cinque

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Camminò per le strade fredde e buie di New York, mentre cercò di seguire il passo veloce del moro davanti a lui, che praticamente stava correndo per arrivare a destinazione. Tu vieni a casa con me. Il modo in cui lo disse, fece sentire una piccola sensazione nascosta tra i vasi sanguigni del suo cuore, una di quelle calde e accoglienti. Nessuno per strada lo aveva mai difeso come aveva fatto lui, tanto meno invitato nelle loro case.

Strinse la calda coperta sotto il braccio, mentre con l'altro teneva il gatto, anche lui confuso da tutta questa fretta. Un brivido si fece strada lungo la sua schiena, e sussultò leggermente.

Accellerò il passo, fino ad arrivare di fianco al moro, che aveva lo sguardo fisso in avanti. Lo stette a fissare per qualche secondo, osservando il modo in cui la sua mascella era contratta, gli occhi freddi e determinati, i capelli che ondeggiavano ad ogni passo. Era semplicemente perfetto in ogni cosa, e Federico provò a trovargli un difetto, ma invano, non ne trovò nessuno. Quel ragazzo era la perfetta incarnazione del solito angelo travestito da diavolo, se non l'inverso (questo Federico non lo sapeva ancora).

"Come ti chiami?" domandò tranquillamente, con tono impaurito e basso. Il moro non si voltò quando diede la sua risposta.

"Non importa ora," rispose secco, non dando altre informazioni su di lui.

"Ma io voglio sapere il tuo nome," ribattè, accellerando leggermente il passo. All'improvviso, il suo braccio venne afferrato da una mano fredda, e in pochi secondi era dietro a un muretto, la schiena schiacciata contro un petto duro.
"Non fiatare," disse in un sussurro il ragazzo, tenendo una mano stretta sulla sua bocca. Federico era impaurito, terrorizzato addirittura. Il modo in cui era stato afferrato, le unghie non molto lunghe del moro che gli penetravano leggermente le guance rosee e gonfie. Tutto gli faceva paura; anche non sapere per quale motivo si erano rannicchiati per terra quando sentirono delle risate lontane pochi metri da loro. Entrambi i loro corpi erano oscurati dall'ombra, e nessuno li avrebbe mai notati tra tutta quell'oscurità.

"Qualcuno ha visto Benjamin? Non risponde al cellulare," disse una di quelle voci. Federico restò immobile, ricordando perfettamente quella voce rauca. Era colui che possedeva il viso scavato, l'enorme tatuaggio di una rosa spinata sul collo. Era colui che lo aveva sbattuto al muro e spaventato. Ma la cosa che confuso il biondo era una; chi era Benjamin?

"Neanche io l'ho visto," rispose un'altra voce non familiare.

"Sarà probabilmente a parlare con la sua sorellina morta," rise la voce familiare. Federico sentì il respiro scontrarsi contro il suo collo, la stretta attorno alla sua vita si fece più stretta. Ora, Federico era ancora più confuso dal comportamento del ragazzo dietro di lui.

Quando le voci erano abbastanza lontane, il moro lo lasciò andare, e Federico credeva di essere finalmente libero, ma subito sentì la sua schiena sbattere, questa volta contro il muro. Quando il viso del ragazzo fu invaso dalla luce del lampione a pochi metri di distanza, il biondo si accorse che i suoi occhi erano lucidi e una guancia era rigata da una lacrima. "Ora mi segui e non dirai nulla, ti è chiaro?" chiese freneticamente.

Federico annuì velocemente, per paura che gli avrebbe fatto del male, e il ragazzo riprese a camminare, questa volta ancora più veloce di prima. Il biondo prese in braccio Fiocco e la coperta e seguì il moro.

Girarono in una piccola stradina, leggermente buia, qualche lampione che si accendeva e si spegneva, rendendo il tutto un po' più inquietante.

"Questa è casa mia," borbottò il ragazzo, tirando fuori dalla sua tasca una piccola chiave, inserendola e girando la maniglia della porta, aprendola.

Federico entró, e camminò lentamente. Non aveva mai vissuto in una grande casa, dato che aveva vissuto in una non molto grande, e con gli occhi ispezionò le varie stanze da cui passavano. Non appena entravi, un largo salotto si presentava davanti a te, con un piccolo caminetto all'angolo. Un divano ormai disfatto si trovava in centro alla stanza, una televisione davanti ad esso era leggermente storta. Davanti al divano si trovava un piccolo tavolino in legno massiccio, due birre aperte e non finite sopra di esso. Un piccolo corridoio univa il salotto alle altre stanze; una cucina, una camera da letto e un bagno.

La cucina forse era la camera più grande, leggermente più estesa del salotto, ma non aveva tanto di speciale in essa. Un tavolo era al centro della stanza, con quattro sedie a ogni lato. Una scatola della pizza era aperta sulla tavola e dentro c'erano ancora due fette. Il ragazzo, nel frattempo, si era avvicinato al più grande frigorifero che aveva mai visto, apparte quelli nelle vetrine dei negozi, e tirò fuori una bottiglia di birra e una lasagna, probabilmente del giorno prima. "So che hai fame, probabilmente vivere in strada non è facile, quindi tieni questa lasagna. Spero possa essere di tuo gradimento, ma ora non ho altro di meglio. Io sono di là a guardare la televisione se hai bisogno, tu intanto puoi farti un giro qui attorno per vedere la casa."

Il ragazzo, senza dire altro, si allontanò e fece quello che aveva appena detto. Federico era senza parole; gli stava offrendo un posto dove dormire questo sconosciuto? Non avendo altra scelta, prese il piatto con il cibo e lo lasciò riscaldare un paio di minuti. Nel mentre, avrebbe visitato la casa.

Si diresse verso la camera da letto e, dato che il moro non aveva detto nulla su di essa, entró. Un letto singolo era nell'angolo sinistro della stanza, le coperte era in fondo. Si vedeva che egli non aveva mai fatto il letto, era effettivamente disfatto da diversi giorni. Dei poster erano attaccati alle mura grigie; poster ovviamente di cantanti rock, come i Rolling Stones, i Green Day, e anche Queen e Beatles. Federico avrebbe voluto sentire quei cantanti, ma non ne aveva mai avuta l'opportunità data la sua condizione.

Una foto in particolare lo attirò, e si avvicinò al comodino di fianco al letto. Si sedette su quest'ultimo, e fu sorpreso da quanto le coperte erano morbidi sotto la sua pelle. Passò una mano sul cuscino, e un odore naturale si infilò tra le sue narici; era un buon odore, e Federico pensò che era l'odore del ragazzo che in quel momento era steso nel divano, bevendo una birra.

Afferrò la cornice e ci passò l'indice sopra, pulendo leggermente la polvere che era al di sopra di essa. La fotografia ritraeva un ragazzo, che Federico riconobbe come il proprietario della casa, e una ragazza, leggermente più piccola di lui. Entrambi si tenevano per mano, e avevano un sorriso timido sui loro visi. La ragazza aveva gli stessi occhi di lui, e per qualche secondo pensò che era la sua ragazza, ma subito i suoi dubbi vennero chiariti.

"Quella nella foto è mia sorella. È morta quando io avevo quindici anni. Le ultime parole che mi aveva detto furono:"Mi hai deluso, Benjamin." Non riuscivo a perdonarmi per come la avevo trattata, per come avevo trattato la mia famiglia," disse, e si sedette di fianco al biondo.

"Ti chiami Benjamin?" chiese, anche se per il novantanove per cento sapeva la risposta. Il ragazzo annuì, e Federico gli sorrise tristemente, posando di nuovo la foto sul comodino.

"Mi dispiace per tua sorella. Anche io ho perso qualcuno; ho perso mia madre, e per mio padre è stata l'occasione perfetta per lasciarci da soli, e quando anche lei se ne era andata, io ero da solo. Completamente, da solo," affermò, svelando anche lui un po' del suo pessimo passato.

"Mi dispiace," disse Benjamin.

In quel momento Federico fu sorpreso dallo sguardo del moro; intenso, con la luce della luna che rifletteva il blu elettrico delle sue pupille. Si guardarono per qualche secondo, come per studiare uno i tratti dell'altro.

"Grazie per avermi accolto," disse Federico, interrompendo il silenzio.

"Volevo fare qualcosa di buono nella mia vita," rispose lui.

Ci fu ancora un attimo di silenzio, e poi il biondo aggiunse, "Penso che tua sorella sarebbe fiera di te in questo momento."

I due sentirono una connessione fra di loro, anche se si conoscevano da poche ore, se non minuti. L'unica cosa che interruppe i loro sguardi era il din del microonde, dicendo loro che le lasagne erano pronte.

forbidden soulmates; fenji AU [with doubleemme]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora