Capitolo 27

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EMMA'S POV:
Nonostante siano passate alcune settimane, sono rimasta a vivere da Marco e Ricky.
Mi sono stati vicino in questo periodo buio promettendomi che tutto di sarebbe risolto per il meglio.
Ed io volevo tanto crederci, ma era tutto così complicato.
Claudio mi invia messaggi ogni giorno.
Dal buongiorno, quello prima di avviarsi agli allenamenti, quello dopo gli allenamenti, dopo cena e poi la buonanotte.
In ogni messaggio un "mi manchi" e un "ti amo" non mancano mai.
Io lo amo alla follia, ma mi ha mentito, e poi non posso togliere un padre ad un figlio.
Sarei una persona orribile.
Alle volte penso che Roberta non meriti di essere madre di quel bambino. Troppo cattiva per avere l'istinto materno.
Ha sbandierato ai quattro venti la sua gravidanza e il suo ritorno con Claudio. Solo a pensarci mi sento mancare.
Quel bambino poteva essere nostro, un mini-lui o una mini-me.
Peccato che non sarà così.

Tenendomi in contatto con Lidia tutti i giorni per sbrigare un po' di lavoro anche da casa, mi aveva informata sull'arrivo di un nuovo acquisto che sarebbe sbarcato a Vinovo quella sera.
Non mi disse chi fosse, ma solo che lo conoscevo bene.
L'avrei scoperto comunque quel giorno.

Tara viene a trovarmi tutti i giorni oppure ci incontriamo in centro.
Mi parla dei ragazzi, del loro andamento e di Simone.
Mi manca un casino la mia roccia.
Ci sentiamo tutti i giorni ma viversi tutti i giorni è totalmente diverso.
Mi ha detto che il contratto con il West Ham ormai è firmato.
Il suo agente sta sbrigando alcune formalità ma per il resto è tutto deciso.
Io stento a crederci. Anzi, non voglio proprio crederci.
Perché proprio lui?
La vita decide sempre di allontanarmi dalle persone a cui tengo di più.
Prima Claudio con la storia del bambino, poi Simone.
Spero solo che anche Tara non decida di mollarmi qui da sola, altrimenti non saprei cosa fare.
Si dice che la distanza separa i corpi e non i cuori, ma io non ci credo.
La distanza distruggerà la quotidianità mia e di quel lucano da strapazzo del mio migliore amico.
Eravamo abituati a fare colazione insieme, a riempirci di insulti e di abbracci affettuosi, i litigi stupidi perché lasciava il bagno uno schifo dopo la doccia, le risate in giardino.
Mi mancherà doverlo "salvare" dai ragazzi per gli scherzi che gli combina, essere portata a zonzo sulle sue forti spalle.
Mi mancherà il suo prendersi cura di me.
Dovrò tornare da lui a salutarlo come si deve.
Sapevo che sarebbe partito quel sabato mattina.
Mi venne un'idea geniale: organizzargli un festa prima della partenza. Un modo carino per dirgli grazie per tutto ciò che ha fatto per me e per i ragazzi.
Decisi, dunque, di scrivere a Tara che proprio quel pomeriggio sarei passata a Vinovo per parlare con i ragazzi.
Mi sarebbe venuta a prendere a casa alle 18:30.
Poi chiamai Chiara, la ragazza di Simone.
Eravamo molto amiche. L'unica cosa che "l'uragano Oscar" non sia riuscito a spazzare via.
Le raccontai del mio piano per salutare Simone e le chiesi, essendo che anche lei si trovasse a Torino, di togliermelo dalle scatole dopo gli allenamenti per poter organizzare tutto con i ragazzi.
Lei, con tanto affetto mi disse questo:
"Qualsiasi cosa accada, nonostante la distanza e il vostro caratteraccio, avrete sempre un posto speciale l'uno nel cuore dell'altro. Simone ti adora, ha sentito subito il bisogno di proteggerti come la sua sorella minore ed è qualcosa di bellissimo.
Tu per lui sei stata un perno portante in questi mesi in cui è stato male. Non era più in sé. E se devo dire grazie a qualcuno per averlo fatto ragionare, e a te Emma. Sei speciale!"
Mi si fecero gli occhi lucidi.
Io e Chiara ci conoscevamo da molto tempo e siamo sempre state in sintonia, nonostante se ci vedessimo poco. La adoravo per il suo essere esplicita e sincera. Senza peli sulla lingua. Ma più di tutto, ero felice perché rendeva felice Simone.
Erano l'uno l'opposto dell'altro ma che insieme si incastravano perfettamente.

Dopo una doccia optai per un abitino nero di lana calze e gli stivali di camoscio bassi lunghi oltre il ginocchio.
Lasciai i capelli al naturale, con qualche ricciolo ribelle e solo un filo di eyeliner e mascara.
Infilai il mio cappotto nero e scesi non appena Tara mi inviò un messaggio con scritto che era giù.
Scesi velocemente le scale e non appena la vidi quasi le saltai addosso.
Pure se la vedo quasi tutti i giorni avevo bisogno di un suo abbraccio.
«Mi mancavi tanto» dissi alla mora.
Rise.
«Anche tu. Quella casa è vuota senza te. Non sa di niente. Non c'è vita» disse abbassando il capo.
«Forse tornerò chi lo sa» dissi.
Salimmo in auto e sfrecciammo verso Vinovo.
Durante il tragitto cercai di tirarle fuori qualcosa di più sul "nuovo giocatore", ma lei niente.
Muta come un pesce.
Arrivammo alla soglia di casa Juve.
«I ragazzi saranno felicissimi di vederti.» disse Tara sbattendo la portiera e feci lo stesso a mia volta.
Aprì la porta e subito ce la chiudemmo alla spalle.
Si gelava.
I ragazzi erano in salone a guardare un film. Quasi non ci sentirono.
«Hey! Guardate chi vi ho portato!» gridò la mora al mio fianco, mentre toglieva il cappotto rifugiandosi poi accanto al camino.
I ragazzi si voltarono e sbarrarono gli occhi. Corsero a salutarmi, stringendomi in tanti abbracci calorosi.
Tutti vennero a stringermi.
Claudio ovviamente era lì ma non aveva fatto un passo.
Ci fissammo senza dire una parola.
Aveva gli occhi spenti, dimagrito molto, un ciuffo più lungo e ribelle del solito che gli ricadeva sulla fronte e la barba incolta.
Sapeva benissimo che non glielo avrei concesso nulla.
Non era più il mio Claudio.

Io per te combatterei 8.000 guerre!❤ //Claudio MarchisioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora