Cap. 12

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Elena's pov
È un mese che Maddalena non mi parla ed ogni giorno diventa sempre più difficile da sopportare senza di lei.

Nemmeno con il riccio parlo più, cerco in ogni modo possibile ed immaginabile di saltare le cene organizzate da Paola.

-questa sera ti porto a casa di Giulio, rimani con lui mentre io e Paola andiamo a cena- dice mio padre risvegliandomi dai miei pensieri.
-uff, devo proprio?-
-sì, non puoi rimanere sempre qui da sola-
-che palle- borbotto a voce pianissima.
-ti ho sentita, vatti a cambiare: così non ti porto- mi ordina.
-bhe allora non mi cambio-
-fila di sopra- mi guarda torvo.

Mi alzo dal divano diretta al mio armadio.
Ho una voglia pari a zero di levarmi di dosso il pigiama.
Con l'umore sotto ai piedi indosso un paio di jeans blu scuro e una felpa con il logo di squadra di rugby che probabilmente ho rubato ad Alessandro qualche mese fa.
Indosso un paio di Adidas vecchissime.

Mi trucco appena con un po' matita e mascara, pettino i miei lunghi capelli biondi e sono pronta.

-bhe non sei migliorata tantissimo- ridacchia mio padre.
-già è tanto che io abbia accettato-  lo guardo male.

Saliamo in auto e ci dirigiamo a casa di Paola.

Sulla soglia troviamo già la donna, vestita con un tubino verde scuro, un paio di tacchi alti neri e i capelli legati in una coda.
Ci scambiamo due baci sulle guance.
-tesoro entra, Giulio ti aspetta dentro-

Faccio come mi dice ed entro nella casa avvolta da silenzio più assoluto.
Dall'ingresso vedo la nuca del riccio, seduto sul divano.
-siamo diventate timide?- mi domanda annoiato ancora girato verso la tv.

Arrossisco.
Mi dirigo sul divano e mi siedo con lui sul divano, a distanza di sicurezza.

Sta guardando un programma demente alla televisione, mi annoio quindi apro instagram e scorro la home.
-il gatto ti ha tagliato la lingua?-
-si può sapere perché ora sei così cattivo con me?- domando.
-sono sempre stato così, alla principessa non va bene?- dice annoiato.
No, ha ricominciato davvero con quel fottuttissimo ed odiosissimo soprannome.
Siamo tornati due estranei, benché due estranei non facciano quel genere di cose.
-ho capito...- faccio per dire.
-non hai capito un cazzo, però sono curioso di sapere cosa pensi con quella tua testolina! - dice con cattiveria.
-tu sei incazzato con me perché non te la do più, ecco perché ti sei scopato quella dei massaggi ed ecco perché mi hai fatto quella scenata di gelosia il mese scorso, chissà cosa hai fatto a Martina: lei te la darebbe in uno schiocco di dita!- gli punto il dito contro.

Se ne sta in silenzio per qualche minuto.
-non parli più?- domando ironica.
-sta zitta. Tu non sai un cazzo: non è che tu stai al centro di tutto; se mi sono fatto quella tipa è perché c'avevo voglia e sinceramente non sono tenuto a dirti cos'è successo con Martina!- mi urla contro.

Forse ha ragione, non devo pensare di essere sempre al centro del mondo, fin da piccola hanno sempre detto quanto io avessi manie di egocentrismo ma sentirselo urlare contro da qualcuno fa davvero male.

-non ribatti più?- mi chiede sarcastico.
-vaffanculo Sabatello- gli dico e mi alzo diretta al bagno al piano di sopra.

Entro nel bagno e mi chiudo rumorosamente la porta alle spalle.

Dio quanto lo odio, è solo un coglione.
Come diamine ho potute pensare anche lontanamente che fosse una persona simpatica, benché meno dolce.
Idiota è ed idiota rimane, punto e basta.

Apro la finestra, appoggio i gomiti al telaio di quest'ultima e mi accendo una sigaretta.

Quando mi sono calmata decido di tornare in salotto.
C'è Sabatello seduto sul divano, si sta rollando una canna.

-dove sei stata?- mi domanda appena gli passo davanti.
-cazzo ma quanto hai fumato?- arriccio il naso quando sento quella fortissima puzza di erba.
-non sono affari tuoi- dice tra i denti.
Noto, dispersi per tutto il tappeto vari mozziconi di sigarette e canne.
Santo cielo sono stata in bagno mezz'ora non può aver fumato così tanto.

Faccio girare lo sguardo per la stanza pur di non incontrare gli occhi del riccio che sono sicuramente puntati su di me.
Scorgo in un angolo della stanza una porta che non avevo visto.
Come se fossi a casa mia la apro e mi ritrovo immersa in una specie di studio con un pianoforte a coda nero e librerie fino al soffitto.

Ricordo quando anche io avevo un piano a casa e mia madre mi aveva insegnato a suonare qualcosa; poi i miei hanno divorziato e quel pianoforte non l'ho più rivisto.

Faccio passare le dita sui tasti bianchi e neri, è come se fossi stata capatultata indietro nel tempo, quando avevo quattro anni e ascoltavo mia madre mentre suonava delle melodie a me sconosciute.
Ne ricordo una in particolare, infatti la suono.

-basta!- sento urlare il riccio, che probabilmente mi ha seguito, prima di bloccarmi i polsi tra le sue mani.

Riesco comunque ad alzarmi, anche se lui continua a stringermi i polsi.

Inizia a farmi male e molta paura: è fatto e so che non risponde delle sue azioni.
-mollami, ti prego- balbetto.

Indietreggio fino a sbattere la schiena contro alla libreria, facendo cadere qualche libro.

Nelle sue pupille dilatate vedo solo rabbia.

-prima entri nello studio di mio padre, poi suoni il suo piano e per giunta la sua canzone preferita!- mi urla contro mentre stringe la presa sui miei polsi.
-sei una persona orribile, tua madre ha fatto bene ad andarsene e lasciarti sola con quel povero uomo di tuo padre-

Sento gli occhi inumidirsi di lacrime.
Lui sa che quello è un tasto delicato per me, mi sono aperta con lui, gli ho raccontato tutti i miei punti deboli e lui ora mi sta urlando tutte quelle cose contro.

-non devi avere paura di me, principessina, non ho intenzione di farti nulla, per ora- dice macabro.
Mi libera i polsi, passa il dorso della mano sulla mia guancia, asciugando una lacrima e poi un'altra.
Sto piangendo a dirotto.

Stiamo in silenzio per un tempo indeterminato, io a piangere e lui a fissarmi.
Ad un certo punto avvolge le braccia attorno al mio corpo tremolante.
-no! Sta' lontano da me!- gli urlo contro.
Cerca di dire qualcosa ma lo blocco.
-parli di me, sono una persona orribile ma tu lo sei mille volte di più, cazzo!- continuo ad urlargli.
Lui sta in silenzio a sorbirsi tutte le mie urla.

Esco dallo studio, prendo il mio giubbotto e mi dirigo all'ingresso.

Appena esco vengo invasa da una folata d'aria.
Non mi interessa quanto sia lontana casa mia, ho bisogno di correre per sfogarmi.

Improvvisamente mi sento bloccare per il polso.
Mi volto e vedo un Sabatello sudatissimo, con il fiatone che mi fissa.

Passa il dorso della mano sulla mia guancia asciugando delle lacrime che non mi ero accorta di aver versato.

Se non fossi incazzata a morte con lui, troverei perfino carino quello che sta facendo.
-ti prego, perdonami. Ero fatto e mi sono arrabbiato per una stupidaggine- mi abbraccia fortissimo.

Per quanto mi sia impossibile, devo resistergli: deve capire che ha sbagliato.

-no Giulio, non posso- mi allontano da lui e corro lontano da lui, con le lacrime agli occhi.

Certe sensazione trapassano il cuore. -LowLowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora