Capitolo 16

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Scese lentamente le scale verso di me.
Ogni suo passo era un mio respiro mancato.
Sentivo quasi mancarmi la terra sotto ai piedi.
Poi me lo ritrovai faccia a faccia.
«S-sei tornata» balbettò cercando di sfiorarmi un braccio dolcemente.
Lo ritrassi subito.
Non doveva.
Non poteva risolvere le cose così, ancora una volta.
Non stavolta.
«Dovevo. Ho lasciato del lavoro in sospeso e Pavel ha bisogno di me!» dissi iniziando a sistemare le mie cose in casa al solito posto.
Tanto sarebbe stato per poco.
L'idea di cambiare casa era ancora valida.
Non avevo intenzione di vederlo tutti i giorni, ne di vivere sotto il suo stesso tetto.
Mi avrebbe fatto solo male.
«Non solo Pavel!» esclamò lui dopo un po' di silenzio.
«Certo, immagino.» finsi di essere disinteressata.
Come se qualsiasi parola non mi scalfisse per niente.
In realtà dentro stavo morendo, ma non potevo darlo a vedere.
Mi prese per un polso con forza per farmi voltare.
Ci ritrovammo faccia a faccia.
«Possiamo parlare? Ne ho bisogno!
Ho bisogno di spiegarti, ti prego» mi disse quasi implorando.
Con tutta la forza che avevo strappai il polso dalle sue mani.
«Io invece no. Mi sembra abbastanza chiara la situazione. Ognuno per la sua strada, no?!
Ah! Piaciuto il regalo di Natale?» dissi.
«No! Perché siamo destinati noi, lo sai. Sai che ti amo da morire. Te l'ho scritto in quel messaggio. Ho sbagliato. Ho accettato uno stupido compromesso senza pensare a te, a noi. Mi è costato lasciarti, perché non avrei mai voluto.
Ho strappato la prima pagina di quell'album perché la mia vita è insieme a te...continua con te.
E il giorno che sei partita sono venuto alla stazione per farti restare, per farmi perdonare.
Ma eri già andata via.» disse.
Rimasi, immobile. Impassibile.
Come se tutto ciò che mi avesse detto non mi avesse scaturito nessuna emozione.
Invece mi stavo semplicemente trattenendo dal perdonarlo subito.
Non riuscivo nemmeno a guardarlo in faccia. Sapevo che se quegli occhi avessero incontrato i miei sarebbe stata la fine.
Ma no. Le cose non ci possono risolvere sempre così.
Per una volta soffra anche lui come ho sofferto e sto soffrendo io.
«Se ci tenevi davvero a noi, non avresti mai accettato. Avresti lottato. Ma così non è stato. So che sei venuto alla stazione, me lo ha detto Simone.
Ma ormai è andata.
Vi auguro di tornare ad essere felici, anche se dalle foto che circolano in giro lo sembrate di già» risposi io.
Raccattai le mie corsi e andai in camera.
La rabbia ha parlato al posto mio, lo so. Ma non voglio stare con una persona che non è capace di lottare per la persona che ama.

CLAUDIO'S POV:
Sapevo che sarebbe tornata oggi, quindi con Allegri ho finto di stare male per aspettarla, per parlarle.
Ma è appena tornata e già mi é sfuggita dalle mani.
Mi evita, come se le facessi schifo.
Mi parla con rabbia, con rancore.
Ed ha ragione.
Ha ragione su tutto.
Sono stato un vigliacco, le ho chiesto di perdonarmi perché io senza di lei non riesco proprio a farmi una vita.
Con Roberta non riesco a viverci, non la amo più.
Quando siamo tornati insieme lei era al settimo cielo.
Ma io no.
Era con Emma che mi vedevo in futuro.
E invece sembra essere sfumato tutto.
È ferita e non sente ragioni, ma sono pronto a tutto.
Perché noi siamo noi.
Perché la amo davvero.

A ora di pranzo i ragazzi tornarono a casa.
Mancava poco che si mettessero a gattonare dalla stanchezza.
Il Mister doveva averli stremati.
«Salve» dissi flebile.
«Oh, che c'hai?» disse Mandzukic.
Non risposi.
Non ne avevo voglia.
«Aoh!»mi richiamò all'attenzione.
Lo guardai in cagnesco.
«È tornata Emma!» biascicai.
Simone passò e sentendo ciò che avevo detto sorrise. E corse al piano di sopra.
«Ah bene, sono felice. Dov'è?» mi chiese ancora Mario.
«In camera sua» risposi.
Continuavo a guardare in un punto fisso davanti a me.
«Clà, tutto okay?» mi chiese Leo battendomi la mano sulla spalla.
Come poteva andare tutto bene?
Quella che dovrebbe essere la mia donna vive sotto il mio stesso tetto ed io non posso correre da lei perché mi odia.
Potrebbe andare peggio?
«No, Leo. Va tutto di merda.
E la cosa peggiore è che tutto questo l'ho creato io con le mie cazzate!» mi alzai dal divano e me ne andai in camera mia.
Mi sedetti sul letto e fissai il disegno che mi regalò.
L'avevo fatto incorniciare sul serio.
Ci tenevo tantissimo.
E sulla scrivania, chiusa in una scatola, c'era la collana che le avevo regalato.
Avevo conservato ogni cosa.
Perché la nostra storia non sarebbe mai finita così.
Qualche lacrima minacciò di scendere sul mio viso.
Non avevo mai pianto per una donna in vita mia.
Emma ha risvegliato la mia parte sensibile.
Mi aveva stravolto in meglio, ed io non potevo perderla così.
Dovevo lottare.
E soprattutto vincere, perché per lei ne vale la pena!

Io per te combatterei 8.000 guerre!❤ //Claudio MarchisioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora