Capitolo 5- Not a real date.

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Era già lunedì, e quel pomeriggio sarei dovuta uscire con Michael.
Calum e Luke non avevano chiesto altri dettagli sul misterioso ammiratore dell'armadietto, e per questo non avrei dovuto dare loro altre spiegazioni.

Quella mattina, a scuola, mi era presa un'ansia inimmaginabile, a causa del mio incontro con Michael, e avevo rimesso più volte durante l'arco della mattinata.

Iniziai a sentirmi meglio solo durante il pranzo, in mensa, ma poi l'ansia attanagliò lo stomaco nuovamente, e non riuscii a trattenere i conati.

Durante la settimana, mentre ci incrociavamo nei corridoi, non ci guardavamo nemmeno, cercando di evitare sospetti.
Nella scuola tutti parlavano, e non ci avrebbero messo molto a trarre conclusioni sbagliate.

Io e Michael non ci eravamo sentiti, a parte i messaggi riguardanti l'appuntamento di quel pomeriggio.

Quando arrivai al parco appena fuori città, dove avevamo programmato di incontrarci per non essere visti da nessuno, l'ansia iniziò a farsi sentire sempre di più, ed io cercavo di trattenere i conati di vomito.

"Ciao, scusami se sono in ritar- stai bene?"

Iniziai a respirare a fatica, e mi appoggiai ad una panchina, alla ricerca di sostegno.
Guardai il cielo per qualche secondo, prima di chiudere gli occhi ed inspirare a fondo.

"Ho portato una bustina di ansiolitico, se ti serve. Di solito lo uso per me, ma..."

Mi sedetti sulla panchina, non avendo forza per parlare.

Michael mi porse la bustina, ed io la portai alla bocca, ingerendone il contenuto velocemente.

Mi si sedette accanto, guardandosi le scarpe.

"Anche io mi sento così, quando devo incontrare qualcuno. Ho avuto il mio attacco a casa, ma ho portato la bustina comunque. Tu non ne porti qualcuna con te?"

"Le ho dimenticate. Di solito prendo le pasticche, ma grazie."

"Prego."

Restammo in silenzio, poi Michael si alzò in piedi di scatto, porgendomi la mano.

"Ce la fai a camminare?"

"Credo di sì." Gli presi riluttante la mano, alzandomi.

"Di solito non ho attacchi davanti le persone. E se li ho cerco di nasconderli, o magari di andare via dal posto."

"Pensavo di essere l'unico a farlo. A quanto pare non sono solo."

Annuii, camminando per il vialetto inondato da fiori.

"Perché mi odi così tanto?"

Morsi il labbro, cercando una risposta non troppo cattiva.

"Voglio la verità."

"Mi stai mettendo sotto pressione."

"Lauren."

"Non ti sopporto. Hai sempre guardato mentre io soffrivo in silenzio e tu facevi la bella vita da popolare, e non credo di poterti mai perdonare questo."

"Ho sbagliato, e ne sono consapevole. Questo però cambia tutto."

"Se abbiamo gli stessi sintomi, non vuol dire che dobbiamo essere amici. Dovrò sopportarti per le sedute, ma non ho la minima intenzione di parlarti al di fuori di questi appuntamenti." Virgolettai l'ultima parola, sistemando la coda di cavallo.

"Capisco che i nostri trascorsi non siano piacevoli, ma potremo provare ad andare d'accordo. Almeno davanti ad Ashton."

Annuii distrattamente, poi gli posi una domanda.
"Da quanto sei in cura da Irwin?"

"Quattro mesi. Prima ho tenuto la cosa per me, ma mia madre mi ha scoperto, un giorno, mentre avevo un attacco di panico. Ed eccomi qui."

"Capisco."

Restai in silenzio, guardandomi attorno.

"Perché hai questi attacchi?"

"Non credo ti debba interessare."

"Beh, prima o poi lo scoprirò, inutile fare il prezioso."

"Allora inizia a cercare, magari trovi qualcosa."
Ridacchiò leggermente, sfiorandomi il braccio, e mille brividi pervasero il mio corpo.

"Non trovi che ci sia freddo?"

"No, anzi, c'è piuttosto caldo."

"Fa lo stesso."

Rimanemmo in silenzio per il resto del tempo, evitando domande scomode, e girammo tutto il parco in tranquillità, nella nostra piccola bolla di serenità.

How To Be(come) A Happy Person: Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora