Hello from the other side

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L'interno dell'ospedale è sempre freddo e oscuro. Sarebbe stato impossibile un cambiamento in poco meno di ventiquattro ore.

Dopo aver riattaccato, ho chiesto bruscamente a Michael di accompagnarmi velocemente all'ospedale. Mi ha domandato molte volte, durante il tragitto, cosa mi avesse detto mio padre al telefono ed io per sviare il discorso gli ho detto che glielo avrei riferito dopo aver visto le condizioni di mia madre. Così, dopo essere arrivati al Suburban Hospital sono corsa subito al reparto che mio padre mi aveva indicato e ho chiesto di mia madre.

"Tentato aborto spontaneo che, fortunatamente, simo riusciti ad evitare, grazie al cielo"- aveva detto il dottor Briggs a Bob proprio nel momento in cui sono arrivata. Michael mi ha abbracciata dopo avermi vista impallidire di colpo. Anche se non lo volevo non sarei stata pronta a lasciare andare il piccolo fagiolino che cresce dentro la mamma. E Bob mi ha abbracciata, mi ha stretto a se per confortarmi almeno un poco, si è comportato da vero padre, anche dopo le offese che gli ho lanciato contro, è riuscito a perdonarmi grazie alla sua maturità. La maturità che io non ho. Anche se mi ritengo un persona adulta mentre invece non faccio altro che piangere dopo aver assistito alla prima difficoltà. Sono una bambina intrappolata nel corpo di una quasi-donna.

<<Elize, piccola, stai bene?>>. Michael mi risveglia dai miei pensieri con una leggera scossa. I suoi occhi verdi sono contornati da spesse occhiaie di una sfumatura particolare di viola soprattutto sulla parte più vicina al naso. Come biasimarlo: è quasi l'una del mattino e lui continua ad essere al mio fianco per cercare di farmi stare bene, per cercare di intrattenermi. 

<<Sto bene, tranquillo>>. Un sorriso poco incoraggiante spunta sulle mie labbra e Michael posiziona un braccio intorno alle mie spalle per poi stringermi forte contro il suo petto tonico. Prima di uscire da casa sua si è messo un berretto di lana in testa per poi passarmelo dopo essere arrivati al Suburban perché pensava potessi avere freddo. Le dita della sua mano destra, appoggiata alla mia spalla, si incrociano con le mie creando così un legame tra i nostri corpi. Di conseguenza, i nostri occhi si scontrano e poi successivamente le nostre labbra, anche se questo non è il luogo più appropriato per scambiarsi forme, così esplicite di affetto. Bob, che è di fronte a noi, fa uscire dalla sua bocca una tosse forzata per interrompere le nostre effusioni. <<Tua madre vuole vederti - dice con voce assonnata il marito di  mia madre- senza Michael, se è possibile...>>. E allora Michael toglie il braccio dalle mie spalle e mi invita ad andare da mia madre con occhi stanchi, ma ugualmente brillanti. 

La camera nella quale è ricoverata mia madre è il doppio di quella nella quale ero io fino a questa mattina. La stanza è divisa in due perché ospita due pazienti, entrambe donne, entrambe incinte anche se una delle due ha già il ventre gonfio mentre l'altra, mia madre, ha appena rischiato un aborto a causa mia. 

La mamma ha il viso più pallido del solito ed è attaccata, tramite un ago, ad una flebo. Il suo busto è rialzato grazie al letto sul quale è coricata, i suoi occhi sono vispi, nonostante tutto; mi chiedo cos'ha provato quando è svenuta e poi si è ritrovata al pronto soccorso. Dolore? Paura? Confusione?

<<Stai bene tesoro? E' tutto ok? Dove sei stata?>>.  La raffica di domande di mia madre mi travolge ed io intanto inciampo in un filo appartenente ad una macchina. 

<<Ero da Michael mamma, sto bene. E voi, come state?>>. 

<<Stiamo abbastanza bene ma il piccolino qui ha fatto un po' di capricci quando sei uscita di casa. E' un piccolo monello>>. Si accarezza la pancia mentre mi parla ed io non riesco a evitare di guardarla; sembra una ragazzina alla sua prima gravidanza, infatti, a trentasei anni solitamente una donna è nel periodo perfetto per avere figli, però mia madre è una delle eccezioni alla regola, lei è una ragazza madre che si è impegnata a crescere sua figlia che oraa è adolescente. 

<<Perché sei andata da Michael? Perché non da Jessica o da Leighton ?>>.

<<Michael mi fa sentire al sicuro, mi fa sentire protetta, emana dolcezza e gentilezza da ogni parte del corpo>>. 

<<E qui, vero?>>. 

<<Si, sono stata con lui fino a quando Robert non mi ha chiamata per avvertirmi di cos ti era successo>>. 

<<State insieme ora?>>.

<<Si, anche dopo quello che mi ha fatto un paio di settimane fa. Lui è stato con me anche quando sono stata quasi investita, me lo hai detto tu che è stato lui a chiamare il 911 e mi è stato accanto quando sono stata ricoverata qui ieri notte. Si merita una possibilità>>. 

<<Sono felice che tu abbia trovato la persona giusta, tesoro. Non credo che avrei sopportato di vederti triste ancora. Voglio parlare con lui. Posso?>>. 

<<Certo, lo chiamo subito>>.

Esco cautamente e silenziosamente dalla camera, facendo attenzione a non inciampare nuovamente nel filo che percorre l'intera camera. Chiudo la porta alle mie spalle per recarmi subito dopo da Michael che si è appisolato sulla sedia, dove l'ho lasciato pochi minuti fa'. Mi appoggio alla sedia vuota che ha di fianco e gli scuoto dolcemente il braccio sinistro. Inspira profondamente e rumorosamente per poi aprire gli occhi e proferire un "hey" appena udibile al mio orecchio, un sorrisetto appare sulle sue labbra e si avvicina un po' a me per ricamarmi un bacio sulla bocca. <<Mia madre vuole parlare con te Mike>>. I suoi occhi si allargano e, per un momento, sembrano uscirgli fuori dalle orbite; il sorriso che possedeva pochi secondi fa si è volatilizzato ed al suo posto è apparsa un'espressione molto poco precisa. 

<<Sul serio?>>. 

Annuisco con la testa e incrocio le dita della mia mano destra con le sue per poi condurlo alla porta della camera di mia madre, spalanco la porta e attraversiamo la stanza mano nella mano passando accanto al letto della donna dal ventre gonfio. <<Devo uscire ?>>. Domando a mia madre con un voce poco convinta e lei annuisce lentamente mentre Michael, per un attimo, stringe la mia mano e poi la rilascia posando i suoi occhi sui miei e lasciandomi andare verso la porta e, dopo averla chiusa, il mio cellulare squilla improvvisamente. Mi è stato inviato un messaggio. 

- Hey Elize. E' da tre giorni che non ti vedo e non ti sento. Tutto bene? Mia madre mi ha detto cosa è successo ieri sera alla tua. Mi dispiace. Se avrai voglia di parlarne con qualcuno, io ci sono. Leighton ti manda un bacio. Ti voglio bene-

Il mittente è Jessica, dovrei parlarle un po' di tutto quello che è successo. Si è persa tutto quello che è capitato in questi giorni, si è persa il mio ricovero in ospedale e a maggior parte delle cose che hanno preceduto la rottura del mio rapporto con Michael.

Robert mi si avvicina con passo incerto e un'espressione vacua sul viso assonnato, i suoi occhi marroni sono spenti e le sue braccia sono tenute molli lungo i fianchi. Il suo pullover color cachi è stropicciato e smorto come anche i suoi blue jeans. Si siede accanto a me e mi stringe a se come aveva fatto Michael precedentemente. 

<<Eri a casa di Michael allora. Tuo fratello lo sapeva, se lo sentiva...>> . Non capisco il significato di questa sua affermazione, probabilmente voleva solamente esprimere il suo pensiero. <<Dovresti chiamare il tuo ragazzo, dovreste, entrambi, andare a dormire. Quella di domani sarà una giornata impegnativa per tutta la famiglia e Michael e Madison sono compresi>>. 

Un lieve sorriso spunta sul mio viso e intanto Michael è uscito dalla camera di mia madre con un'espressione strana, forse un po' preoccupata e confusa. 

<<Dobbiamo andare a casa tesoro, sei molto stanco Michael>>. Il suo sguardo si posa sui miei occhi e afferra molto lentamente la mia piccola mano per poi salutare Bob e avviarsi insieme a me dal Suburban Hospital. 

Il cielo è stellato e sgombro. Nessuna nuvola è presente nella volta stellata adornata da fari splendenti mescolati al blu della notte serena.   

      

All this time ||H.S||Where stories live. Discover now