppo orgoglioso per ammetterlo.
In quel momento non seppi cosa fare.
Tornai a casa, preparai le valigie e partì per Torino.

Io per te combatterei 8.000 guerre!❤ //Claudio MarchisioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora