Afraid (Cap. 18)

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Il mio sguardo curioso squadra per bene ogni singola parte di questo edificio, mentre procedo a passi lenti verso la porta in cui hanno portato Lottie.

Il lungo corridoio è costeggiato da pareti bianche, ed ecco una cosa che non ho mai capito; già è un posto deprimente, aggiungeteci pure del bianco e meglio fate sentire la gente!!

La mia mente vaga per questo posto, e i miei occhi catturano una scena fin troppo familiare, mi fermo a guardarla e i ricordi mi raffiorano un'altra volta.

"Non può essere morta!!" Grida un ragazzo disperato ad un dottore che lo guarda con un'espressione dispiaciuta.

Il pavimento sotto i miei piedi è sparito, sono cascato. Un'altra volta. Mi riconosco così tanto in quella figura, riesco a capirlo in ogni modo. Vorrei andare li e dargli una pacca sulla spalla, mentre è seduto su quella sedia accanto alla porta, con i gomiti sulle ginocchia e le mani tra i capelli, e intanto piange disperato.

Faccio un passo per andare ma indietreggio, non devo farlo. So che starò male dopo, nonostante a me non è successo niente.

Scuoto la testa e sotterro ogni minimo pensiero, guardo avanti per evitare di assistere ad un'altra scena del genere. Mi esterno da tutto ció che mi é intorno, rimanendo solo in questa bolla mentre procedo verso la porta di Lottie.

L'infermiera che era con noi nell'ambulanza, richiama la mia attenzione, mettendosi avanti a me.

"É in quella stanza -me la indica- sta facendo una visita!" Dice e sorride dolcemente.

Annuisco e la sorpasso fino a girare davanti a quella porta.

Guardo la sedia accanto a quest'ultima e ingoio ogni singola preoccupazione. Resto fermo a guardare la sedia vuota, mentre nella mia mente appare il momento in cui io, ero seduto lì...

Triste e vuoto, piegato in due dal dolore che era in me, con gli occhi colmi di lacrime e ardenti, la mente consumata da tutto ció che era successo in soli 10 minuti. In 10 fottuti minuti, ho perso la persona più importante della mia vita...

Mi siedo su quella sedia e guardo le mie scarpe, i ricci cadono in giù e con una mano li porto in alto.

La mia mente ritorna allo stesso pensiero precedente, e su questo pavimento in marmo, mi vien mostrata quella scena:

<| Un ragazzo così giovane eppure così triste, acciaccato dai sensi di colpa e dagli insinuanti ricordi di pochi istanti fá, i sbagli commessi fanno a gomitate per venirgli mostrati e quelle 4 parole non fanno altro che entrare nelle sue orecchie anche se nessuno parla.

"Mi dispiace, è deceduta!" 24 lettere, che continuano a colpirgli il cuore già spezzato.
24 lettere che hanno rovinato la vita di questo ragazzo, che non fa altro che sperare di trovarsi in un'incubo.
24 lettere che hanno segnato la fine di tutto, e l'hanno fatto con un pennarello indelebile.

Chiunque passa in nel corridoio, si gira a guardare questo ragazzo riccio ormai ucciso dal dolore.
Ed una di queste persone è una signora che gli si avvicina dolcemente e gli chiede:"Ragazzo, tutto apposto?"
Lui alza la testa e la signora si stupisce nel vedere gli occhi rossi con al disotto di essi le occhiaie segnate dal poco sonno avuto e dalle labbra gonfie, divenute così a causa di tutti i morsi ricevuti per il nervosismo.
"L-lei mi vede?" Chiede con voce spezzata. Lei annuisce e lui si alza. "No... Io sono sopra con lei, abbiamo sempre fatto tutto insieme. Adesso è morta, ed io con lei!" Dice e riinizia a piangere.
La signora sussulta e annuisce, ma non va via e parla nuovamente:"Come ti chiami?"
"Harry.." Risponde lui subito.
Quest'ultima sospira e posa la borsetta sulla sedia.

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