Capitolo 12

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Arrivai alla casa diroccata in fondo alla mia via e attesi stando appoggiata al muro.
Sentii il rumore di un ramoscello spezzato e mi misi in ascolto. A un certo punto un uomo sbucò fuori dall'angolo della casa.
Teneva una figura tra le braccia e le stava puntando un coltello alla gola.
Amber.
Mi guardava con gli occhi colmi di lacrime, quasi a volermi chiedere scusa.
"Alla fine è venuta la tua amica" le disse l'uomo.
Mi avvicinai
"Fermati o la ragazza si ritroverà con la gola sgozzata"
Mi fermai, le mani strette a pugno.
"Lasciala andare. Lei non c'entra nulla"
"Elly...chi è? Perché ti minaccia?" Chiese Amber tremante.
Non lo sapevo nemmeno io, ma sicuramente era un demone e non era lì per chiedermi di andare al cinema.
"Stai zitta ragazzina!" L'uomo le puntellò la gola con la lama.
"Io la lascio andare e tu vieni con me"
"No Elly!"
Maledetto demone.
Maledetto messaggio.
Maledetta vita.
"D'accordo"
"Noo Elly! Non lasciarglielo fare!"
Una goccia di sangue le scese lungo il collo bianco.
"La tua amica angelo è più ragionevole di te"
Mi avvicinai ancora e l'uomo mi prese per un gomito mentre con l'altro braccio spintonava Amber, allontanandola. Le diede una botta con l'elsa del coltello sulla nuca e lei svenne cadendo a terra.
Mi puntò il coltello sulla schiena e mi costrinse a camminare davanti a lui.
"Muoviti...ora gira a sinistra"
Feci come aveva detto e ci ritrovammo davanti a una macchina nera con i vetri oscurati.
Mi fece salire al posto del passeggero e poi lui si mise alla guida.
Avevo pensato di scappare mentre saliva in macchina ma aveva la chiusura centralizzata.
Pensai anche di approfittare del momento in cui apriva la portiera e saliva in macchina, ma era stato velocissimo e non avevo avuto nemmeno il tempo di posare la mano sulla maniglia.
Non mi degnò  di uno sguardo per tutta la durata del viaggio quindi io ne approfittai per cercare di memorizzare la strada.
"È inutile che tenti di ricordarti la strada"
...
"E perché?"
"Perché quando saremo arrivati molto probabilmente verrai uccisa"
Che bella prospettiva.
Non avevo nessuna intenzione di farmi uccidere quindi avrebbero dovuto lottare per riuscire a uccidere un angelo arrabbiato.
"Ecco siamo arrivati"
Gettai un'occhiata al paesaggio. Alberi, alberi, alberi e ancora alberi. Eravamo nel bel mezzo di una foresta.
Scese dalla macchina e poi mi aprì la portiera. Sarebbe stato un gesto da vero gentleman se nello istante non mi avesse puntato il coltello nella schiena.
"Cammina"
Mi incamminai seguendo le direzioni che mi dava e arrivammo a una grandissima radura. Alzai lo sguardo e mi ritrovai di fronte a un castello gigantesco, di quelli che vedi solo nei libri delle fiabe.
Attraversammo il lungo ponte che sovrastava uno strapiombo profondissimo e da dove salivano banchi di nebbia fitta.
Quando entrammo sembrava di essere stati catapultati in un'altra epoca. I muri in pietra, le armature lucidate, le spade appese dappertutto e i grandi arazzi completavano la scena.
Mi accorsi all'ultimo momento della figura che si stagliava sullo sfondo poco illuminato dalle torce appese alle pareti.
"Padrone. Ecco la ragazza che mi avevi chiesto"
Disse l'uomo inginocchiandosi davanti al suo "padrone".
"Perfetto. Mettila in cella intanto. Dopo ci occuperemo anche di lei. Ora ho per te un incarico più urgente"
"Sì mio padrone"
Mi afferrò per un gomito e mi trascinò di peso verso una porta che non avevo notato visto che si confondeva con la parete. Scendemmo delle scale umide e ripide, i gradini illuminati da qualche torcia che si trovava lungo il percorso.
Mi lasciò il braccio solo quando aprì la cella. Mi spinse dentro chiudendomi a chiave.
"Buon soggiorno bellezza"
Lo guardai male stringendo i pugni.
Chiusi gli occhi prendendomi la testa fra le mani e ascoltai i suoi ritmici dei suoi passi mentre risaliva le scale. Sussultai quando sbatté la porta.
Mi guardai intorno. La cella era anche grande e addossato a una parete c'era un sudicio letto costituito da un materasso che doveva risalire all'ottocento e una cosa informe che teoricamente era un cuscino. Mi avvicinai alla piccola finestra con le inferriate. Mi aggrappai alle sbarre nel tentativo di vedere cosa c'era fuori ma non vedevo nulla. Cioè sembrava tutto immerso in quella fitta nebbia che risaliva dallo strapiombo che avevamo attraversato poco prima.
Mi sedetti sul letto cercando di reprimere il disgusto e stringendo le ginocchia al petto mi addormentai.

Mi svegliai e aprii piano gli occhi. Sussultai quando riconobbi il viso del...padrone.
"Ben svegliata Ellen"
Mi alzai mettendomi a sedere e sentii qualcosa di...diverso.
Guardai in basso e mi accorsi che non indossavo più i miei vestiti, ma una specie di tuta da combattimento. Pantaloni attilati neri, maglia a collo alto nera e stivali alti fin sotto il ginocchio neri.
Mi toccai la testa e mi accorsi che avevo i capelli che profumavano di shampoo.
"Ma che...?"
"Le mie ragazze ti hanno dato una ripulita. Thom avrebbe dovuto trattarti meglio..."
"Thom?"
"L'uomo che ti ha portato qui. Tranquilla ora sei al sicuro"
Lo osservai sorridere. Un sorriso che poteva essere quello di uno zio simpatico e amorevole, ma scacciai quell'idea dalla testa. Quell'uomo non era sicuramente quello che diceva di essere.
"Chi è lei?"
"Oh ti prego dammi del tu. Comunque puoi chiamarmi Victor"
Annuii.
Chi sei veramente Victor?
"Ora però voglio farti vedere la tua stanza"
"Per quanto tempo...starò qui?"
"Finché non saremo vincitori"
Vincitori? E di cosa?
Mi trascinò per una serie di rampe di scale e corridoi finché arrivammo davanti a una stanza con la porta laccata di bianco.
Entrammo e vidi che era grande quasi come un mini appartamento.
"Questa sarà la tua dimora"
"Dimora?"
Mi girai in tempo per vederlo uscire e chiudermi dentro a chiave. Mi precipitai e battei i pugni sulla porta urlando di farmi uscire, ma non rispose nessuno.
Con le lacrime agli occhi mi accasciai contro la parete e mi guardai intorno.
Su una parete c'era un letto a due piazze pieni di cuscini con due comodini, uno per ciascun lato.
Dall'altra parte c'era una scrivania e di fianco un armadio. Tra i due era sistemata una toeletta con specchio e sgabello.
Di fianco al letto vidi una porta, laccata di bianco anche questa, che probabilmente conduceva al bagno.
Sarebbe stata un stanza fantastica se non fosse per la finestra con le sbarre e la porta chiusa a chiave.
Una bellissima prigione dorata.

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