Catherine si sentiva in una bolla di pura felicità. I colori le sembravano più luminosi, le persone più gentili, il cibo più buono. Non faceva altro che pensare a William, alle sue labbra sulle sue, alla sua voce, al suo profumo.Canticchiò mentre si spazzolava i capelli di fronte alla specchiera.
La giornata era passata con una lentezza insopportabile, ma finalmente era quasi giunta l'ora dell'appuntamento. Per tutto il giorno, lei e William si erano scambiati sguardi mentre nessuno prestava attenzione ed entrambi avevano dovuto usare tutta la loro forza di volontà per non sfiorarsi. Il ragazzo, ormai, le era diventato indispensabile e la cosa non la turbava affatto, perché sapeva di essere ricambiata.Sentì bussare alla porta della sua stanza: un tocco e poi due più veloci.
"Avanti", rispose Catherine sorridendo a quel rumore.
Erano anni che non udiva quel suono.Juliet fece capolino dalla porta, il vestito color avorio che ondeggiava insieme ai suoi capelli:
"Te lo ricordavi ancora? Il nostro segnale intendo", le chiese la gemella riferendosi al suo bussare di pochi istanti prima.
"Ma certo", le rispose la giovane, "come potrei dimenticarlo?"
Juliet accennò un lieve sorriso.
"Che facevi?", le chiese, sedendosi sul morbido letto con le gambe a penzoloni."Oh", iniziò Catherine, presa alla sprovvista, "sto per farmi un bel bagno caldo", mentì.
Si sentì meschina a farlo, ma sapeva di proteggerla tenendole nascosta la sua relazione con William.
"Capisco", le rispose Juliet.
Catherine la osservò dal riflesso dello specchio: teneva lo sguardo fisso sui suoi piedi, la bocca tesa in una linea orizzontale.
"Juliet, che ti succede?", le chiese.La ragazza sollevò lo sguardo verso la specchiera e incrociò i suoi occhi.
"Cat, tu ti fidi di me?", le domandò a bruciapelo.
"Certamente", le rispose automaticamente la giovane.
"Allora...", continuò Juliet, la voce leggermente incrinata, "Allora perché mi nascondi le cose?"Catherine sentì il sangue raggelarsi nelle vene a quella domanda. Fingendo una tranquillità che non aveva, ripose con calma la spazzola nel cassetto.
"Perché dici questo?", le chiese, ignorando il tremore alle mani."Ieri sera sono passata in biblioteca perché non eri ancora tornata e iniziavo a preoccuparmi, ma tu non c'eri. Dove eri?", le rispose Juliet con una nota aspra nella voce.
Il cuore di Catherine prese a battere all'impazzata. Cosa doveva fare? Continuare a mentire? No, non poteva. Non a Juliet. Ma non poteva nemmeno dirle la verità.
Si alzò e la raggiunse, inginocchiandosi di fronte a lei. Le prese le mani e la guardò negli occhi:
"Juliet, tu invece ti fidi di me?", le chiese. Una lacrima solitaria rigò la guancia della sorella mentre annuiva.
"Allora ti prego di credermi se ti dico che è meglio che tu non sappia dove sia stata. Lo faccio per proteggerti".
Juliet socchiuse la bocca, il labbro inferiore che tremava leggermente. Non emise alcun suono, ma la sua espressione parlò per lei.
"Perdonami", gemette Catherine, nascondendo il viso tra le mani e poggiandolo sulle sue ginocchia. Iniziò a piangere sommessamente.Dopo alcuni istanti che sembrarono interminabili, la giovane sentì la sorella accarezzarle lievemente i capelli.
"Va bene Cat", la udì mormorare, "ti perdono".-----
William strinse il nodo al cravattino. Non vedeva l'ora di andare nella radura, dove era sicuro che Catherine lo stesse già aspettando in quanto, al fine di evitare di essere visti insieme, avevano deciso di andarvi separati con un distacco di venti minuti l'uno dall'altra.
Sorrise al suo riflesso allo specchio: non era mai stato così felice in vita sua.Si voltò per raggiungere la porta della stanza, ma quando la sua mano si strinse sulla maniglia, si bloccò. Un forte odore di sangue gli arrivò alle narici e il lupo si agitò dentro di lui.
Fu come se centinaia di spilli avessero iniziato a pungolargli ogni centimetro di pelle e l'aria si fosse gelata, ghiacciandogli i polmoni mentre la respirava. Le sue gambe scattarono nello stesso istante in cui un pensiero si formulò nella sua mente:
"Catherine è in pericolo".Nonostante si stesse muovendo a una velocità sovrumana, fu come se tutto procedesse al rallentatore. Seguendo l'odore, uscì dalla villa, quasi travolgendo una cameriera. Le nuvole nel cielo riflettevano le luci del sole morente, tinteggiando ogni cosa di una cupa luce rossastra.
Correndo, la prima cosa che vide fu una figura nera che si stagliava sullo sfondo cremisi. Era sfocata, ma man mano che William procedeva divenne più facile distinguerla.Era Joseph, il sangue che gli imbrattava i vestiti stracciati.
"Che sia ferito?", si domandò William, preoccupato.
Quel pensiero lo accompagnò finché non vide un'espressione di puro orrore dipinta sul volto del fratello, la bocca grondante di sangue, gli occhi sbarrati fissi in un punto ben preciso.Quando lo raggiunse, il giovane si fermò e seguì il suo sguardo.
Quello che vide, la sua mente lo registrò a scatti:
Sangue sull'erba.
Una mezzaluna rossa.
Capelli rossi.
Pelle bianca.
"Catherine".Non reagì.
Rimase immobile, come se ogni singolo muscolo pesasse quintali. Era la realtà? Era davvero lei, quella figura a terra? Era davvero lui a vederla? Non poteva essere vero. Non doveva essere vero. Non a lei. A tutti, ma non a lei."Non... Non volevo farlo. Ti giuro, non volevo!", gli disse Joseph, la voce tremante.
William sollevò lo sguardo dall'incubo e osservò la fonte di quel suono: suo fratello. Suo fratello era macchiato di sangue.
E il sangue non era il suo.Gli fu addosso in un attimo, buttandolo a terra. Sentì il respiro del ragazzo mozzarsi per l'urto e ne approfittò per immobilizzarlo con il suo peso. Joseph tentò di divincolarsi, inutilmente.
"L'hai uccisa!", gli urlò in faccia con una voce che non riconobbe come sua e la vista offuscata dalle lacrime.
"TU L'HAI UCCISA!", ripeté, più forte.
Joseph gli rispose qualcosa, il volto distorto da un'espressione di puro terrore, ma William non lo udì. Tutto ciò che sentiva era una rabbia selvaggia e irrazionale che gli faceva solamente desiderare di versare il suo sangue.Le sue mani trovarono la gola del fratello e iniziarono a stringerla, senza mollare la presa nonostante i tentativi, sempre più deboli, della vittima.
Poi, udì un urlo.
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Il segreto dei McClarke
LobisomemInghilterra, fine 1800. La famiglia Whisper, caduta in rovina, non avrebbe mai pensato di risollevarsi dalla perdita del sostegno economico del loro capofamiglia, finché la severa madre non annuncia il fidanzamento con il vedovo Henry McClarke. La d...